In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».
La pericope evangelica odierna si apre con una dichiarazione di uno dei commensali del Signore che evoca una bella immagine dell’Antico Testamento, secondo la quale la perfezione del Regno di Dio, nella beatitudine dei tempi messianici, è assimilabile a un banchetto dove cibi gustosi e succulenti sono dispensati abbondantemente. La Sacra Scrittura, infatti, parla delle realtà divine, attraverso la concretezza delle esperienze più umane, dotandole di un surplus di significato che, nella sua eccedenza, ci avvicina alla comprensione dei misteri di Dio. La parabola che segue a questa dichiarazione, quella degli invitati scortesi, lascia trasparire in filigrana il tema dell’universalità della salvezza che tante volte il terzo evangelista sottolinea per esporre l’insegnamento del Signore che dichiara che nessun uomo e nessun popolo, come ritenevano molti maestri dell’antico Israele, è esentato da questo dono offerto con la Sua Incarnazione, drammaticamente rifiutato proprio da quel popolo che è stato scelto come primo destinatario dell’alleanza divina. Al di là di questa lettura, ci è utile anche ravvisare un monito contro la pigrizia spirituale, rappresentata nelle scuse accampate dagli invitati scortesi. Pur ricevendo le grazie, chi è pigro non le accoglie adeguatamente e rimane egoisticamente bloccato nelle res mundi, di scarso valore rispetto all’eternità della salvezza, labili e transeunti. La pigrizia spirituale può condurre tragicamente all’ostinazione nel peccato e nell’impenitenza finale, iniquità così gravi da essere forme di resistenza allo Spirito Santo e, pertanto, secondo il vecchio e intramontabile Catechismo di San Pio X, imperdonabili.
In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».
La pericope evangelica odierna si apre con una dichiarazione di uno dei commensali del Signore che evoca una bella immagine dell’Antico Testamento, secondo la quale la perfezione del Regno di Dio, nella beatitudine dei tempi messianici, è assimilabile a un banchetto dove cibi gustosi e succulenti sono dispensati abbondantemente. La Sacra Scrittura, infatti, parla delle realtà divine, attraverso la concretezza delle esperienze più umane, dotandole di un surplus di significato che, nella sua eccedenza, ci avvicina alla comprensione dei misteri di Dio. La parabola che segue a questa dichiarazione, quella degli invitati scortesi, lascia trasparire in filigrana il tema dell’universalità della salvezza che tante volte il terzo evangelista sottolinea per esporre l’insegnamento del Signore che dichiara che nessun uomo e nessun popolo, come ritenevano molti maestri dell’antico Israele, è esentato da questo dono offerto con la Sua Incarnazione, drammaticamente rifiutato proprio da quel popolo che è stato scelto come primo destinatario dell’alleanza divina. Al di là di questa lettura, ci è utile anche ravvisare un monito contro la pigrizia spirituale, rappresentata nelle scuse accampate dagli invitati scortesi. Pur ricevendo le grazie, chi è pigro non le accoglie adeguatamente e rimane egoisticamente bloccato nelle res mundi, di scarso valore rispetto all’eternità della salvezza, labili e transeunti. La pigrizia spirituale può condurre tragicamente all’ostinazione nel peccato e nell’impenitenza finale, iniquità così gravi da essere forme di resistenza allo Spirito Santo e, pertanto, secondo il vecchio e intramontabile Catechismo di San Pio X, imperdonabili.