Le nozze di Cana

Il Timone, n. 71, marzo 2008
don Pietro Cantoni

 

“Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”. E Gesù rispose: “Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”. La madre dice ai servi: “Fate quello che vi dirà”. Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: “Riempite d’acqua le giare”; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: “Ora attingete e portatene al maestro di tavola”. Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse: “Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono”. Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui” (Gv2,1-11).

L’episodio delle nozze di Cana si è fatto ancora più presente nella preghiera e quindi nella vita dei cristiani attraverso il secondo dei “misteri della luce”, che — in conseguenza della lettera apostolica di Giovanni Paolo II Rosarium Virginis Mariae del 16 ottobre 2002 — sono venuti provvidenzialmente ad integrare la tradizionale devozione del Rosario mariano. Si tratta infatti di un episodio (mistero) molto importante della vita di Gesù: è il primo dei suoi miracoli.
I miracoli costituiscono un fondamentale segno di credibilità dell’evento cristiano. Se, utilizzando solo gli strumenti del metodo storico-critico, non siamo in grado di dimostrare la storicità di alcuni miracoli presi singolarmente, il fatto dei miracoli nel loro insieme, come componente essenziale della vita di Gesù di Nazaret è assolutamente innegabile anche da un punto di vista soltanto storico. Nell’antichità ci sono racconti che parlano di “facitori di miracoli” (per es. Apollonio di Tiana, Honi il disegnatore di cerchi e Hanina ben-Dosa), ma sono tutti posteriori di secoli rispetto agli eventi che intendono raccontare, mentre la narrazione evangelica è troppo vicina ai fatti. Nessun autore antico, anche ostile, ha mai contestato i miracoli di Gesù.
Qui il testo greco dice letteralmente: “Questo inizio dei segni fece Gesù in Cana di Galilea” (v. 11). Il miracolo è dunque un “segno”. È un segno della venuta del Regno di Dio, dell’irruzione di Dio nella storia. Un’irruzione che si realizza in Gesù – il Regno in persona – e a partire da Lui. Ma il miracolo è segno anche perché “significa” sempre qualcosa, non è mai un segnale di potenza fine a sé stesso. A volte questo cercare (e trovare…) significati reconditi nelle azioni – soprattutto nelle azioni miracolose – di Gesù può suscitare l’impressione che li si tratti alla stregua di narrazioni fittizie, fabbricate dall’uomo (come se qualunque significato non potesse venire che dall’uomo…). Si tratta invece del risultato “scontato” di un’azione di Dio nella storia. Dio è Verità, è Sapienza, è Significato (è Logos), perché è l’origine e la fonte di ogni verità, di ogni sapienza e di ogni significato. Se dunque Dio interviene – se “interferisce” nel nostro mondo – non possiamo non trovarci davanti a questo “effetto collaterale”.
E questo tanto più massicciamente, quanto più diretto ed immediato è il suo intervento. Ci dovremmo piuttosto meravigliare del contrario… L’oggettività di questo fatto diventa ancora più evidente se consideriamo che spesso diventa veramente difficile attribuire all’estensore del racconto la consapevolezza di tutti i significati che pure vi si riscontrano. “Se Giovanni abbia pensato a simili retroscena, è cosa più che dubbia” non esita a dire Joseph Ratzinger _ Benedetto XVI, proprio a proposito di alcuni aspetti simbolici – secondari, ma non arbitrari – del racconto delle nozze di Cana” (Gesù di Nazaret, p. 296).

Un aspetto però si presenta come veramente centrale. Gesù infatti – per l’intercessione di Maria sua madre – anticipa la sua “ora”. Che cosa intende dire Gesù parlando della sua “ora”? È proprio Giovanni che ce lo spiega più avanti: “Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!” (Gv 12,27). L”‘ora di Gesù” è evidentemente la sua Pasqua, cioè la sua morte e la sua risurrezione. In che senso allora il miracolo delle nozze di Cana, in cui Gesù trasforma dell’acqua in vino ne è una “anticipazione”? Non è un’acqua qualsiasi: è presa da sei giare di pietra “per la purificazione”. L’acqua è un simbolo molto evidente di purificazione: così come essa rimuove la sporcizia dal corpo, simboleggia molto bene il desiderio di rinnovamento interiore, di liberazione dalla sporcizia spirituale che è il peccato. È il senso del battesimo di Giovanni. Ma Gesù è venuto a “compiere” questi simboli e il compimento avviene attraverso il “suo battesimo” (“C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!” Lc 12,50), cioè la sua morte in croce.
Il battesimo cristiano infatti non è tanto simbolo di “pulizia”, quanto piuttosto di morte (immersione nell’acqua) e resurrezione (emersione). Il quadro del miracolo è una festa di nozze: con la morte salvifica di Gesù infatti Dio compie le sue nozze con l’umanità. Ciascuno di noi le fa sue con la fede, i sacramenti e la vita.
Il sacerdote durante il rito della Messa, versando l’acqua durante i riti di offertorio, dice infatti: “L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana”.
“Il miracolo di Cana si caratterizza […] come anticipazione dell’ora ed è interamente a essa legato. Come potremmo dimenticare che questo emozionante mistero dell’anticipazione dell’ora c’è ancora e di continuo? Come Gesù, dietro preghiera di sua Madre, anticipa simbolicamente la sua ora e, insieme, rimanda a essa, così avviene sempre di nuovo nell’Eucaristia: dietro la preghiera della Chiesa, il Signore anticipa in essa il suo ritorno, viene già ora, celebra già ora le nozze con noi, tirandoci così simultaneamente fuori dal nostro tempo, avanti verso quell”’ora”” (Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, pp. 293-294).

Comments are closed.