Missionari per tutti

Domenica 5 ottobre 2025. A Dio stanno a cuore tutti coloro che vivono una storia difficile e ferita. Nessuno è escluso, neppure l’ebreo: il Papa, deplorando l’attentato alla sinagoga di Manchester, denuncia l’antisemitismo montante e sostiene gli sforzi in corso per raggiungere la pace in Terra Santa

di Michele Brambilla

Il Giubileo dei migranti e del mondo missionario (5 ottobre) «è una bella occasione per ravvivare in noi la coscienza della vocazione missionaria, che nasce dal desiderio di portare a tutti la gioia e la consolazione del Vangelo, specialmente a coloro che vivono una storia difficile e ferita», dice Leone XIV nell’omelia della Messa, celebrata in piazza S. Pietro. «Siamo qui perché, presso la tomba dell’Apostolo Pietro, ciascuno di noi deve poter dire con gioia: tutta la Chiesa è missionaria, ed è urgente – come ha affermato Papa Francesco – che “esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura” (Esort. ap. Evangelii gaudium, 23)», aggiunge il Pontefice citando l’enciclica programmatica del predecessore. 

Papa Prevost cita anche Benedetto XVI, laddove, riecheggiando il profeta Abacuc e confrontandosi con la realtà terrificante del lager di Aushwitz, Joseph Ratzinger scriveva che apparentemente «Dio tace, e questo silenzio lacera l’animo dell’orante, che incessantemente chiama, ma senza trovare risposta. […] Dio sembra così distante, così dimentico, così assente» (Catechesi, 14 settembre 2011). 

«La risposta del Signore, però, ci apre alla speranza», soggiunge Leone XIV. «Se il profeta denuncia la forza ineluttabile del male che sembra prevalere, il Signore dal canto suo gli annuncia che tutto questo avrà un termine, una scadenza, perché la salvezza verrà e non tarderà: “Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede” (Ab 2,4)». Il Signore non solo ci rimane vicino, ma la fede «trasforma la nostra esistenza tanto da renderla uno strumento della salvezza che Dio ancora oggi vuole operare nel mondo. E, come ci dice Gesù nel Vangelo, si tratta di una forza mite: la fede non si impone con i mezzi della potenza e in modi straordinari; ne basta quanto un granello di senape per fare cose impensabili (cfr Lc 17,6), perché reca in sé la forza dell’amore di Dio che apre vie di salvezza». «Con questa fiducia, siamo chiamati a rinnovare in noi il fuoco della vocazione missionaria. Come affermava San Paolo VI, “a noi spetta di proclamare il Vangelo in questo straordinario periodo della storia umana, un tempo davvero senza precedenti, in cui, a vertici di progresso mai prima raggiunti, si associano abissi di perplessità e di disperazione anch’essi senza precedenti” (Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale, 25 giugno 1971)»: tutte dinamiche che al giorno d’oggi si sono persino incancrenite, rendendo ancora più cogente la missione civilizzatrice della Chiesa. 

«Non si tratta tanto di “partire”, quanto invece di “restare”», cioè di dedicarci completamente al nostro compito di missionari lì dove la Provvidenza ci ha posto, ricordandosi che il mandato missionario è consegnato a tutti i battezzati indistintamente, per questo «vi chiedo di promuovere una rinnovata cooperazione missionaria tra le Chiese», accompagnandola ad una riscoperta della bellezza e dell’importanza delle vocazioni specificamente missionarie. 

La Chiesa non si tira affatto indietro nel difficile contesto storico che stiamo vivendo. Prova ne sono gli sforzi che anche in queste ore il mondo ecclesiale sta compiendo per il raggiungimento di una pace duratura negli scenari di guerra più intricati, remando spesso controcorrente. Il Papa non esita, infatti, ad esprimere nelle parole per l’Angelus la sua preoccupazione «per l’insorgenza dell’odio antisemita nel mondo, come purtroppo si è visto con l’attentato terroristico a Manchester, avvenuto pochi giorni fa»: non è che la punta più estrema di un atteggiamento, montante in tutto l’Occidente, che ha “padrini” politico-culturali sempre più sfrontati e che il Santo Padre non condivide per niente, pur avendo a cuore anche le sorti del popolo palestinese.

«In queste ultime ore, nella drammatica situazione del Medio Oriente, si stanno compiendo alcuni significativi passi in avanti nelle trattative di pace, che auspico possano al più presto raggiungere i risultati sperati. Chiedo a tutti i responsabili di impegnarsi su questa strada, di cessare il fuoco e di liberare gli ostaggi, mentre esorto a restare uniti nella preghiera, affinché gli sforzi in corso possano mettere fine alla guerra e condurci verso una pace giusta e duratura», insiste Leone XIV, il quale, ricollegandosi alla contemporanea Supplica alla Madonna di Pompei, raccomanda ancora una volta la recita quotidiana del S. Rosario per la pace. 

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