Lo zelo apostolico secondo san Paolo

Mercoledì 12 aprile 2023. Per fare un apostolo autentico ci vogliono prontezza e umiltà. Appello del Papa per la pace nell’anniversario della Pacem in terris di san Giovanni XXIII

di Michele Brambilla

«Dopo aver visto, due settimane fa, lo slancio personale di San Paolo per il Vangelo», dice Papa Francesco all’inizio dell’udienza del 12 aprile, «possiamo oggi riflettere più approfonditamente sullo zelo evangelico così come lui stesso ne parla e lo descrive» nei suoi scritti.

Infatti, «in forza della sua stessa esperienza, Paolo non ignora il pericolo di uno zelo distorto, orientato in una direzione sbagliata», come quando egli stesso era persecutore della Chiesa. «Non possiamo ignorare», inoltre, «la sollecitudine con cui alcuni si dedicano a occupazioni sbagliate anche nella stessa comunità cristiana; si può millantare un falso slancio evangelico mentre si sta inseguendo in realtà la vanagloria o le proprie convinzioni».

«Per questo ci domandiamo: quali sono le caratteristiche dello zelo evangelico vero secondo Paolo? Mi sembra utile per questo il testo che abbiamo ascoltato in apertura, un elenco di “armi” che l’Apostolo indica per la battaglia spirituale. Fra queste c’è la prontezza a propagare il Vangelo, tradotta da alcuni come “zelo” – questa persona è uno zelante nel portare avanti queste idee, queste cose –, e indicata come una “calzatura”» perché «questa metafora riprende un testo del profeta Isaia, che dice così: “Come sono belli sui monti / i piedi del messaggero che annuncia la pace, / del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, / che dice a Sion: “Regna il tuo Dio”” (52,7)». Proseguendo su questa linea, «lo zelo evangelico è l’appoggio su cui si basa l’annuncio, e gli annunciatori sono un po’ come i piedi del corpo di Cristo che è la Chiesa. Non c’è annuncio senza movimento, senza “uscita”, senza iniziativa. Questo vuol dire che non c’è cristiano se non in cammino» verso i propri fratelli, pieno di zelo, appunto, per la salvezza delle loro anime. In proposito, il Papa insiste a dire che «un annunciatore è pronto a partire, e sa che il Signore passa in modo sorprendente; deve quindi essere libero da schemi e predisposto ad un’azione inaspettata e nuova: preparato per le sorprese. Chi annuncia il Vangelo non può essere fossilizzato in gabbie di plausibilità o nel “si è sempre fatto così”, ma è pronto a seguire una sapienza che non è di questo mondo».

Essere “liberi dagli schemi” non significa non avere una Tradizione, infatti è il Pontefice stesso a ricordare che «ieri ricorreva il 60° anniversario dell’Enciclica Pacem in terris, che San Giovanni XXIII indirizzò alla Chiesa e al mondo nel pieno della tensione tra i due blocchi contrapposti nella cosiddetta guerra fredda. Il Papa aprì davanti a tutti l’orizzonte ampio in cui poter parlare di pace e costruire la pace: il disegno di Dio sul mondo e sulla famiglia umana». Di fronte alle tragedie di oggi, Francesco rilegge dell’enciclica di Papa Roncalli il n.62: «I rapporti tra le comunità politiche, come quelli tra i singoli esseri umani, vanno regolati non facendo ricorso alla forza delle armi, ma nella luce della ragione, e cioè nella verità, nella giustizia, nella solidarietà operante». Esattamente quanto il Santo Padre auspica per Ucraina e Russia, per le quali chiede ancora di pregare.

Un’udienza di questo tenore non poteva non avere un pensiero anche per le centinaia di ragazzi delle scuole medie di Milano presenti, come ogni anno a Pasqua, in piazza S. Pietro: rivolgendosi ad essi, il Papa augura loro di «vivere in pienezza il messaggio pasquale, sempre fedeli al vostro Battesimo e testimoni gioiosi di Cristo morto e risorto per noi».

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