Il Volto, la Riparazione

di Pietro Damian

Di fronte allo spettacolo blasfemo di Romeo Castellucci occorre regaire. Ci permettiamo di indicare una modalità, a Milano, perché a questa aderisce anche la redazione de La Bussola Quotidiana: domani, martedì 24 alle ore 21, nella chiesa di San Pio X (Piazza Leonardo da Vinci, Città Studi), il parroco don Marco Barbetta celebrerà una Messa di riparazione, a cui invitiamo tutti i nostri lettori che potranno.

Immaginiamo di imbatterci in una situazione dove una persona viene offesa gratuitamente, in modo assolutamente immeritato. Anche se quella persona ci è estranea, se in noi c’è un minimo di dignità, ci facciamo avanti prendendone le difese e, dopo, confortandola con qualche parola buona; magari dicendole – e mostrandole – che non tutti nel mondo sono così cattivi e insensibili. Mettiamo il caso che la persona offesa è un nostro amico o un parente, oppure addirittura la nostra mamma (anche offendendone la sola memoria… ): stento a credere che vi sia qualcuno che rimanga insensibile a un fatto simile. Viene naturale, volendo bene a questa persona, mostrarle la nostra vicinanza, il nostro affetto; e se la cosa è particolarmente grave, dedicandole più tempo e attenzione, quasi a voler compensare in qualche modo il male ricevuto con un sovrappiù d’amore.

Ammettiamo che questa persona non sia una persona qualunque, ma la Persona (con la “p” maiuscola): Colui che sostiene l’universo e a tutto ha dato origine; Colui che gli angeli e i santi adorano eternamente acclamandolo tre volte santo; Colui che per nostro amore si è incarnato e ha subìto i più grandi tormenti per salvarci; Colui che più di tutti merita il nostro amore e la nostra eterna riconoscenza; Colui che siamo chiamati ad amare «con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze» (Deuteronomio 6,5); Colui il cui Volto ci è più caro di qualunque volto perché è il volto di Dio stesso, a noi manifestato nella persona di Gesù Cristo…

Ebbene che sentimenti sorgerebbero nel nostro cuore al vedere questo Santissimo Volto imbrattato di escrementi? Anche se tale gesto si ammantasse della scusa dell’arte (ma l’arte, quella autentica, non era legata al Bello? Dove sta la bellezza in tale gesto?), il nostro cuore di credenti in Gesù Cristo sarebbe trafitto di dolore di fronte a una così terribile scena.
Pur non dovendo assistere a un atto infame di questa portata, al solo pensiero che queste cose accadono nel mondo, se abbiamo fede, restiamo male, molto male.

Ma poi, non potendo impedire un simile fatto (e sarei tentato di dire, e lo dico, non appartenendo ad altre religioni che ricorrerebbero a ben altri gesti), che cosa possiamo fare per “riparare” a questo male? Che cosa possiamo fare per controbilanciare, per così dire, l’offesa che viene fatta a Nostro Signore Gesù Cristo?

La risposta a questa domanda, nella storia della spiritualità cristiana è molteplice, ma si potrebbe compendiare in una parola: riparazione.  Anzitutto il miglior atto riparatorio nei confronti di Dio è la conversione personale, nostra.
Di fronte al male che ci aggredisce dobbiamo anzitutto rispondere con un sussulto di vita cristiana, sul piano cultuale e culturale (approfondire il Catechismo della Chiesa Cattolica, leggere qualche libro di buona apologetica, chiarire anzitutto a noi stessi alcuni aspetti più combattuti della nostra fede).

Ma, tornando all’aspetto cultuale, il miglior modo per “riparare” alle offese ricevute da Dio è proprio quello di offrire al Padre la migliore “riparazione” per i nostri peccati, cioè l’offerta di Suo Figlio Gesù Cristo sulla Croce, che si ri-presenta a noi in ogni santa Messa.
A questo scopo, vengono organizzate in vari luoghi “Messe di riparazione”.

Che cos’è una Messa di riparazione? Di per sé ogni santa Messa contiene l’aspetto riparatorio che è intrinseco al sacrificio eucaristico. Però, così come vengono celebrate Messe in occasioni particolari, belle e meno belle della vita, così anche in questo caso è giustificata una santa Messa fatta con un’intenzione speciale. È sempre la santa Messa, però con un’intenzione e con una consapevolezza diverse. Il rito è sempre lo stesso, ma il motivo con cui si è presenti a “quella” Messa, magari in “quel” luogo particolare è un altro.
Ciò che cambia è anche l’omelia del sacerdote che verterà su quel tema specifico; magari anche le letture cambiano, così come sicuramente le intenzioni nella preghiera universale, e così via.

È importante anche manifestare come Popolo di Dio, non solo a livello personale, intimo, la ferita ricevuta e la riparazione pubblica che si vuol fare in occasione di Messe di riparazione; una dimensione pubblica della fede, questa, che oggi sentiamo come urgente da ricuperare.
Quella di riparazione è poi anche una Messa in cui ci ricordiamo di pregare proprio per coloro che con i loro atti sono stati la causa di questo “moto riparatore”.
«Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva» (Ez 33, 11), dice la Scrittura. La conversione del peccatore è infatti la più grande riparazione che si possa e si debba desiderare. «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34): anche noi cristiani dobbiamo avere nel cuore queste parole di Cristo morente in Croce!

Fra pochi giorni, il 25 gennaio, celebreremo la Festa della Conversione di san Paolo. Se lui, da persecutore di cristiani è diventato uno dei più grandi apostoli, perché non può ripetersi anche oggi questo miracolo?
Santa Teresa di Gesù Bambino, nell’imminenza dell’esecuzione della condanna a morte di un criminale del suo tempo, pregò per quell’uomo di cui lesse nei giornali che rifiutava qualunque  discorso religioso , e quell’uomo miracolosamente si convertì chiedendo di confessarsi poco prima di morire. Se la preghiera e i sacrifici di una santa hanno ottenuto da Dio questo miracolo, non lo potranno forse ottenere anche la preghiera e il sacrificio del Figlio di Dio in Croce?

Per questo è importante offrire una santa Messa di riparazione e parteciparvi.

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«In quanto sacrificio, l’Eucaristia viene anche offerta in riparazione
dei peccati dei vivi e dei defunti, e al fine di ottenere da Dio benefici
spirituali o temporali» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1414)

«Sebbene la copiosa redenzione di Cristo, con sovrabbondanza “ci condonò tutti i peccati“, tuttavia, per quella mirabile disposizione della divina Sapienza secondo la quale nel nostro corpo si deve compiere quello che manca dei patimenti di Cristo a favore del corpo di Lui, che è la Chiesa, noi possiamo, anzi dobbiamo aggiungere alle lodi e soddisfazioni “che Cristo in nome dei peccatori tributò a Dio”, anche le nostre lodi e soddisfazioni. Ma conviene sempre ricordare che tutto il valore espiatorio dipende unicamente dal cruento sacrificio di Cristo, il quale si rinnova, senza interruzione, sui nostri altari in modo incruento, poiché “una stessa è la Vittima, uno medesimo è ora l’oblatore mediante il ministero dei sacerdoti, quello stesso che si offrì sulla croce, mutata solamente la maniera dell’oblazione“. Per tale motivo con questo augusto sacrificio Eucaristico si deve congiungere l’immolazione dei ministri e degli altri fedeli, affinché anche essi si offrano quali “vittime vive, sante, gradevoli a Dio”» (Pio XI, Enciclica Miserentissimus Redemptor, 8 maggio 1928).

«Si aggiunga che la passione espiatrice di Cristo si rinnova e in certo qual modo continua nel suo corpo mistico, la Chiesa. Infatti, per servirci nuovamente delle parole di Sant’Agostino: “Cristo patì tutto ciò che doveva patire; né al numero dei patimenti nulla più manca. Dunque i patimenti sono compiuti, ma nel capo; rimanevano tuttora le sofferenze di Cristo da compiersi nel corpo”. Ciò Gesù stesso dichiarò, quando a Saulo, “spirante ancora minacce e stragi contro i discepoli”, disse: “Io sono Gesù che tu perseguiti”, chiaramente significando che le persecuzioni mosse alla Chiesa, vanno a colpire gravemente lo stesso suo Capo divino. A buon diritto, dunque, Cristo sofferente ancora nel suo corpo mistico desidera averci compagni della sua espiazione; così richiede pure la nostra unione con lui; infatti, essendo noi «il corpo di Cristo e membra congiunte», quanto soffre il capo, tanto devono con esso soffrire anche le membra» (Pio XI, ibidem)

Fonte: La Bussola Quotidiana

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