In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. (Gv 6, 52-59)
E’ il testo più impetuoso del Vangelo di Giovanni, ma non è una reprimenda per sollecitare il dovere di andare a Messa la domenica. Non è un discorso pusillanime. Noi siamo contenti di andare a ricevere l’Eucarestia. Non siamo ridotti a forzare il prossimo per timbrare un cartellino di presenza domenicale, in modo così legalista. Non vediamo l’ora di presenziare al sacrificio del Salvatore, che certamente ha un lato drammatico, ma complessivamente è un momento elevante e rasserenante. Questo brano evangelico, non è un richiamo al dovere, è un accorato invito. Il signore Gesù è quasi supplichevole, desidera che noi usufruiamo di Lui. Si offre a noi supplicandoci di credere in Lui e di accoglierlo. Gli ascoltatori presenti a Cafarnao, non credono che Dio possa essere cibo per noi. Pensiamo spesso che al massimo si possa sopravvivere innanzi a Dio. Abbiamo spesso un’idea di Dio prodotta dalle nostre paure; un’idea di Dio che se ne sta lì, latente. E’ un Dio greco, uno Zeus minaccioso, che se ci parla, chiederà pesanti conti da pagare. In questo brano del Vangelo, invece, Gesù si offre a noi come un dono, come un cibo, qualcosa da assumere. Dobbiamo abbandonare quanto abbiamo assunto male e mai veramente digerito in tanti anni di moralismo. Abbiamo tutti delle brutte mangiate alle spalle. Non leggiamo secondo l’amore, ma secondo i nostri traumi. Abbiamo tutti delle delusioni riguardo all’amore, sulla realtà dell’accoglienza. Ciò perché in questo mondo, fra gli uomini, nessuno ti dà niente per niente, per cui hai paura, sei intimorito, quando qualcuno ti offre qualcosa gratuitamente, perché temi che vi sia dietro un secondo scopo. Questo è il pane dei Padri che morirono nel deserto, non porta da nessuna parte. Io dò a voi un altro pane. C’è la delusione dell’umano e poi c’è la potenza del padre celeste che ha la vita e la manda a noi nel Figlio, perché anche noi abbiamo la vita che viene da Lui, cioè nel Pane che ha in sé l’eternità. Gesù è come l’amore che si accoglie ed è sempre una sorpresa, non è inquadrabile in categorie umane.