Questo nostro tempo

Mercoledì 7 dicembre 2022. Il Papa invita a meditare sul fattore temporale, vero banco di prova delle intuizioni spirituali della consolazione e luogo nel quale si svolge la vicenda degli uomini, da abitare secondo lo stile del Vangelo 

di Michele Brambilla

Papa Francesco, proseguendo il 7 dicembre il ciclo di udienze sul discernimento, ritiene «importante rimanere attenti anche alla fase che immediatamente segue la decisione presa per cogliere i segni che la confermano oppure quelli che la smentiscono». 

La bontà di una nostra scelta si misura, insomma, nel tempo e con il tempo: «abbiamo visto infatti come il tempo sia un criterio fondamentale per riconoscere la voce di Dio in mezzo a tante altre voci. Solo Lui è Signore del tempo: esso è un marchio di garanzia della sua originalità, che lo differenzia dalle imitazioni che parlano a suo nome senza riuscirci», infatti uno dei segni fondamentali è il permanere dello stato di consolazione dopo essersi incamminati in una determinata direzione. «Per esempio, se prendo la decisione di dedicare mezz’ora in più alla preghiera, e poi mi accorgo che vivo meglio gli altri momenti della giornata, sono più sereno, meno ansioso, svolgo con più cura e gusto il lavoro, anche le relazioni con alcune persone difficili diventano più agevoli…: questi sono tutti segni importanti che vanno in favore della bontà della decisione presa», spiega il Papa.

Certamente «un altro elemento importante è la consapevolezza di sentirsi al proprio posto nella vita», che si combina con un altro fattore: «un altro buon segno, per esempio, di conferma è il fatto di rimanere liberi nei confronti di quanto deciso, disposti a rimetterlo in discussione, anche a rinunciarvi di fronte a possibili smentite, cercando di trovare in esse un possibile insegnamento del Signore». Se la libertà della persona è in qualche modo coartata, sia per un verso che per l’altro, non si può dire di aver fatto un vero discernimento. «Possiamo», infatti, «amare solo nella libertà, per questo il Signore ci ha creato liberi, liberi anche di dirgli di no. Offrire a Lui ciò che abbiamo di più caro è nel nostro interesse, ci consente di viverlo nella maniera migliore possibile e nella verità, come un dono che ci ha fatto, come un segno della sua bontà gratuita, sapendo che la nostra vita, così come la storia intera, è nelle sue mani benevole. È quello che la Bibbia chiama il timore di Dio, cioè il rispetto di Dio», averlo sempre presente e rendergli onore con le nostre azioni quotidiane. 

Quando la libertà non c’è, si pecca contro la stessa natura dell’uomo. Rivolgendosi specificamente ai pellegrini polacchi, il Pontefice fa un esempio novecentesco molto attuale: «lunedì scorso il Centro per le Relazioni Cattolico-Ebraiche dell’Università Cattolica di Lublino ha commemorato l’anniversario dell'”Operazione Reinhardt”. Essa, durante la Seconda Guerra Mondiale, ha provocato lo sterminio di quasi due milioni di vittime, soprattutto di origine ebraica. Il ricordo di questo orribile evento susciti in tutti noi propositi e azioni di pace. E la storia si ripete, si ripete» laddove si soffocano le coscienze degli uomini e la parola di Dio. «Vediamo adesso cosa succede in Ucraina. Preghiamo per la pace», insiste, e introducendo i presenti all’imminente solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, «a Lei, Madre dolcissima, chiediamo di essere conforto per quanti sono provati dalla brutalità della guerra, specialmente per la martoriata Ucraina. Preghiamo per questo popolo martire che sta soffrendo tanto». 

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