Non ci si salva se non si incontra il Signore

Mercoledì 25 giugno 2025. La realtà per gli uomini contemporanei sarebbe troppo “pesante” per essere affrontata con il coraggio dell’emorroissa e la speranza di Giairo, ma solo imitando i due esempi evangelici si può essere a nostra volta redenti da Cristo

di Michele Brambilla

L’udienza del 25 giugno continua la meditazione sulle guarigioni operate da Gesù nel Vangelo. Papa Leone XIV pone l’attenzione proprio su Gesù, dato che «in Lui c’è una forza che anche noi possiamo sperimentare quando entriamo in relazione con la sua Persona». 

Il Papa osserva che «una malattia molto diffusa nel nostro tempo è la fatica di vivere: la realtà ci sembra troppo complessa, pesante, difficile da affrontare. E allora ci spegniamo, ci addormentiamo, nell’illusione che al risveglio le cose saranno diverse. Ma la realtà va affrontata, e insieme con Gesù possiamo farlo bene», prendendo esempio da due figure femminili descritte nel brano di Mc 5,21-43, dove si intrecciano le vicende di una donna affetta da perdite di sangue, nota per questo come “emorroissa”, e di una ragazzina di 12 anni, figlia del capo della sinagoga di Cafarnao, che ha un’importanza particolare nel racconto evangelico. Infatti «egli non rimane in casa a lamentarsi per la malattia della figlia, ma esce e chiede aiuto. Benché sia il capo della sinagoga, non avanza pretese in ragione della sua posizione sociale. Quando c’è da attendere non perde la pazienza e aspetta. E quando vengono a dirgli che sua figlia è morta ed è inutile disturbare il Maestro, lui continua ad avere fede e a sperare».

Spera con fede ardente anche l’emorroissa, che si avvicina furtivamente a Gesù e, senza essere vista, riesce a toccare le vesti del Maestro, venendo istantaneamente guarita. La donna non cerca un dialogo diretto con il Signore perché, secondo la legge mosaica, era diventata impura, tanto che «l’avevano condannata a rimanere nascosta e isolata». Il Papa la prende ad emblema di tutti coloro che sono «vittime del giudizio degli altri, che pretendono di metterci addosso un abito che non è il nostro. E allora stiamo male e non riusciamo a venirne fuori». Molto bella, in proposito, la citazione di sant’Agostino, che, interpretando i sentimenti di Gesù in quel momento, commenta: «La folla mi si accalca intorno, ma la fede mi tocca» (Discorso 243, 2, 2). Ci si può avvicinare al Signore avendo persino timore di essere “disturbati” da Lui, ma chi crede per davvero comprende che in Cristo c’è la nostra salvezza. «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace» (Mc 5,34), risponde infatti Gesù.

Anche Giairo, il capo della sinagoga, si sente rispondere: «Non temere, soltanto abbi fede!» (Mc 5,36), quella fede che non hanno coloro che scherniscono l’affermazione: «La bambina non è morta, ma dorme». Non si lasciano toccare dalle parole del Signore, pertanto non riceveranno da Lui il “tocco” che porta salvezza: «Talità kum», “alzati”, dice Gesù prendendo per mano il cadavere della giovane, che subito si ridesta. 

La pagina evangelica suggerisce al Pontefice un giusto rimprovero al mondo degli adulti: come possono educatori che per primi non prendono sul serio la parola di Dio ridestare la “generazione ansiosa” dalla depressione e dalla fame di senso che la attanagliano? «Gesù, dopo aver risuscitato la bambina, dice ai genitori di darle da mangiare», ma questo versetto non è da intendersi solo in senso letterale, dato che «possiamo intenderlo anche in senso più profondo e domandarci: quando i nostri ragazzi sono in crisi e hanno bisogno di un nutrimento spirituale, sappiamo darglielo? E come possiamo se noi stessi non ci nutriamo del Vangelo?».

Potremmo aggiungere: come si può costruire la pace se non si ascolta Colui che ne è il Principe e se ne perseguitano i testimoni? Il Papa ricorda che «domenica scorsa è stato compiuto un vile attentato terroristico contro la comunità greco-ortodossa nella chiesa di Mar Elias a Damasco. Affidiamo le vittime alla misericordia di Dio ed eleviamo le nostre preghiere per i feriti e i familiari. Ai cristiani del Medio Oriente dico: vi sono vicino! Tutta la Chiesa vi è vicina», così come «continuiamo a seguire con attenzione e con speranza gli sviluppi della situazione in Iran, Israele e Palestina. Le parole del profeta Isaia risuonano più che mai urgenti: “Una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra” (Is 2,4). Si ascolti questa voce, che viene dall’Altissimo! Si curino le lacerazioni provocate dalle sanguinose azioni degli ultimi giorni. Si respinga ogni logica di prepotenza e di vendetta e si scelga con determinazione la via del dialogo, della diplomazia e della pace». 

 

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