Martedì 7 marzo 2023

Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.  Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato”. (Mt 23, 1-12)
Non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. Qui Cristo non mette in dubbio i rapporti famigliari; cerca di farci riflettere sul senso profondo della nostra origine. Nel vocabolario corrente l’espressione “padre” si riferisce al padre di famiglia. Se la usiamo in altri contesti, lo facciamo in senso metaforico. Chiamiamo un buon governante “padre della patria”, il fondatore di una corrente filosofica “padre del pensiero”. “Padre” è anche un attributo degli dèi: il latino Iuppiter viene da Deus Pater, Dio Padre. Per i romani antichi i veri padri sono sulla terra, ma al dio buono che ha caratteristiche paterne si può dare questo nome. Gesù ribalta questo modo di pensare. Il vero e primo padre è il Padre nei cieli. I nostri genitori sulla terra e tutti coloro che chiamiamo “padre” sono solamente il riflesso di Colui che a tutti ha dato la vita, che è bontà infinita e che viene invocato nella preghiera: “Padre nostro che sei nei cieli”. Tutto il problema interiore è convincerci, oserei dire: “incredibilmente….” che il Dio del cielo possa, anzi desidera, un santo colloquio con noi, suoi figli! Dio è così vicino, che la riflessione di un battezzato diviene colloquio con lo Spirito Santo, lo Stesso che procede dal Padre e dal Figlio. (cfr. T. Spidlik – Il vangelo di ogni giorno – p. 36)  

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