Domenica 18 febbraio 2024

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.  Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Marco 1,12-15).
Gesù ha appena ricevuto, nel Giordano, l’investitura messianica per portare la buona novella ai poveri, sanare i cuori affranti, predicare il Regno. Ma non si affretta a nessuna di queste cose. Al contrario, obbedendo a un impulso dello Spirito Santo, si ritira nel deserto dove rimane per quaranta giorni, digiunando, pregando, meditando, lottando. Tutto questo in profonda solitudine e silenzio. Nella storia tanti hanno imitato Gesù, a partire dal grande sant’Antonio Abate (251-356) che si ritirò nel deserto dell’Egitto. In Occidente non esistono deserti di sabbia come in Oriente, ma san Benedetto da Norcia (480-547) a Subiaco eresse il primo dei numerosi eremi e monasteri che qualificano l’Europa cristiana, dal punto di vista culturale e sociale, con la sua regola: «Ora et labora». Ma l’invito a seguire Gesù nel deserto non è rivolto solo ai monaci e agli eremiti. In diversa forma, siamo tutti convocati. I monaci e gli eremiti hanno scelto uno spazio di deserto, noi dobbiamo scegliere almeno un tempo di deserto, per sottrarci al chiasso e ritrovare la via del cuore, dove sempre parla il nostro Salvatore. Questo senso positivo del deserto – diverso da quello di luogo arido e senza vita – si ritrova già nella Bibbia: «la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore» (Osea 2,16). La Quaresima è l’occasione che la Chiesa offre a tutti, indistintamente, per fare un tempo di deserto nell’ambiente stesso in cui viviamo, senza bisogno di ritirarci in un eremo. Oggi subiamo intossicazioni soprattutto di luci, rumori e immagini. È questo il digiuno più necessario oggi! Più ancora del digiuno dal cibo. La situazione odierna ci costringe a essere divoratori di immagini. Ne entrano a fiotti dentro di noi, da tutti i mezzi di comunicazione. Molte di esse sono malsane e veicolano violenza e malizia, non fanno che aizzare i peggiori istinti che portiamo dentro di noi. Sono confezionate espressamente per sedurre. Ma il peggio, forse, è che danno un’idea falsa e irreale della vita, con tutte le conseguenze che ne derivano nell’impatto, poi, con la realtà. Si pretende che la vita offra tutto ciò che la pubblicità presenta. Se non abbiamo creato un buon filtro, uno sbarramento, riduciamo in breve tempo la nostra fantasia e la nostra anima a un immondezzaio. Le immagini cattive appena giungono dentro di noi non muoiono, ma fermentano. Diventano impulsi all’imitazione, condizionano terribilmente la nostra libertà, specialmente negli adolescenti e nelle persone labili, come nel caso, estremo, di chi lancia sassi dai cavalcavia. Occorre un controllo anche su quello che lasciamo entrare attraverso i nostri occhi. Potrebbero obiettare: “Ma non è Dio che ha creato l’occhio per guardare la bellezza del creato?”. Sì, rispondo, ma lo stesso Dio ha creato la palpebra per coprirlo! E sapeva quello che faceva.

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