Storia della Cristianità occidentale: contributo di don Poggiali

Segnaliamo un libro di storia per le edizioni D’Ettoris di Crotone, intitolato Storia della Cristianità Occidentale, curato da Marco Invernizzi insieme a Paolo Martinucci e Michele Brambilla. Il libro raccoglie i testi dei video realizzati su YouTube nel tempo di lockdown durante la pandemia da Covid-19 dal 2020 da parte di diversi cultori delle materie storiche che spaziano dall’autenticità e storicità dei Vangeli fino all’epoca medievale, giungendo al pontificato di Papa Benedetto XVI e Papa Francesco. Si incontrano i periodi delle persecuzioni dei primi secoli della Chiesa, l’Oriente Cristiano, il Sacro romano impero e le crociate, quindi la riforma protestante, l’illuminismo, l’800, il concilio Vaticano I e II e molto altro. Tanti sono i temi storici trattati. Alcuni contributi sono stati scritti dal nostro Don Giovanni Poggiali. Vi proponiamo quello intitolato La divisione della Cristianità: Lutero e Calvino (pp. 197-204).

 

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La divisione della Cristianità: Lutero e Calvino

            Il nome di Lutero (1483-1546) è legato ad uno dei punti della storia moderna più gravidi di conseguenze. Nel XVI° secolo si è avviato il processo conosciuto come Riforma e che ha segnato in profondità fino ad oggi la Chiesa d’Occidente. Ogni discussione intorno alla Riforma protestante, infatti, conduce alla più sensibile incrinatura nella fede avvenuta nella cristianità occidentale e porta, nello stesso tempo, ad una disputa intorno alla persona e all’opera di Lutero. I motivi della Riforma sono molti e complessi. La ricerca della verità, in ambito religioso e storico, deve muovere sempre ogni tipo di studio e di analisi. Verranno meno giudizi affrettati e poco equilibrati che variano dalla condizione di pazzia di Lutero alla considerazione di lui come un “terzo Elia”, un “angelo”, un “apostolo”. Occorrono, credo, categorie più obiettive per la formazione di un giudizio storico. Proporremo in questa sede una breve disamina dei punti salienti della Riforma più che trattare i meri fatti storici.

            Brevi cenni biografici

            Martin Lutero nasce a Eisleben in Turingia (oggi Lutherstadt Eisleben) il 10 novembre del 1483. Entrò nel convento degli eremiti agostiniani il 17 luglio 1505 e fu ordinato sacerdote nel 1507. Nel 1512 consegue la licenza e il dottorato in teologia. Nel 1513 ebbe la famosa esperienza della torre, una illuminazione sulla dottrina della giustificazione leggendo la Lettera ai Romani 1,17; il 31 ottobre del 1517, andando contro l’autorità di Papa Leone X (1513-1521), affisse sulla porta della chiesa di Wittenberg le 95 tesi.

            Il concetto di riforma

            Analizziamo anzitutto il concetto di riforma. Nell’antichità la parola riforma era applicata soprattutto a livello antropologico: l’uomo doveva ri-formarsi, riconfigurarsi alla somiglianza con Dio. Sia i Padri che la liturgia attestano questo utilizzo derivante dalla Sacra Scrittura. Dall’XI° secolo compare un uso nuovo o una nuova applicazione dell’uso antico: si applica il termine reformatio alle realtà sociali e alle istituzioni, in primo luogo alla Chiesa. È nota la Riforma gregoriana. Si tratta di ricondurre la Chiesa alla sua forma primitiva: riformare, nel medio evo, significa formare di nuovo una cosa già esistente, ma deformata, significa ricondurre a una forma primitiva, supposta eccellente e vigorosa, una istituzione indebolita dal tempo, minata e corrotta dagli abusi. Questo comportava operare delle riforme a livello di vita della Chiesa e non delle strutture. Si limitavano gli abusi e si riformavano i costumi, ma non si toccava la dottrina trasmessa mediante la tradizione.

            Ora con Lutero e i riformatori del XVI° secolo c’è la spinta di riforma fino alla struttura stessa della Chiesa, dove per struttura si intende la costituzione fondamentale della Chiesa e ciò che è formalmente dogmatizzato nella sua tradizione cultuale e dottrinale. Lutero e gli altri riformatori intrapresero una riforma per motivi pastorali e per correggere degli abusi soprattutto in campo pastorale più che morale: nell’esercizio delle attività ecclesiastiche si trovava probabilmente poco sentimento e poca dedizione e ci si preoccupava eccessivamente degli aspetti temporali e del profitto personale. Queste cose corrompevano la predicazione. Si trattava allora di cambiare certe pratiche generalizzate che concernevano le indulgenze, la confessione, le reliquie, la celebrazione delle messe ecc. Almeno all’inizio Lutero disse che non contestava i principi stessi di tali pratiche ma il modo con cui si praticavano. Nell’intenzione dei riformatori c’era dunque un motivo eminentemente pastorale. Tuttavia non si sono fermati lì, infatti Lutero, in realtà, aveva osservato ben presto tre cose: in primo luogo, che i veri abusi implicavano, a suo modo di vedere, una falsa dottrina, distruttrice del vero rapporto religioso e dunque del Vangelo; si era infatti sostituito il vero rapporto religioso, che è interiore all’uomo, e il Vangelo, che è l’annuncio della salvezza accordata per grazia in Gesù Cristo, sulla base della fede, con delle pratiche con le quali si pretendeva guadagnare il cielo. In secondo luogo, e di conseguenza, che ciò che era malato nella Chiesa, era la dottrina, l’insegnamento e la predicazione, e che ogni riforma doveva cominciare con un rinnovamento del ministero della parola nel quale consisteva, sempre secondo lui, l’attività pastorale. In terzo luogo, che si trattava di cambiare non soltanto qualche punto di attuazione pratica, ma tutto un sistema. In fondo queste tre cose confluiscono verso questa conclusione: il vero punto da riformare era il sistema dottrinale. La Parola di Dio appariva a Lutero come soffocata da tutto un sistema umano, ecclesiastico, che consisteva in decretali, obblighi canonici, teologia dialettica e filosofia scolastica. In tal modo Lutero ha spostato la riforma dal piano dei costumi e della vita vissuta al piano della fede e della struttura stessa della Chiesa.

            Giustificazione

            Un altro punto caratteristico di Lutero è il concetto di giustificazione. Meditando su un testo di san Paolo tratto dalla lettera ai Romani, Lutero trovò la liberazione dalle sue angosce derivanti dal pensiero che Dio era un giudice severo che non concedeva la sua misericordia all’uomo: come ci si poteva salvare ottenendo la grazia di questo Dio? In Rm 1,17 trovò la risposta illuminante: “E’ in esso (il Vangelo) che si rivela la giustizia di Dio di fede in fede, come sta scritto: Il giusto vivrà mediante la fede”; “…scoperse che la giustizia di Dio di cui parla l’apostolo non era quella retributiva, che porta necessariamente alla condanna del peccatore, ma la giustizia misericordiosa di Dio, che rende giusto il peccatore. La salvezza non stava nello sforzo volitivo per disporsi alla grazia, ma nell’abbandonarsi a questa fiduciosamente. L’uomo non era salvato per le sue opere, ma per la grazia mediante la fede. Tale dottrina della giustificazione per fede divenne il cuore pulsante di tutto il messaggio luterano”.   Il concetto di giustizia quindi è importante: l’uomo è giustificato per la grazia di Dio, per la sua misericordia: la giustizia è lo stesso Cristo che è la mia salvezza. Attraverso la fede in Gesù sono giusto. Il riformatore si è preoccupato di fare una teologia salvifica più che ontologica, una teologia fondata sulla Parola di Dio la quale però arriva a coincidere con il testo scritto della Bibbia. Se è vera la ripresa della Scrittura e la valorizzazione fatta dai riformatori è altrettanto vero che il testo sacro è lettera morta se non è trasmesso da una comunità vivente, da un organismo dinamico nel quale può vivere e “crescere” in quanto comprensione e vita: è il concetto di Tradizione. Infatti il Concilio Vaticano II (1962-1965) ha affermato: “La sacra tradizione e la sacra Scrittura costituiscono l’unico sacro deposito della parola di Dio affidato alla chiesa”. La Scrittura non può essere in totale autonomia dalla Chiesa perché è la Chiesa stessa che ne definisce il canone ed è la Chiesa stessa l’alveo in cui la Scrittura ha avuto origine. Lutero, in pratica, cambierà tutto il suo sistema filosofico e teologico per accedere alla Bibbia, ai Padri e agli autori spirituali a lui cari.

            Lutero desiderava un linguaggio e un contenuto nuovo della teologia, più conforme al Vangelo e che non lo tradisse con un insegnamento e una predicazione umani. Ma l’indole fortemente soggettiva di Lutero lo indusse a cercare nella Bibbia non la fede della Chiesa ma la soluzione dei propri dubbi. La sua teologia, da un lato è violentemente polemica e distruttrice nei riguardi della vecchia Chiesa, dall’altro desidera nutrirsi di una viva spiritualità che alimenti il cristianesimo luterano. Sulla croce si acquisisce la vera conoscenza di Dio in quanto Dio nascosto; l’unico modo di accoglierlo in noi è la fede. La conoscenza di Dio, per Lutero, si ha nella debolezza e nella stoltezza umane e non nell’epifania della sua gloria che è riservata agli ultimi tempi.

            La Chiesa

            Vediamo il concetto di Chiesa in Martin Lutero. Secondo il riformatore agostiniano è la Parola che rende cristiani, che ci fa entrare nella Chiesa e ci costituisce Chiesa. Lutero attribuisce tutta la funzione della Chiesa e del ministero alla predicazione della parola e considera la fede come l’unica realtà della nostra incorporazione a Cristo. Fino al 1517 il riformatore ebbe una nozione tradizionale di Corpo mistico il quale conservava i due aspetti di organismo di salvezza come corpo visibile e di comunione di tutti coloro che per grazia hanno parte alla vita di Cristo. La Chiesa sarà per Lutero una comunità spirituale (evita anche l’utilizzo del vocabolo chiesa), cristiana e santa, di uomini: la comunità che non si forma sulla base della nascita o della potenza, come le comunità temporali, ma su quella della fede in Cristo. Questa concezione si basava su un elemento caratteristico dell’ecclesiologia riformata: l’opposizione tra interiore ed esteriore, cioè tra fede e ragione, tra Spirito e potenza, tra mondo di Cristo e questo mondo. La Chiesa è il regno spirituale ed invisibile, nella fede, del Cristo spirituale ed invisibile. In questo senso Lutero parla di Chiesa invisibile. La forma visibile della Chiesa nell’istituzione e nelle strutture, appesantita dalle “cose” esteriori eccessivamente sviluppate a danno della realtà religiosa insita nel cuore dell’uomo, doveva lasciar spazio all’ordine interiore della vocazione, della parola e della fede. Lutero paragonerà il Corpo mistico ad un’anima e considererà qualsiasi forma esteriore come carnale compreso quindi il primato papale. Tale concezione di Chiesa in Lutero, comunque, si manifesta visibilmente attraverso dei segni: il battesimo, il sacramento dell’altare e il Vangelo. Tali elementi visibili non sono però dei mezzi efficaci per il dono della grazia ma dei segni che accompagnano l’opera di Dio che è conosciuta per la sola fede la quale, unica, ha valore. Viene così negata la dottrina cattolica misconoscendo l’elemento umano della Chiesa stessa e la sua mediazione necessaria per l’ottenimento della grazia di Cristo e quindi della salvezza.

            L’azione riformatrice passava allora dal piano della vita a quello della sua struttura. Lo affermavano gli stessi protestanti della seconda generazione: lo scopo cui in realtà tendeva la riforma era di cambiare la fede della Chiesa, correggere il suo culto e abbattere l’autorità del Papa. Un esempio molto chiaro di questo era la concezione della Messa secondo Lutero: era un abuso di Roma considerare la Messa come rinnovazione del sacrificio di Cristo offerto al Padre insieme con le preghiere dei cristiani. Per lui era soltanto la commemorazione dell’ultima Cena del Signore.

            Giovanni Calvino

            Non era pensabile che i riformatori potessero dar vita a un movimento unitario, proprio in forza dell’affermazione che ogni cristiano che legga la Sacra Scrittura riceve direttamente dallo Spirito Santo la regola della fede. Dopo Hulrich Zwingli (1484-1531) che affermava che solo il Vangelo è fondamento della fede, che il papato non è di diritto divino e che diffuse il movimento evangelico da Zurigo in gran parte della Svizzera, nacque a Noyon in Francia Giovanni Calvino (1509-1564). La sua conversione alla Riforma non si è originata come in Lutero, dalla lotta angosciosa per la propria salvezza. Per Calvino veniva prima la riforma della Chiesa a cui non poteva sottrarvisi. Nel 1536 appare la prima stampa dell’opera principale di Calvino Institutio Christianae Religionis che nel 1559-60 divenne un vasto trattato di dogmatica in 4 libri. Dopo una prima attività a Ginevra nel 1536-38, pubblicò nel 1537 gli Articoli concernenti l’organizzazione della Chiesa: Calvino proponeva di restaurare la società secondo la legge di Cristo e per fare questo i cristiani dovevano accostarsi alla Cena del Signore escludendo però gli indegni. La conseguenza era un rigoroso ordinamento civile della società, retto da magistrati fermi e incorruttibili, per individuare i viziosi e i devianti, se possibile correggerli o escluderli dalla città. Fece redigere la Confessione di fede obbligatoria per i cittadini di Ginevra, chi rifiutava la professione di fede doveva andarsene. Nella Riforma calvinista, il fatto nuovo è che il tribunale per le cause religiose era in mano alle autorità civili e la Chiesa dipendeva totalmente dal potere secolare. Giunse a Basilea e quindi a Strasburgo dove portò a termine la seconda edizione dell’Institutio e dove acquisì gli aspetti pratici dell’organizzazione di una comunità liturgica e della cura d’anime. Tornò a Ginevra nel 1541 definitivamente e da Strasburgo Calvino riportò l’assetto definitivo della sua chiesa fondato sui quattro uffici di pastore, dottore, anziano e diacono. I pastori devono annunciare la parola di Dio e amministrare i sacramenti. I dottori sono i maestri di AT e NT, devono insegnare lingue bibliche e cultura generale e vengono nominati, come i pastori, dal consiglio cittadino. Gli anziani, in numero di 12, devono vigilare sul comportamento dei fedeli, con i pastori formano il concistoro, l’organo direttivo della chiesa. Infine i diaconi erano addetti alla cura dei poveri e amministravano i beni della chiesa. Gli oppositori di Calvino, che instaurò un regime duro, fino alla pena di morte, furono chiamati da lui libertini perché sostenevano una maggiore libertà per vivere. Calvino fondò poi l’Accademia, un antico suo progetto per formare i riformatori che poi si diffusero in Olanda, Scozia, Francia, Ungheria, Polonia e Russia. A livello teologico, nel calvinismo troviamo la doppia predestinazione: alcuni uomini sono destinati alla salvezza eterna altri alla dannazione. La Scrittura, come per i luterani, era l’unica norma di fede, il libero arbitrio dell’uomo veniva negato e la giustificazione del peccatore era solo per la fede senza le opere.

BIBLIOGRAFIA

  1. CONGAR, Lutero. La fede – La riforma, Morcelliana, Brescia 1984.
  2. CONGAR, Vera e falsa riforma nella Chiesa, Jaca Book, Milano 19942.
  3. PUGLISI – S. TOBLER (a cura di), Testimoni della fede nelle chiese della riforma, Città Nuova, Roma 2010.

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