Domenica 11 febbraio 2024

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte (Marco 1,40-45).
La parola “lebbra” ha seminato il terrore per millenni, a causa di due gravi fraintendimenti. Si pensava che fosse un male molto contagioso – non lo è affatto – e che fosse dovuto alla maledizione divina, a causa dei propri peccati. Chi era affetto da questa malattia era completamente isolato. Si deve all’apostolo laico Raoul Follereau (1903-1977) l’avere ottenuto la revoca della legge sulla segregazione di tali malati e l’istituzione della giornata per i lebbrosi. Anticamente, doveva essere il sacerdote a constatare la guarigione e riammettere la persona alla vita civile. Gesù non ha paura della malattia e permette al lebbroso di inginocchiarsi innanzi a lui. Certo, non sarà stato un atto privo di fatica, ma la compassione era prevalente in Gesù. «Se vuoi, puoi purificarmi!» sono le parole della fede di questo lebbroso, che crede nella potenza di Cristo. La sintesi del Salvatore è chiara e onnipotente: «Lo voglio, sii purificato!». Gesù dimostra di poter fare, facendolo. In ciò rivela la sua trascendenza divina. Nessun taumaturgo, nell’operare un miracolo, può parlare in questo modo, perché sa bene che lui può solo intercedere, implorare, non operare di sua volontà il miracolo, che dipende solo da Dio. Gesù solo può dire «Lo voglio», perché sa di essere una cosa sola con Dio.  È l’occasione per una santa introspezione. Cosa prevale in noi, il rigore della Legge mosaica o la compassione del Signore? Non possiamo dire: «Lo voglio, sii purificato!»; possiamo però “tendere la mano” e “toccare” i nostri fratelli che si trovano nella sventura. Attualmente non si incontrano facilmente dei lebbrosi, ma esistono, nell’emarginazione, tante nuove lebbre. Oggi più che mai conta prendere parte alla vita della Chiesa e organizzare la carità. Quando lo facciamo, generalmente, essa travolge il male. La prima lebbra è il peccato. La legge denunciava il peccato, ma non guariva. La grazia di Cristo libera dal peccato, dà la vita, come fa Gesù con il lebbroso. La Legge dice di fare, la grazia ti dona di poter fare. La guarigione del lebbroso diventa un’occasione per prendere coscienza della guarigione ancor più grandiosa che è avvenuta in noi, ogni qual volta siamo stati giustificati gratuitamente, per la sua grazia, in virtù della Redenzione realizzata da Cristo Gesù (cfr. Rm 3,24). Ogni volta che siamo pentiti e ci gettiamo anche noi «in ginocchio» ai piedi di Cristo e della Chiesa, riconoscendo il nostro peccato, possiamo udire la parola: “Io ti assolvo dai tuoi peccati”, che è l’equivalente, sul piano spirituale, di «Lo voglio, sii purificato!».

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