Il pensiero del giorno

27 aprile 2022

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. 
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3, 16-21).


Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito

Amiamo ciò di cui sentiamo il bisogno, ciò che desideriamo e che ci fa bene. Dio, invece non ha bisogno di nulla. Dio ama per il bene dell’altro: non riceve, regala. La grandezza del suo amore si misura secondo la grandezza del dono. Nella vita della SS. Trinità il padre dà se stesso al Figlio, lo partorisce dall’eternità. E il Figlio, nella divina incarnazione, è dono per noi e per la nostra salvezza. Non si può immaginare un dono più grande di questo, un dono che chiede una degna risposta da parte nostra. Sant’Ignazio di Loyola, nella meditazione conclusiva degli “Esercizi Spirituali”, l’esprime con queste parole: “Prendi Signore, e accetta tutta la mia libertà, la mia memoria, il mio intelletto e tutta la mia volontà. Tutto ciò che ho e possiedo: tu me lo hai dato. A te, Signore, lo ridono, tutto è tuo, disponine a tuo piacimento. Dammi il tuo amore e la tua grazia, che questo mi basta”. È uno scambio santo. L’uomo dà interamente se stesso a Dio, come Dio si dona a lui. Ciò che Dio dona non è mai dono di morte, ma di vita. Viviamo quindi con Dio e in Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo.

Perché chiunque crede in lui non muoia

San Giovanni chiama la seconda Persona divina il Verbo che era all’inizio presso Dio (Gv 1,1): un’espressione simbolica che in qualche modo svela il mistero. Con le parole esprimiamo ciò che pensiamo e abbiamo nel cuore. Quando pensiamo con il cuore di Dio, diventiamo anche noi Figli di Dio Padre. Nel vocabolario religioso questo processo di identificazione si chiama fede. Credere significa tenere per vero ciò che Dio rivela. Non si tratta di un pensare astratto, matematico, ma soprattutto di fiducia e di amore vissuto concreto, fatto di opere buone. I credenti sono coloro che seguono Cristo, hanno fiducia in lui, camminano sulla via dei suoi comandamenti. Un cammino che conduce alla vita di Dio, alla vita eterna. Non è corretto dire che dopo la morte avremo la vita eterna: la vita eterna l’abbiamo già perché crediamo, perché i nostri pensieri s’identificano con i pensieri di Dio, perché nel nostro cuore conosciamo il Padre che è nei cieli (Gv 3, 16-21).

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