Sant’Ignazio di Lojola: la sua conversione e come nascono gli Esercizi Spirituali

Introduzione agli Esercizi Spirituali – Radio Maria – Seconda trasmissione Mercoledì, 27 maggio 2009

a cura di don Giovanni Poggiali

Sant’Ignazio di Lojola: la sua conversione e come nascono gli Esercizi Spirituali (I° parte)

Presentazione (don Piero Cantoni)

Carissimi radioascoltatori e radioascoltatrici di RM, buonasera.

Eccoci giunti al secondo appuntamento con questa rubrica serale del quarto mercoledì di ogni mese, che vuole essere un’introduzione agli Esercizi Spirituali (ES) di sant’Ignazio di Loyola. La volta scorsa abbiamo approfondito il significato degli ES e il perché di un itinerario alla radio. Questa serie di trasmissioni alla radio non sostituiscono un corso di ES che ognuno di voi può fare: non sono “Esercizi Spirituali alla radio”, ma sono un’introduzione, un approfondimento delle tematiche degli ES, per capirne di più e magari per farli personalmente, essendo un’esperienza viva e preziosa al fine di conoscere Cristo, amare la Chiesa, la Madonna e servire i fratelli.

Domanda

1- Don Giovanni, dopo l’introduzione agli Esercizi fatta la volta scorsa vogliamo questa sera inoltrarci ulteriormente nello stupendo percorso degli ES. Per iniziare è utile conoscere la vita e la storia di Ignazio di Loyola e i principali elementi della sua conversione.

(dG) La vita

Questa sera vorremmo raccontarvi, brevemente, la vita di sant’Ignazio, la sua conversione e la genesi degli ES, come essi sono nati e come si sono sviluppati. Faremo la prima parte di questo argomento, mentre la seconda parte la svolgerà un mio confratello, don Claudio Hitaj, il mese prossimo, 24 giugno. Per conoscere e approfondire gli ES e le tematiche ad essi affini, è importante conoscerne la storia e le origini.

Iñigo, questo il suo vero nome, nasce a Loyola, in terra basca in Spagna, nel 1491.

Nella sua autobiografia, conosciuta come il Racconto di un pellegrino (A), comincia così: “Fino a 26 anni fu uomo dedito alle vanità del mondo. Amava soprattutto esercitarsi nell’uso delle armi con un grande, quanto vano desiderio di farsi onore” (A,1). Egli era un tipico gentiluomo spagnolo, giovane brillante e raffinato molto amante degli abiti sfarzosi. A 25 anni era passato al servizio del Vicerè di Navarra, in Spagna, proprio quando Francesco I di Francia (1494-1547) si preparava ad attaccare quel regno. L’assedio venne posto a Pamplona (1521) e i rinforzi spagnoli rinunciarono ad entrare nella città che avrebbero dovuto difendere, Pamplona appunto. Qui, Ignazio, rifiutò di arrendersi e di tornare indietro perché la considerava cosa disonorevole. Si mise alla testa di pochi uomini imponendo un’audace resistenza e tutti furono trascinati dal suo coraggio e intrepidezza. I bombardamenti francesi durarono diverse ore e, ad un certo punto, un proiettile colpì Iñigo ferendolo ad una gamba.

La ferita fu così grave che sembrava stesse per morire e gli fu amministrata anche l’Unzione degli infermi. Il malato, pur soffrendo molto, non disse parola né diede altro segno di dolore se non stringendo forte i pugni (cf. A,2). Alla fine guarì ma gli era rimasto un osso sporgente e zoppicava. Ignazio voleva cavalcare, portare i suoi stivali molto attillati ed eleganti e, benché le ossa erano ormai saldate, decise di essere tagliato di nuovo solamente per capriccio e per frequentare la vita mondana. Sentiamo l’autobiografia: “Suo fratello maggiore era assai preoccupato e diceva che egli non avrebbe potuto sopportare un simile dolore. Il ferito invece lo sopportò con la solita forza d’animo. Si incise la carne, si segò l’osso sporgente, poi si usarono vari rimedi perché la gamba non restasse così corta: si applicarono unguenti e apparecchi che la tenessero in trazione. Un vero martirio. Ma Nostro Signore gli ridiede salute a poco a poco” (A,4-5).

Questo episodio della vita di sant’Ignazio mostra la fortissima volontà del basco, una tenacia incomparabile. Una tempra e una forza d’animo incredibili, poste al servizio di valori fragili (fino a quel momento).

Domanda

2- Abbiamo ascoltato della tenacia di Ignazio, della sua forza di volontà. Quali sono alcuni tra gli elementi principali del suo temperamento, caratteristiche che aveva come bagaglio personale e che sono poi confluite negli ES e nella Compagnia di Gesù da lui fondata? Esiste inoltre un ideale ignaziano tipico con cui si può sintetizzare l’opera del santo spagnolo?

(dG) L’ideale cavalleresco: obbedienza e disciplina

Durante la sua forzata immobilità dovuta alla convalescenza, il Signore Gesù decise di impadronirsi del cuore di I. e di finalizzare al bene della Chiesa la sua capacità di dedizione e le sue energie. Egli era appassionato ai romanzi di cavalleria. Fermiamoci un attimo sull’ideale cavalleresco, questa formazione che lui ricevette dalla famiglia e dall’educazione impartitagli, e che eserciterà un influsso notevole sulla Compagnia di Gesù e sull’ideale degli Esercizi Spirituali: il servizio per un re del mondo, servizio disciplinato e obbediente, doveva prepararlo a un altro servizio grandemente più nobile e del tutto diverso: l’obbedienza al Re eterno. L’ideale ignaziano degli Esercizi in tal modo è scolpito nelle 4 parole: señalarse más en servicio segnalarsi di più nel servizio. Di questo ideale, ad Ignazio stavano a cuore due elementi: l’obbedienza e la disciplina. Così Hugo Rahner (H.R.) descrive questi elementi: “L’obbedienza è la prontezza – continuamente rinnovata e tenuta viva dall’esercizio – di rispondere prontamente a una chiamata divina (nascosta nella mediazione di una gerarchia umana), di essere sempre pronti all’inatteso, senza mai barricarsi dietro le comodità, senza mai diventare un soldato in veste da camera. L’obbedienza è per eccellenza il magis (di più) del servizio vissuto quotidianamente” (Come sono nati gli esercizi, ADP, 35). E sempre H.R. descrive la disciplina così: “Per disciplina intendiamo la forma religiosa di ciò che nell’ideale aristocratico di Iñigo era il “contegno”. La disciplina è il contrario di ogni eccessiva espansività. La disciplina è pudore, ritegno, nobile riservatezza; è avversione istintiva di ogni eccessiva familiarità; è amore per la forma e più semplicemente della regola; è diffidenza verso ogni esagerazione. La disciplina ama la tradizione, si tiene piuttosto “ai modi all’antica”, è contraria a ogni maniera artificiosa, ad ogni posa, ad ogni atteggiamento d’importanza soprattutto nei riguardi del servizio di Dio. In una parola, la disciplina è limpidezza d’animo e di corpo” (ibidem).

Quindi, possiamo dire che al “cavaliere” Ignazio stavano a cuore l’obbedienza, la disciplina, il servizio, il di più (magis) che caratterizzerà in particolare la seconda settimana degli ES.

Domanda

3- Sappiamo dall’autobiografia, Racconto di un pellegrino, che durante la convalescenza Dio comincia a lavorare l’interiorità di Ignazio e a farsi sentire in un una maniera particolare. Il santo stesso lo racconta. Possiamo dire che in quell’esperienza di malattia cominciò a intraprendere la grande avventura del discernimento degli spiriti in cui diverrà, sotto la guida dello Spirito Santo, un maestro?

(Dg) Discernimento degli spiriti (DS)

Abbiamo parlato dei romanzi di cavalleria. Ma nel castello di Loyola, dove lo portarono per guarire, non ce n’erano. Gli portarono allora la Vita di Cristo del certosino Ludolfo di Sassonia e la Legenda aurea (Flos Sanctorum) di Jacopo da Varagine (XIII sec, Arcivescovo di Genova). La prima cosa che Ignazio, malato, comprese era che esisteva un altro mondo (quello dei santi) dove ugualmente si amava, si combatteva, si soffriva e si acquistava gloria, ma per un altro Signore e per un altro Amore. Nell’autobiografia dice così: “Tutto il suo ragionamento si riduceva a questo: san Domenico ha fatto questo, ebbene devo farlo anch’io; san Francesco ha fatto questo, ebbene devo farlo anch’io” (A,7). Questi ragionamenti lasciavano il posto alle antiche immaginazioni e agli antichi amori, ai vecchi pensieri che spesso assillano anche noi nella nostra vita. Ma Ignazio cominciava a divenire un maestro nel sapersi guardare dentro, nel saper leggere dentro se stesso e osservò che c’era una “legge” che regola la vita dello spirito: quando pensava a Dio e ai santi, dapprima faceva fatica, ma poi restava pieno di gioia. Viceversa, quando pensava agli eroismi mondani e alle passioni cavalleresche, alle dame di corte e alle feste mondane, dapprima provava immediato piacere e soddisfazione, ma alla fine restava triste e inquieto. In questa avventura interiore, il santo sarebbe divenuto maestro e Dio si faceva a lui presente in questo modo. Iniziava in lui il discernimento degli spiriti. Accenniamo brevemente al significato del discernimento. Il dono che Dio ci ha fatto è lo SS che ci guida, Spirito vivificatore e santificatore “che è Signore e dà la vita”, unico e vero Maestro interiore, ma dobbiamo distinguere la sua voce: (cf Rom 8,14). Se nel nostro cuore parlasse solo Dio il problema sarebbe risolto: vai dove ti porta il cuore e va sempre bene! Ma non è così: il cuore ci dice a volte una cosa e il contrario di essa (A. Manzoni dice nei Promessi Sposi: “così fatto è questo guazzabuglio del cuore umano”); a volte dice chiaramente cosa fare o non fare… Sono i movimenti, i moti del cuore che sperimentiamo tutti ed è molto importante sentire ciò che ci dice Dio dentro, discernerlo ed è quello che dobbiamo fare noi perché è il modo per essere fino in fondo figli di Dio. Bene, Ignazio ha sintetizzato in 14 regole il DS, quelle della prima settimana, e 8 quelle della seconda settimana degli ES. Due settori: regole per principianti e regole per proficienti, cioè coloro che stanno progredendo. Non che le regole della prima settimana non servono più andando avanti, perché nella vita spirituale si va anche indietro e tante volte ci si trova come all’inizio della vita spirituale, quindi servono sempre tutte. Sono regole che per capirle devi farne esperienza. Vanno continuamente capite e sono utilissime per la vita. E’ miracoloso che I., ignorante delle cose di Dio, abbia potuto scrivere queste regole perché non conosceva la SS, i Padri ecc…. Egli ha fatto la sintesi di 1500 anni di vita cristiana, sintesi profonda, proprio di ciò che i giganti della fede prima di lui avevano sperimentato, e lui non conosceva questi autori. Il DS nasce da un’esperienza profonda dell’interiorità e servono per fare gli ES e anche per la vita. Sono indicazioni semplici ma essenziali. Esistono pensieri nostri e suggestioni, spinte, movimenti e ispirazioni dall’esterno: dallo spirito buono e dallo spirito cattivo. La cosa pratica da determinare è quale pensiero è buono o cattivo; non ci interessa alla fin fine se viene dall’inconscio o da un agente personale esterno, ci interessa capire se è buono o cattivo, se ci conduce alla volontà di Dio o fuori da essa. Ecco il discernimento degli spiriti. Se gli ES tendono a portare l’uomo all’incontro personale con Dio, a un livello così profondo da sfociare anche nella mistica, allora le regole per il DS si propongono come il mezzo col quale riconoscere le esperienze interiori come segni che rimandano a Dio stesso. L’anima così ne ricava un’intima certezza dell’amore di Dio.

Ci torneremo sopra nelle trasmissioni future.

Domanda

4- Proseguendo nell’itinerario di conversione e di amore al Signore e alla Vergine, Ignazio decide di intraprendere un viaggio in Terra Santa per andare e rimanere nei luoghi dove Gesù visse, operò e morì per la nostra salvezza. Questo fu l’intento iniziale di Igñigo. Si fermò prima nel monastero benedettino di Monserrat, in Catalogna, dove fece la veglia d’armi, e poi a Manresa, sempre in Catalogna in Spagna. Qui avvenne qualcosa di importantissimo per la vita di Ignazio, degli ES e della Compagnia, qui, in effetti, si può dire che c’è la genesi degli Esercizi Spirituali.

(dG) Il nuovo soldato di Cristo a Manresa

Abbiamo lasciato Ignazio con i suoi pensieri durante la convalescenza. Decise di mettere in atto la vocazione mentre lo SS lo lavorava interiormente. Passava il suo tempo a pregare e a scrivere. “La consolazione più grande, però, la riceveva guardando il cielo e le stelle; lo faceva frequentemente e a lungo, perché, con questo, sentiva dentro di sé un grandissimo desiderio di servire nostro Signore. Pensava molto al suo proposito, tanto che desiderava di essere ormai già guarito per potersi mettere in cammino” (A,11).

E Ignazio partì per la Terra Santa. Prima tappa fu il santuario benedettino di Monserrat, nella regione spagnola della Catalogna, dove preparò per iscritto la sua confessione generale: ci impiegò tre giorni… La vigilia dell’Annunciazione, 24 marzo 1522, “in tutta segretezza se ne andò da un povero, si spogliò dei suoi vestiti, di cui gli fece dono, e indossò una tunica di sacco mal tessuto e assai ruvido” (A,16.18); poi iniziò la “veglia d’armi” davanti all’altare della Madonna: una notte intera di preghiera, sempre in piedi o in ginocchio, per diventare cavaliere di Dio e della Vergine Santa. Fermiamoci su questo aspetto. Il “pellegrino” volle seguire per se stesso il rituale di armarsi “cavaliere di Cristo” sotto gli auspici di Nostra Signora, l’unica dama della sua nuova cavalleria. Nella “veglia d’armi” possiamo immaginare le considerazioni del suo spirito mentre fissava la Vergine Maria ricordando il momento in cui Lei ricevette l’annuncio dell’Arcangelo Gabriele accettando di diventare Madre della Vita divina nel mondo. Aspettando la festa della Incarnazione, quella notte quali dovevano essere i sentimenti, i pensieri, i desideri di Ignazio nel guardare il Bambino Gesù in braccio alla Madre? Alla mattina, nella sua anima albeggiava un nuovo giorno e sentiva che Nostra Signora gli sorrideva.

Si recò poi a Manresa, sempre in Catalogna, dove cominciò a chiedere l’elemosina ogni giorno. Cominciò a fare grandi penitenze e cresceva nel fervore. D’altra parte non aveva ancora raggiunto un equilibrio spirituale e le rinunce e le dure penitenze rischiavano di minarlo nella salute. I movimenti interiori dello spirito continuavano, così come la mutazione della sua anima: “Alcune volte si sentiva così arido che non provava piacere a pregare, né ad ascoltare la messa, né in qualsiasi altro tipo di orazione che faceva. Mentre altre volte gli succedeva tutto al contrario di ciò, e così all’improvviso, da sembrargli che la tristezza e la desolazione si fossero tolte, come vien tolto a qualcuno il mantello dalle spalle” (A,21). Iniziarono anche gli scrupoli, per il pensiero che nella confessione generale fatta a Monserrat non avesse confessato tutto e ciò lo affliggeva molto. Gridò tutta la sua sofferenza al Signore, perché non trovava negli uomini le risposte ai suoi ossessionanti pensieri, ma alla fine il Signore lo liberò dagli scrupoli (cf A,25).

A Manresa Ignazio portava nella sua anima e nel suo cuore tutti questi pensieri e, in tasca, il libro degli appunti scritti con inchiostro di vario colore che rileggeva continuamente. Nella A. leggiamo infatti: “Si diresse ad un paese chiamato Manresa dove intendeva fermarsi alcuni giorni in un ospedale, e annotare anche alcune cose nel libro che portava gelosamente con sé, e da cui traeva molta consolazione” (A,18). Questo libro, ampliato, pregato, meditato, corretto, saranno gli Esercizi Spirituali. Quei “alcuni giorni” diventeranno più di 10 mesi: il pellegrino diventò il mistico, il cavaliere si trasformò in un “uomo nuovo”, che proprio a Manresa ricevette quelle illuminazioni che lo spinsero alla fondazione della Compagnia di Gesù. Cosa accadde?

A Manresa avvenne l’irruzione mistica della grazia divina, “dall’alto”, che si impossessò di Ignazio innestandosi sulle esperienze spirituali già presenti in lui e innalzandolo così tanto da farlo diventare ciò che lui stesso, nei suoi ricordi, chiama il nuovo soldato di Cristo (A,21).

Gli Esercizi Spirituali

Gli ES prendono quindi ora forma nel suo spirito. Si è discusso sulle fonti che Ignazio ha utilizzato per gli ES: in realtà non aveva al seguito nessuna biblioteca, libri di teologia o di spiritualità. Il suo bagaglio erano solo tre libri: quelli della sua convalescenza (Vita di Cristo e Flos Sanctorum o Legenda Aurea) e l’Imitazione di Cristo. Su quest’ultimo “gli storici della spiritualità della Compagnia di Gesù sono concordi nell’affermare l’influenza dell’”Imitazione” sulla formazione spirituale di sant’Ignazio di Loyola: “La più importante delle influenze umane che hanno contribuito alla formazione della sua spiritualità. È certo infatti […] che il santo ha fatto di questo libro la sua lettura abituale sin da Manresa […], ha continuato per tutta la vita a farne il suo nutrimento preferito, se non esclusivo” così Giandomenico Mucci s.j. su uno degli ultimi numeri della Civiltà Cattolica, citando lo storico della Compagnia De Guibert. Vale la pena fermarsi ancora un attimo sull’Imitazione di Cristo. A quel tempo il libretto era attribuito a Jean Charleir Gerson (1363-1429), teologo e cancelliere parigino. Aveva talmente assimilato il libro che chiamavano Ignazio il Gersoncito vivente. Infatti Ignazio concluderà le sue lettere con il saluto abituale: “Che possiamo sentire la sua santissima volontà e quella compiere totalmente”, e queste parole sono una eco delle bellissime parole che troviamo nel libro III, 15,1 dell’Imitazione: “Dammi la grazia (…) di volere ciò che più ti è gradito e più ti piace. La tua volontà sia la mia volontà; che io la segua e che a essa mi conformi pienamente; che io abbia un solo volere e non volere con te; che io possa desiderare o non desiderare soltanto quello che tu desideri e non desideri”.

Ignazio e tutti i suoi confidenti sottolineano ripetutamente che gli ES sono nati nella solitudine di Manresa. Prima di allora non c’era nulla di sostanziale, se non l’esperienza della conversione, dei movimenti percepiti dentro di sé, del desiderio del magis. Diego Lainez, successore di Ignazio come Generale della Compagnia, disse nella più antica biografia del santo: “Dopo quattro mesi…. Fu aiutato, istruito e illuminato in modo singolare dalla divina Maestà, così che egli cominciò a vedere tutte le cose con altri occhi, a scoprire e sperimentare gli spiriti buoni e cattivi, a gustare le cose di Dio e a comunicarle al prossimo con semplicità e carità, come le riceveva dal Signore”. C’è dunque un’insistenza sull’unica fonte divina degli ES, è solo la grazia mistica ad aver trasformato il pellegrino di Manresa “in un altro uomo, con un altro intelletto” (A,30). La tradizione dirà anche che a Manresa la Madonna ispirerà a Ignazio gli ES.

Domanda

5- Questa grazia divina come si è manifestata a Manresa? Ignazio ebbe delle visioni, delle ispirazioni importanti, possiamo chiamarle illuminazioni interiori? Lo abbiamo detto anche la volta scorsa: lui ebbe esperienze mistiche di vita cristiana….

(dG) Le “visioni” e gli ES

Sì. Ignazio ricorda nell’Autobiografia cinque visioni a Manresa o, meglio come ha detto lei, “illuminazioni interiori”: quella della Santissima Trinità, dove Dio gli si rivela in modo tale che “per tutta la vita… gli è rimasta questa viva emozione… quella di sentire grande devozione nel pregare la SS.Trinità” (A,28). Maiestas Divina, divina Maestà: queste due parole resteranno il distintivo della sua spiritualità. Egli pianse a lungo, come farà spesso nella sua vita.

La seconda illuminazione fu la creazione: “con grande gioia spirituale.. gli si rappresentò nell’intelletto…. Il modo con cui Dio aveva creato il mondo” (A,29).

La terza visione riguardava “come nostro Signore era presente nel Santissimo Sacramento” (A,29). La quarta visione riguardò “l’umanità di Cristo e la figura di Maria” (idem).

La quinta visione riguardò il significato di tutta l’esistenza.

Si stanno delineando nel contenuto e nella maniera i tratti caratteristici degli ES: ora sono riempiti di sostanza con questa grande illuminazione, la 5°, sulle rive del fiume Cardoner presso la cappella di san Paolo. Questa visione segna veramente l’ora della nascita degli ES. Ignazio stesso ci ha raccontato l’impressione travolgente di questa illuminazione:

“Cominciarono ad aprirsi gli occhi dell’intelletto: non ebbe una visione, ma conobbe e capì molti principi della vita interiore, e molte cose divine e umane; con tanta luce che tutto gli appariva come nuovo. Non è possibile riferire con chiarezza le pur numerose verità particolari che egli allora comprese; solo si può dire che ricevette una grande luce nell’intelletto.

Il rimanere con l’intelletto illuminato in tal modo fu così intenso che gli pareva di essere un altro uomo, o che il suo intelletto fosse diverso da quello di prima.

Tanto che se fa conto di tutte le cose apprese e di tutte le grazie ricevute da Dio, e le mette insieme, non gli sembra di aver imparato tanto, lungo tutto il corso della sua vita, fino a sessantadue anni compiuti, come in quella sola volta” (A,30).

Sappiamo dalla sua stessa testimonianza e da quella dei suoi confidenti che il contenuto della visione costituì il contributo essenziale alla formazione del libro degli ES: “Contemplai, sentii nell’interno e penetrai con lo spirito tutti i misteri della fede cristiana” (H.R.,78). Diversi autori, tra cui padre Polanco, segretario della Compagnia, e padre Geronimo Nadal (uno degli interpreti più rappresentativi e autorevoli dei “primi tempi” della Compagnia di Gesù; colui che, istruito dallo stesso Ignazio, era da questi inviato a suo nome in tutta Europa, per raccontare a tutti i gesuiti della prima generazione la gratia Societatis, ovvero, la storia del carisma [l’esperienza personale di Ignazio, gli eventi della fondazione della Compagnia di Gesù, ecc.] e i suoi tratti caratteristici [la maggior gloria di Dio, militare sotto il vessillo di Cristo, la vita apostolica modellata su quella dei Dodici, l’obbedienza, la disciplina ecc.]), questi autori dunque, hanno sottolineato gli effetti fondamentali che la quinta visione ebbe sugli ES: “In questo tempo (di Manresa), sotto la guida di Nostro Signore, cominciò a trattare dell’interno della sua anima e della diversità degli spiriti Il Signore gli accordò anche grande conoscenza e sentimenti vivi dei misteri di Dio e della Chiesa. Qui N.S. gli comunicò gli ES conducendolo a dedicarsi interamente al suo servizio e alla salvezza delle anime. Gli mostrò questo ideale colmandolo di consolazioni soprattutto nelle due considerazioni del Re e dei Vessilli. Qui, inoltre, Ignazio conobbe lo scopo della propria vita, tutto ciò a cui doveva dedicarsi, il fine che doveva raggiungere in tutte le sue opere, che poi è quello che oggi ha la sua Compagnia” (H.R., 79).

“Trinità, Creazione, Eucaristia, Umanità di Cristo e di Maria, il significato unitario di tutto (…): furono le basi dogmatiche e spirituali su cui Ignazio potè iniziare la sua costruzione” (A. Sicari, Ritratti di santi III, 32).

Bibliografia
Ignazio di Loyola, Racconto di un pellegrino, Città Nuova, Roma 1993.
Manuel Ruiz Jurado, Il pellegrino della volontà di Dio. Biografia spirituale di sant’Ignazio di Loyola, San Paolo, Milano 2008.
Hugo Rahner, Come sono nati gli Esercizi, ADP, Roma 2004.
Antonio Maria Sicari, Il terzo libro dei ritratti di santi, Jaca Book, Milano, 1993, 25-39.

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