Le parti della santa Messa (II)

Don Giovanni Poggiali
pubblicato su “Il Timone” n. 27 (sett.-ott. 2003)

“Le parti che costituiscono in certo modo la messa, cioè la liturgia della parola e la liturgia eucaristica, sono congiunte tra loro così strettamente da formare un solo atto di culto” (Sacrosanctum Concilium, n.56). Come indica il Concilio Vaticano II le due parti principali della celebrazione eucaristica sono certamente distinte come due mense da cui cibarsi, ma sono unite così strettamente che non potrebbero essere separate: liturgia della parola e liturgia eucaristica, parola di Dio e segni sacramentali del pane e del vino, che sono Carne e Sangue di Gesù. Illuminante è sant’Agostino quando commenta la richiesta nel Padre Nostro “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”: “L’Eucaristia è il nostro pane quotidiano… ma anche ciò che vi spiego è pane quotidiano e così anche le letture che ascoltate ogni giorno in chiesa è pane quotidiano e l’ascoltare e recitare inni è pane quotidiano” (Sermo 57,7). Questo Pane quotidiano è il Signore: è Cristo che parla quando la liturgia proclama le letture sacre, è Cristo che si dona a noi nel suo Corpo dato e nel suo Sangue versato quando nella liturgia si ricevono il pane e il vino consacrati.

Se il sacrificio eucaristico è “fonte e culmine di tutta la vita cristiana” (Lumen Gentium, n.11) diventa importante conoscere e comprendere come è nata la santa Messa e come si sono formate le parti della fractio panis (frazione del pane, come anticamente veniva chiamata la Messa insieme a Cena del Signore e ad altri nomi che si danno a tale sacramento: cf. CCC n.1328-1332).

Certamente il punto di partenza è il gesto di Gesù nell’Ultima Cena dove il Signore ha istituito l’Eucaristia e il sacramento dell’Ordine per perpetuare nella storia il suo unico Sacrificio sul Calvario. I Vangeli descrivono il fatto in diverse redazioni (Mt 26,26-29; Mc 14,22-25; Lc 22,14-20) e anche s.Paolo (1 Cor 11,23-25) e ciò che è importante è che la Cena di Gesù con i discepoli avviene all’interno della cornice celebrativa della pasqua ebraica dove veniva immolato e mangiato l’agnello per la festività: ora questo agnello è Cristo stesso che si immolerà sulla croce per la salvezza di tutti gli uomini e per costituire la nuova Alleanza nell’amore. L’invito di Gesù a continuare il suo gesto ( “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me” – Lc 22,19) è il segno della volontà di Cristo di essere presente nell’Eucaristia fino alla consumazione dei secoli.

La liturgia cristiana ebbe quindi il suo fondamento nella liturgia ebraica che a sua volta richiama il momento della Pasqua storica dell’Esodo, la liberazione dalla schiavitù egiziana e l’Alleanza con Dio. Presto, però, la liturgia cristiana si stacca da quella ebraica e anche il giorno di culto significativamente non è più il sabato: “Soprattutto “il primo giorno della settimana” cioè la domenica, il giorno della Risurrezione di Gesù i cristiani si riunivano “per spezzare il pane” (At 20,7). Da quei tempi la celebrazione dell’Eucaristia si è perpetuata fino ai nostri giorni, così che oggi la ritroviamo ovunque nella Chiesa, con la stessa struttura fondamentale. Essa rimane il centro della vita della Chiesa” (CCC n.1343). Qual’è dunque questa struttura?

Si comincia dai riti di ingresso o di introduzione. Anticamente non c’erano perchè si iniziava, dopo l’essersi radunati, dalle letture degli Apostoli e dei profeti (cf s.Giustino, Apologiae, 1,65.67 cit. in CCC n.1345). Poi, quando il clero si fece numeroso, si organizzò la processione accompagnata dal canto (siamo nel V-VI secolo), fino all’altare. La processione iniziale, come le altre previste nel corso della Messa (per esempio la presentazione delle offerte e la comunione), sono accompagnate dal canto perchè nell’unione delle voci sia assicurata l’unione dei cuori. I riti di ingresso comprendono il saluto del celebrante, l’atto penitenziale, il Kyrie eleison, il Gloria e l’orazione o Colletta. Il sacerdote saluta anzitutto Cristo tramite il bacio dell’altare che rappresenta il Signore, quindi con il segno di croce inizia la celebrazione nel ricordo di Dio Trinità e del Battesimo con cui siamo stati inseriti in Cristo e nella Chiesa suo Corpo. L’atto penitenziale è la richiesta di perdono a Dio da parte della comunità per essere nella disposizione di cuore più giusta al fine di accedere ai divini misteri. Deriva da formule di preghiera medievali chiamate apologie con cui il sacerdote confessava la propria colpevolezza in forma privata (risalgono al IX secolo). Segue l’acclamazione del Kyrie eleison (Signore pietà) e l’antichissimo inno del Gloria in excelsis Deo che era presente nella liturgia fin dal IV-V secolo: è un inno di glorificazione e di lode. I riti di ingresso sono conclusi dalla Colletta, chiamata anche oratio nella liturgia romana. É difficile determinarne l’epoca di ingresso nella Messa. É la preghiera con cui il sacerdote raccoglieva (da colligere=raccogliere) le intenzioni personali dei fedeli nella pausa di silenzio prima della preghiera stessa ed inoltre il contenuto della Colletta commenta anche la Messa del giorno.

Dopo i riti di ingresso comincia la liturgia della parola che insieme alla liturgia eucaristica è come il doppio vertice della Messa. La parola di Dio non può mai mancare nella celebrazione dei sacramenti perchè essa illumina il sacramento stesso e rende visibile l’efficacia di salvezza. S.Cesario di Arles (470-542) diceva: “Colui che avrà ascoltato con negligenza la parola di Dio non sarà meno colpevole di colui che, per la propria negligenza, avrà fatto cadere a terra il Corpo di Cristo” (Sermo 78,2). La liturgia della Parola comprende le seguenti parti: prima lettura o profezia, salmo responsoriale, seconda lettura o Apostolo, Canto al Vangelo, Vangelo, Omelia, Il Credo o professione di fede, la preghiera universale o dei fedeli. Le letture sono ricavate dall’Antico e dal Nuovo Testamento. Come nel dialogo tra due persone è presente l’ascolto e la risposta così avviene nel rapporto con Dio: il salmo responsoriale e il canto al Vangelo sono le risposte dei fedeli all’annuncio di salvezza proferito. Il Vangelo è il momento più alto di questo dialogo. Da sempre la sua proclamazione è circondata da rispetto e venerazione: la benedizione chiesta dal ministro incaricato, l’incensazione, la processione prima della lettura, la posizione in piedi dei fedeli. É Cristo che parla e che ci annuncia la Buona Novella: ecco perchè occorre alzarsi in segno di rispetto e orientarsi verso l’ambone o il pulpito da dove viene letto (o cantato) il Vangelo.

Con la liturgia eucaristica viene reso presente il sacrificio di Cristo sulla croce ma non ripetuto, perchè il sacrificio è unico. Questa parte della Messa comprende la presentazione dei doni, con cui sono portati all’altare pane e vino con acqua, gli stessi elementi usati da Gesù nell’Ultima Cena. Fin dall’antichità i cristiani portavano i propri doni all’altare per condividerli con chi era in necessità. Tale è l’antico significato dell’odierna raccolta delle offerte. Con la preghiera eucaristica o anafora siamo al culmine della celebrazione. Anticamente le parole venivano affidate alla spontaneità e alla preparazione del sacerdote che presiedeva l’Eucaristia. Ma già all’inizio del III secolo Ippolito Romano compose uno schema fisso. La preghiera eucaristica è formata dal prefazio, in cui la Chiesa rende grazie al Padre, per mezzo di Cristo nello Spirito Santo, per tutte le sue meraviglie. Il prefazio termina con il Sanctus, lode incessante che la chiesa celeste canta al Dio tre volte Santo (cf Is 6,3). Quindi l’epiclesi, cioè la richiesta al Padre di inviare lo Spirito Santo affinchè il pane e il vino diventino Corpo e Sangue di Cristo e perchè i fedeli siano una cosa sola in un unico Spirito. Il racconto dell’istituzione ripete le parole efficaci di Gesù che rendono presente l’unico sacrificio del Calvario (Questo è il mio Corpo; questo è il mio Sangue). Infine l’anamnesi, con cui la Chiesa fa memoria della Passione Risurrezione e Glorificazione di Cristo, e le intercessioni per i vivi e per i defunti. La preghiera eucaristica è una grande sintesi del disegno di salvezza di Dio e del suo amore per gli uomini perchè “non viviamo più per noi stessi ma per Lui che è morto e risorto per noi” (preghiera eucaristica IV). In questa parte della Messa il fedele si inginocchia perchè Cristo è realmente presente dopo la consacrazione e perché “nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra” (Fil 2,10).

Al termine abbiamo i riti di comunione che comprendono il Padre Nostro, la preghiera della pace che è presente fin dai primissimi tempi della Chiesa e collocata prima della liturgia eucaristica (come nell’attuale rito ambrosiano), la fractio panis e l’Agnus Dei: l’unico Pane viene spezzato e diviso fra tutti e indicato come il vero Agnello che è morto e risuscitato per noi. Quindi la comunione sacramentale, auspicata e raccomandata per una partecipazione piena al mistero celebrato perchè “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna” (Gv 6,54). I riti di conclusione, con la benedizione del celebrante ed il congedo terminano la celebrazione eucaristica. Ora occorre vivere ciò che si è celebrato nella fede. La Messa deve diventare vita, amore, missione. La vita di Cristo viene “spezzata” per noi e anche noi dobbiamo offrirla, donarla, “spezzarla” per gli altri. Senza questa risposta personale non possiamo dirci pienamente e consapevolmente cristiani.

Giovanni Paolo II ripete spesso che la Messa è il cuore della sua giornata. É così anche per noi? Se non amo la Messa vuol dire che non amo veramente il Signore. I santi lo insegnano: “É più facile che la terra si regga senza sole che senza Messa” ripeteva san Pio da Pietrelcina.

 

BIBLIOGRAFIA

P.Visentin – D.Sartore, voce Eucaristia, in Domenico Sartore C.S.J., Achille M. Triacca S.D.B. e Carlo Cibien S.S.P. (a cura di), Liturgia, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2001, pp. 736-760.

Righetti Mario, Manuale di storia Liturgica. La Messa, vol.III, Editrice Ancora, Milano 1966-1998 (ed.anastatica).

Schnitzler Theodor, Il significato della Messa. Storia e valori spirituali, Città

Nuova Editrice, Roma 19933.

Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC), nn. 1345-1355.

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