È libertà solo quella che si dona

Domenica 1 giugno 2025. Dare la morte non è mai un esercizio di libertà, ammonisce Leone XIV presiedendo il Giubileo delle famiglie

di Michele Brambilla

La mattina del 1 giugno Papa Leone XIV celebra egli stesso la Messa del Giubileo delle famiglie, dei bambini, dei nonni e degli anziani. Nell’omelia evidenzia che «il Vangelo appena proclamato ci mostra Gesù che, nell’ultima Cena, prega per noi (cfr Gv 17,20)», chiedendo in particolare «che tutti siamo “una sola cosa”». «Si tratta del bene più grande che possa essere desiderato, perché questa unione universale realizza tra le creature l’eterna comunione d’amore in cui si identifica Dio stesso, come Padre che dà la vita, Figlio che la riceve e Spirito che la condivide», rimarca il Pontefice.

«Ascoltiamo ammirati queste parole: Gesù ci sta rivelando che Dio ci ama come ama sé stesso. Il Padre non ama noi meno di quanto ami il suo Figlio Unigenito, cioè infinitamente», da sempre e per sempre. «Lo testimonia Cristo stesso quando dice al Padre: “Tu mi hai amato prima della creazione del mondo”», insiste il Papa. 

Se le nostre origini si radicano nell’eternità, possiamo dire di aver «ricevuto la vita prima di volerla. Come insegnava Papa Francesco, “tutti gli uomini sono figli, ma nessuno di noi ha scelto di nascere” (Angelus, 1° gennaio 2025). Non solo. Appena nati abbiamo avuto bisogno degli altri per vivere», ma questo dato fondamentale di natura, al giorno d’oggi, viene spesso vilipeso e rifiutato. «È vero, a volte questa umanità viene tradita. Ad esempio, ogni volta che s’invoca la libertà non per donare la vita, bensì per toglierla, non per soccorrere, ma per offendere», denuncia Leone XIV. 

Questo, però, non frena l’amore di Dio Padre e il progetto sulle sue creature, testimoniati da molte coppie recentemente canonizzate. Il Papa ne elenca parecchie: «Louis e Zélie Martin, i genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino; come pure i Beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, la cui vita familiare si è svolta a Roma nel secolo scorso. E non dimentichiamo la famiglia polacca Ulma: genitori e bambini uniti nell’amore e nel martirio. Dicevo che si tratta di un segno che fa pensare. Sì, additando come testimoni esemplari degli sposi, la Chiesa ci dice che il mondo di oggi ha bisogno dell’alleanza coniugale per conoscere e accogliere l’amore di Dio e superare, con la sua forza che unifica e riconcilia, le forze che disgregano le relazioni e le società».

Ed è a questo punto che si colloca una citazione importante: il Pontefice ribadisce che «il matrimonio non è un ideale, ma il canone del vero amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele, fecondo (cfr S. Paolo VI, Lett. Enc. Humanae vitae, 9). Mentre vi trasforma in una carne sola, questo stesso amore vi rende capaci, a immagine di Dio, di donare la vita» attorno. Troppi uomini sposati in chiesa pensano che, all’atto pratico, si possa prescindere dalla dottrina della Chiesa: in un momento di forte sbandamento della gioventù perché mancano modelli di vita cattolica autenticamente incarnata, «vi incoraggio ad essere, per i vostri figli, esempi di coerenza, comportandovi come volete che loro si comportino, educandoli alla libertà mediante l’obbedienza, cercando sempre in essi il bene e i mezzi per accrescerlo. E voi, figli, siate grati ai vostri genitori: dire “grazie”, per il dono della vita e per tutto ciò che con esso ci viene donato ogni giorno, è il primo modo di onorare il padre e la madre (cfr Es 20,12)», coi nonni a «vegliare su coloro che amate, con saggezza e compassione, con l’umiltà e la pazienza che gli anni insegnano», perché «in famiglia, la fede si trasmette insieme alla vita, di generazione in generazione: viene condivisa come il cibo della tavola e gli affetti del cuore».

«La famiglia – diceva San Giovanni Paolo II – ha origine dall’amore con cui il Creatore abbraccia il mondo creato (Lett. Gratissimam sane, 2)», aggiunge Papa Prevost nel Regina Coeli. «Oggi in Italia e in diversi Paesi si celebra la solennità dell’Ascensione del Signore», che tiene viva la speranza teologale nelle vicende travagliate di questo mondo, come accadde a «Cristofora Klomfass e quattordici consorelle della Congregazione di Santa Caterina Vergine e Martire, uccise nel 1945 dai soldati dell’Armata Rossa in territori dell’odierna Polonia» e beatificate il 31 maggio a Braniewo. Dalle tragedie della Seconda guerra mondiale il pensiero si sposta subito a quelle odierne, chiedendo che «la Vergine Maria benedica le famiglie e le sostenga nelle loro difficoltà: penso specialmente a quelle che soffrono a causa della guerra in Medio Oriente, in Ucraina e in altre parti del mondo». 

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