Sì all’incontro e al dialogo

Mercoledì 8 febbraio. Il Papa condensa gli insegnamenti del viaggio apostolico in Africa e prega per le vittime del terremoto in Turchia e Siria

di Michele Brambilla

Come ricorda lo stesso Papa Francesco all’inizio dell’udienza dell’8 febbraio, «la scorsa settimana ho visitato due Paesi africani: la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan. Ringrazio Dio che mi ha permesso di compiere questo viaggio, da tempo desiderato» realizzando «due “sogni”: visitare il popolo congolese, custode di un Paese immenso, polmone verde dell’Africa: insieme all’Amazzonia, sono i due polmoni del mondo. Terra ricca di risorse e insanguinata da una guerra che non finisce mai perché c’è sempre chi alimenta il fuoco. E visitare il popolo sud sudanese, in un pellegrinaggio di pace insieme all’Arcivescovo di Canterbury Justin Welby e al Moderatore generale della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields: siamo andati insieme per testimoniare che è possibile e doveroso collaborare nella diversità, specialmente se si condivide la fede in Gesù Cristo», compendia il Pontefice.

In Congo il Santo Padre ha ribadito che «il Congo è come un diamante, per la sua natura, per le sue risorse, soprattutto per la sua gente; ma questo diamante è diventato motivo di contesa, di violenze, e paradossalmente di impoverimento del popolo», pertanto «di fronte a tutto questo ho detto due parole: la prima è negativa: “basta!”, basta sfruttare l’Africa! Ho detto altre volte che nell’inconscio collettivo c’è “Africa va sfruttata”: basta di questo! Ho detto quello. La seconda è positiva: insieme, insieme con dignità, tutti insieme, con rispetto reciproco, insieme nel nome di Cristo, nostra speranza». Incontrando le associazioni caritative, ha voluto specificare che «le iniziative di carità devono essere sempre in primo luogo per la promozione, non solo per l’assistenza ma per la promozione», avviando un autentico progresso delle genti africane. 

Riguardo al Sud Sudan, il Pontefice ammette che «purtroppo il processo di riconciliazione non è avanzato tanto, e il neonato Sud Sudan è vittima della vecchia logica del potere, della rivalità, che produce guerra, violenze, profughi e sfollati interni». Francesco denuncia le influenze esterne sul conflitto e sul processo di pacificazione in atto, dato che «tanti Paesi cosiddetti civilizzati offrono aiuto al Sud Sudan, e l’aiuto consiste in armi, armi, armi per fomentare la guerra. Questo è una vergogna». Bisogna «andare avanti dicendo “no” alla corruzione e ai traffici di armi e “sì” all’incontro e al dialogo. Solo così potrà esserci sviluppo, la gente potrà lavorare in pace, i malati curarsi, i bambini andare a scuola».

Il Papa rimarca il carattere ecumenico del viaggio apostolico, compiuto in compagnia dell’arcivescovo anglicano di Canterbury e del moderatore generale della Chiesa di Scozia: «insieme abbiamo ascoltato la Parola di Dio, insieme gli abbiamo rivolto preghiere di lode, di supplica e di intercessione. In una realtà fortemente conflittuale come quella sud sudanese questo segno è fondamentale, e non è scontato, perché purtroppo c’è chi abusa del nome di Dio per giustificare violenze e soprusi» anche da quelle parti, assicura il Santo Padre. 

Senza dimenticare il martoriato popolo ucraino, «il mio pensiero va, in questo momento, alle popolazioni della Turchia e della Siria duramente colpite dal terremoto, che ha causato migliaia di morti e di feriti. Con commozione prego per loro ed esprimo la mia vicinanza a questi popoli, ai familiari delle vittime e a tutti coloro che soffrono per questa devastante calamità». 

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