Mercoledì 21 maggio 2025. Il Signore non dispera neppure dei terreni sassosi o pieni di spine: anche per loro è sempre aperta la possibilità di diventare un terreno migliore. Si può dire la stessa cosa del mondo in guerra: il Papa ripete, in proposito, l’antico suggerimento della Madonna nelle apparizioni di Fatima, facendo comprendere ancora di più a quale tipo di pace si riferisca nel suo Magistero
di Michele Brambilla
Il 21 maggio Papa Leone XIV presiede la sua prima udienza generale. Come fecero tutti i suoi predecessori al momento del subentro ad un altro Pontefice, prosegue il ciclo di catechesi già avviato dal predecessore (di cui si celebra il trigesimo). Il ciclo è dedicato a Gesù Cristo come nostra speranza. In particolare, «continuiamo oggi a meditare sulle parabole di Gesù, che ci aiutano a ritrovare la speranza, perché ci mostrano come Dio opera nella storia». «Oggi vorrei fermarmi su una parabola un po’ particolare, perché si tratta di una specie di introduzione a tutte le parabole. Mi riferisco a quella del seminatore (cfr Mt 13,1-17). In un certo senso, in questo racconto possiamo riconoscere il modo di comunicare di Gesù», che, attraverso questi racconti, “poneva davanti” (questo significa il verbo greco paraballein impiegato dagli evangelisti) ai suoi ascoltatori gli insegnamenti più importanti.
Come Gesù, il seminatore della parabola getta manciate di semente davanti a sé, apparentemente senza considerare le possibilità di risposta del singolo campo, ovvero di ogni cuore che ascolta la Parola di Dio. «La parola di Gesù è per tutti, ma opera in ciascuno in modo diverso», dando molto da meditare ad un mondo come il nostro, in cui i risultati sono attesi matematicamente. Infatti «noi siamo abituati a calcolare le cose – e a volte è necessario –, ma questo non vale nell’amore! Il modo in cui questo seminatore “sprecone” getta il seme è un’immagine del modo in cui Dio ci ama. È vero infatti che il destino del seme dipende anche dal modo in cui il terreno lo accoglie e dalla situazione in cui si trova, ma anzitutto in questa parabola Gesù ci dice che Dio getta il seme della sua parola su ogni tipo di terreno, cioè in qualunque nostra situazione», anche dove difficilmente si possono ottenere frutti. «Egli ci ama così: non aspetta che diventiamo il terreno migliore, ci dona sempre generosamente la sua parola. Forse proprio vedendo che Lui si fida di noi, nascerà in noi il desiderio di essere un terreno migliore. Questa è la speranza, fondata sulla roccia della generosità e della misericordia di Dio», spiega il Papa.
A ben vedere, «raccontando il modo in cui il seme porta frutto, Gesù sta parlando anche della sua vita. Gesù è la Parola, è il Seme. E il seme, per portare frutto, deve morire. Allora, questa parabola ci dice che Dio è pronto a “sprecare” per noi e che Gesù è disposto a morire per trasformare la nostra vita». E’ quindi giusto dire che nulla, in realtà, vada sprecato. Il Pontefice invita a contemplare in proposito Il seminatore al tramonto di Vincent Van Gogh (1853-90), perché «quell’immagine del seminatore sotto il sole cocente mi parla anche della fatica del contadino. E mi colpisce che, alle spalle del seminatore, Van Gogh ha rappresentato il grano già maturo. Mi sembra proprio un’immagine di speranza: in un modo o nell’altro, il seme ha portato frutto».
Non bisogna, quindi, disperare, neppure di fronte ai tanti conflitti di oggi. «Cari fratelli e sorelle, san Paolo Apostolo insegna: “Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato” (Gal 6,7). In un mondo diviso e ferito dall’odio e dalla guerra siamo chiamati a seminare la speranza e a costruire la pace», senza spaventarci se non si vedono subito i risultati. Abbiamo come alleata Maria, sempre “sulla breccia”. «In questo mese mariano, vorrei ribadire l’invito della Vergine di Fatima: “pregate il rosario ogni giorno per la pace”. Insieme a Maria, chiediamo che gli uomini non si chiudano a questo dono di Dio e disarmino il loro cuore», collocando così il raggiungimento della pace nella prospettiva del trionfo del Cuore Immacolato di Maria.