Non immagine, ma realtà

Lunedì 5 giugno 2023. Possiamo chiamare Dio con il nome di Padre. Il Papa evidenzia anche il contesto in cui Gesù spiega la SS. Trinità: un colloquio franco e sereno con un uomo autenticamente in ricerca

di Michele Brambilla

Papa Francesco introduce l’Angelus della solennità della SS. Trinità, il 4 giugno, invitando a soffermarsi sul fatto che «il Vangelo è tratto dal dialogo di Gesù con Nicodemo (cfr Gv 3,16-18). Nicodemo era un membro del Sinedrio, appassionato del mistero di Dio: riconosce in Gesù un maestro divino e di nascosto, di notte, va a parlare con Lui. Gesù lo ascolta, capisce che è un uomo in ricerca e allora prima lo stupisce, rispondendogli che per entrare nel Regno di Dio bisogna rinascere; poi gli svela il cuore del mistero dicendo che Dio ha amato così tanto l’umanità da mandare il suo Figlio nel mondo. Gesù, dunque, il Figlio, ci parla del Padre e del suo amore immenso» per ogni uomo.

L’uso dei vocaboli “padre” e “figlio” «è un’immagine familiare che, se ci pensiamo, scardina il nostro immaginario su Dio. La parola stessa “Dio”, infatti, ci suggerisce una realtà singolare, maestosa e distante, mentre sentir parlare di un Padre e di un Figlio ci riporta a casa. Sì, possiamo pensare Dio così, attraverso l’immagine di una famiglia riunita a tavola, dove si condivide la vita. Del resto, quella della mensa, che allo stesso tempo è un altare, è un simbolo con cui certe icone raffigurano la Trinità», come si può vedere in quella celeberrima di Andrej Rublev (attivo 1405-84), ma è soprattutto la realtà sconvolgente ed essenziale a cui ci accostiamo ogni domenica durante l’Eucaristia, in cui Dio imbandisce Se stesso per amore dell’umanità.

Il Pontefice ribadisce che quello di cui stiamo parlando «non è solo un’immagine, è realtà! È realtà perché lo Spirito Santo, lo Spirito che il Padre mediante Gesù ha effuso nei nostri cuori (cfr Gal 4,6), ci fa gustare, ci fa assaporare la presenza di Dio: presenza sempre vicina, compassionevole e tenera. Lo Spirito Santo fa con noi come Gesù con Nicodemo: ci introduce nel mistero della nuova nascita – la nascita della fede, della vita cristiana –, ci svela il cuore del Padre e ci rende partecipi della vita stessa di Dio».

«E sì, è così, fratelli e sorelle, il nostro Dio è comunione d’amore: così ce lo ha rivelato Gesù», insiste Francesco. «E sapete come possiamo fare a ricordarlo? Con il gesto più semplice, che abbiamo imparato da bambini: il segno della croce. Tracciando la croce sul nostro corpo ci ricordiamo quanto Dio ci ha amato, fino a dare la vita per noi; e ripetiamo a noi stessi che il suo amore ci avvolge completamente, dall’alto in basso, da sinistra a destra, come un abbraccio che non ci abbandona mai. E al tempo stesso ci impegniamo a testimoniare Dio-amore, creando comunione nel suo nome» in mezzo a coloro che condividono con noi il lavoro e la vita.

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