Mercoledì 16 aprile 2025. Le parabole con cui Gesù spiegò a scribi e farisei la misericordia del Signore
di Michele Brambilla
Il testo per l’udienza del 16 aprile, Mercoledì Santo, vede Papa Francesco spiegare perché Gesù è la nostra speranza attraverso le parabole: «Come sappiamo, sono racconti che riprendono immagini e situazioni della realtà quotidiana. Per questo toccano anche la nostra vita. Ci provocano. E ci chiedono di prendere posizione: dove sono io in questo racconto?».
Il Pontefice fa l’esempio della parabola più nota, quella del padre misericordioso (Lc 15,1-3.11-32), dato che «in essa troviamo il cuore del Vangelo di Gesù, cioè la misericordia di Dio. L’evangelista Luca dice che Gesù racconta questa parabola per i farisei e gli scribi, i quali mormoravano per il fatto che Lui mangiava con i peccatori. Per questo si potrebbe dire che è una parabola rivolta a coloro che si sono persi, ma non lo sanno e giudicano gli altri».
Dall’insieme delle parabole si evince che «il Vangelo vuole consegnarci un messaggio di speranza, perché ci dice che dovunque ci siamo persi, in qualunque modo ci siamo persi, Dio viene sempre a cercarci». «Ci siamo persi forse come una pecora, uscita dal sentiero per brucare l’erba, o rimasta indietro per la stanchezza (cfr Lc 15,4-7). O forse ci siamo persi come una moneta, che magari è caduta per terra e non si trova più, oppure qualcuno l’ha messa da qualche parte e non ricorda dove. Oppure ci siamo persi come i due figli di questo padre: il più giovane perché si è stancato di stare dentro una relazione che sentiva come troppo esigente; ma anche il maggiore si è perso, perché non basta rimanere a casa se nel cuore ci sono orgoglio e rancore», elenca il Santo Padre. In ogni caso, il Signore non si dimentica di noi: continua a cercarci instancabilmente.
Il figlio minore della parabola insegue il proprio egoismo: non accade solo in alcune fasi della crescita, dato che «intorno a noi vediamo anche tanti adulti così, che non riescono a portare avanti una relazione perché sono egoisti. Si illudono di ritrovare sé stessi e invece si perdono, perché solo quando viviamo per qualcuno viviamo veramente».
Troppo spesso si crede che l’amore sia una sorta di “contratto” con mutui benefici, o una relazione servile, ma «solo chi ci vuole veramente bene può liberarci da questa visione falsa dell’amore. Nella relazione con Dio facciamo proprio questa esperienza. Il grande pittore Rembrandt, in un famoso dipinto, ha rappresentato in maniera meravigliosa il ritorno del figlio prodigo. Mi colpiscono soprattutto due particolari: la testa del giovane è rasata, come quella di un penitente, ma sembra anche la testa di un bambino, perché questo figlio sta nascendo di nuovo. E poi le mani del padre: una maschile e l’altra femminile, per descrivere la forza e la tenerezza nell’abbraccio del perdono».
La parabola non è stata annunciata solo per i “figli minori”, ma anche e soprattutto per coloro che hanno lo stesso atteggiamento del fratello maggiore «che è sempre rimasto a casa con il padre, eppure era distante da lui, distante nel cuore. Questo figlio forse avrebbe voluto andarsene anche lui, ma per timore o per dovere è rimasto lì, in quella relazione. Quando però ti adatti contro voglia, cominci a covare rabbia dentro di te, e prima o poi questa rabbia esplode. Paradossalmente, è proprio il figlio maggiore che alla fine rischia di rimanere fuori di casa, perché non condivide la gioia del padre», che va incontro anche a lui. «Non lo rimprovera e non lo richiama al dovere. Vuole solo che senta il suo amore. Lo invita a entrare e lascia la porta aperta. Quella porta rimane aperta anche per noi. È questo, infatti, il motivo della speranza: possiamo sperare perché sappiamo che il Padre ci aspetta, ci vede da lontano, e lascia sempre la porta aperta» a chi lo cerca con cuore sincero.