Sabato 30 dicembre 2023

Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore. C’era una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui (Luca 2,36-40).
Anna vuol dire “grazia di Dio”, Fanuele “volto di Dio”, Aser “felicità, fortuna”. Questa donna ha per grazia di Dio la felicità, la buona sorte di vedere il volto di Dio. Ella, quindi, rappresenta tutta l’umanità, il cui destino è vedere il volto di Dio e riflettere in sé lo stesso volto. Al tempo stesso questa donna è vedova (dopo i primi sette anni di matrimonio: supponendo che le nozze siano state celebrate più o meno a tredici anni, è vedova da sessantaquattro anni). Anna rappresenta quindi tutta l’umanità, che è vedova perché non ha il suo sposo, che è Dio. Infine, questa donna ha la grazia di vedere Dio faccia a faccia, in Gesù, e di gioire per la presenza dello sposo, come lo sposo gioisce per la presenza della sposa. Sono così prefigurate le nozze finali, quelle della Gerusalemme celeste, quando l’umanità incontrerà il suo sposo. Sostanzialmente siamo tutti “vedove” in attesa delle nozze: Anna finalmente celebra Dio, mentre prima digiunava con suppliche, notte e giorno, nel Tempio. Nel Vangelo leggiamo che Anna sopraggiunse «in quel momento», ma l’originale greco, con una resa più letterale, può essere tradotto come «in quella stessa ora». Il termine “ora” richiama l’ora della Croce. Ella parlava di lui, del Bambino, a quanti aspettavano il riscatto, la liberazione: questo Bambino è la liberazione di tutti. Dopo la coppia di Nazareth, dopo i pastori, ultimi tra gli ultimi, e i Magi, cercatori di Dio, ecco che ora il Bambino Gesù si mostra a Samuele e Anna, due vecchi fedeli servitori del Tempio, come ancora oggi se ne incontrano molti – sempre meno purtroppo – intorno alle nostre chiese. Uomini e donne rimasti soli, che hanno fatto diventare la fede la loro unica consolazione, e la chiesa o la parrocchia la loro seconda casa. Molto (troppo?) si è scherzato su queste figure, su queste pie donne “troppo” devote e un po’ pettegole, è vero, che spesso rappresentano per la comunità una prova, da accogliere con pazienza e sopportazione. Ma nessuno parla, invece, di quelle persone modeste, silenti, seriamente devote, umili e nascoste, che dedicano tempo al servizio dei sacerdoti, che tengono pulita e dignitosa la chiesa, che sgranano rosari, la preghiera tanto povera quanto preziosa. Grandi figure di perseverante preghiera, che trovano in Anna, figlia di Fanuele, la loro patrona. Tutti riceveranno, come Anna, la visita del signore Gesù. È il premio che Lui sempre riserva a chi gli è costantemente fedele.

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