Il campo di battaglia è il nostro cuore

Domenica 23 luglio 2023. l male si propaga nel mondo dal cuore della coscienza “incosciente”

di Michele Brambilla

«Il Vangelo oggi ci offre la parabola del grano e della zizzania», dice Papa Francesco introducendo l’Angelus del 23 luglio. Come è noto, «in questo modo Gesù parla del nostro mondo, che in effetti è come un grande campo, dove Dio semina grano e il maligno zizzania».

La tentazione è sempre quella di strappare immediatamente la zizzania, ma si tratta appunto di una tentazione perché, da parte dell’uomo, «non si può creare un mondo perfetto e non si può fare il bene distruggendo sbrigativamente ciò che non va, perché questo sortisce effetti peggiori», strappando (ovvero scandalizzando) il buon grano assieme alle piante infestanti.

«C’è però un secondo campo dove possiamo fare pulizia: il campo del nostro cuore, l’unico su cui possiamo intervenire direttamente. Anche lì ci sono grano e zizzania, anzi è proprio da lì che tutt’e due si espandono nel grande campo del mondo», come insegna il Vangelo. Infatti è nella coscienza umana che si combatte la grande battaglia dell’autentica libertà. Se il nostro cuore è il campo decisivo, «per coltivarlo come si deve, bisogna da una parte prendersi cura con costanza dei delicati germogli del bene, dall’altra individuare e sradicare le piante infestanti, nel momento giusto». «C’è un bel metodo per farlo: quello che si chiama l’esame di coscienza, che è vedere cosa è successo oggi nella mia vita, cosa ha colpito il mio cuore e quali decisioni ho preso», suggerisce Francesco.

C’è infatti sempre il rischio che si guardi unicamente ad un altro campo, «il campo del vicino». L’erba del vicino ci sembra sempre più verde, dato che «sono le persone che frequentiamo ogni giorno e che spesso giudichiamo» spietatamente per auto-assolverci. «Allora anche oggi possiamo porci alcune domande»: faccio di tutta un’erba un fascio? La colpa è sempre degli altri, oppure mi sforzo di riconoscere anche i loro meriti? Sono dinamiche molto importanti nel mondo contemporaneo, in cui sembra trovare nuovi proseliti l’assioma, tipicamente rivoluzionario, secondo il quale la colpa non è mai dell’individuo, concepito come una monade immacolata, e basterebbe modificare le “strutture” (stato, corpi sociali…) per ottenere uomini migliori.

Appare allora significativo che il Papa chiami a sé una nonna e suo nipote, non solo perché è la Giornata degli anziani ed è imminente la GMG di Lisbona. Come esorta lo stesso Santo Padre, «la vicinanza tra le due Giornate sia d’invito a promuovere un’alleanza tra le generazioni, di cui c’è tanto bisogno, perché il futuro si costruisce insieme, nella condivisione di esperienze e nella cura reciproca tra i giovani e gli anziani».

«Si stanno sperimentando, qui e in molti Paesi, eventi climatici estremi», dice il Papa unendo il ricordo del maltempo nel Nord Italia a quello delle alluvioni in Corea del Sud. Un pensiero lo rivolge anche ad Odessa bombardata, dove è stata colpita la settecentesca cattedrale della Trasfigurazione, paradossalmente riconsacrata non molti anni fa dall’attuale patriarca Kirill dopo le distruzioni di Stalin…

A Roma si riunisce proprio il 23 luglio la Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni, fortemente voluta dall’Italia per trovare una soluzione al dramma delle migrazioni. Il Papa incoraggia i lavori del vertice con un appello, «in particolare ai capi di Stato e di Governo europei e africani, affinché si presti urgente soccorso e assistenza a questi fratelli e sorelle. Il Mediterraneo non sia mai più teatro di morte e di disumanità».

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