Venerdì 9 giugno 2023

Insegnando nel tempio, Gesù diceva: «Come mai gli scribi dicono che il Cristo è figlio di Davide? Disse infatti Davide stesso, mosso dallo Spirito Santo: Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici sotto i tuoi piedi. Davide stesso lo chiama Signore: da dove risulta che è suo figlio?». E la folla numerosa lo ascoltava volentieri (Mc 12, 35-37).
I testi messianici dell’antico Testamento erano comunemente interpretati come se il Messia dovesse essere non solo discendente, ma figlio di Davide che sarebbe venuto per restaurare lo stesso regno davidico. Gesù, sin dall’inizio della sua predicazione e del suo insegnamento, attira l’attenzione di tutti perché insegna in modo nuovo e non come gli scribi. Questi erano gli interpreti ufficiali dei libri sacri e si basavano sull’autorità di qualche maestro ritenuto importante. Gesù invece appare agli occhi di tutti come Maestro che insegna con autorità propria, con autonomia di pensiero, di giudizio e d’ispirazione. Egli, con il suo insegnamento porta a compimento le Scritture che lo riguardano, ne allarga ed eleva l’orizzonte di applicazione e corregge le deviazioni interpretative aiutando tutti a riconoscerne la fonte d’ispirazione divina che sta a fondamento e gli appartiene da sempre. Ne abbiamo una dimostrazione in questo caso, riferito dai Sinottici, in cui confuta l’interpretazione messianica nazionalista e terrena degli ebrei. Gesù solleva un problema esegetico a partire dal salmo messianico 109,1 che lo stesso Salterio attribuisce a Davide. Se questi chiama il Messia suo “Signore” (nell’uso liturgico del Tempio equivalente ad “Adonayche si riferiva solo a Dio-Jahvé), come mai gli scribi dicono che è suo stesso figlio? Ecco, Gesù porta le folle ad entrare più a fondo nel mistero dell’identità propria del Messia che lo riguarda personalmente. Lo seguiranno fino alla sua morte in croce e pensando a quanto era accaduto se ne torneranno percuotendosi il petto. Gesù desidera essere riconosciuto ed accettato come il Salvatore delle nostre anime. Lo capirono le folle che, sollecitate dall’intuito della fede, già dall’inizio avevano cominciato ad ascoltarlo volentieri. In modo speciale, alla scuola di Maria, entrarono nell’amore salvifico del Salvatore le donne che lo avevano seguito, con i suoi discepoli, dalla Galilea a Gerusalemme fino alla croce. Anche il Centurione romano, prototipo di ogni pagano drammaticamente coinvolto nel sacrifico dell’Amore, professa la sua umile fede nel Crocifisso ormai certamente morto: veramente questo uomo giusto era figlio di Dio. Ora spetta a noi, cristiani del XXI secolo, partecipare all’amore del Cuore di Gesù unendoci al Cuore di Maria come avviene sempre, grazie alla S. Messa, nella Chiesa nata nel Cuore trafitto del Redentore e nel Cuore addolorato della Madre. Garantito: saremo sempre più graditi al Signore e vedremo riemergere i segni di nuova umanità nel regno dei Sacri Cuori, fonte di nuova civiltà a misura d’uomo e secondo il piano di Dio.  

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