Martedì 8 agosto 2023

Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla.  Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.  La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario.  Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare.  Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: “È un fantasma!” e gridarono dalla paura.  Ma subito Gesù parlò loro dicendo: “Coraggio, sono io, non abbiate paura!”.  Pietro allora gli rispose: “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”.  Ed egli disse: “Vieni!”. Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù.  Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: “Signore, salvami!”.  E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”.  Appena saliti sulla barca, il vento cessò.  Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: “Davvero tu sei Figlio di Dio!”. Compiuta la traversata, approdarono a Gennèsaret. E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati e lo pregavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello. E quanti lo toccarono furono guariti. (Mt 14, 22-33) 
Pietro avanza questa richiesta, con audacia passionale: “Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque” (14,28). Ha visto Gesù camminare sulle acque e chiede un segno di conferma. La sua è una fede ingenua ma sincera, egli è pronto a fare anche quello che appare impossibile alla ragione, ma gli è necessaria una parola rassicurante. Chiede e attende la parola di Gesù che gli dice: “Vieni” (14,29).  Il mare, nella Bibbia, è un luogo infido e imprevedibile, camminare sulle acque significa dominare gli eventi. Solo Dio può farlo, come dice il salmista: “Tu domini l’orgoglio del mare, tu plachi il tumulto dei suoi flutti” (Sal 88,10). Tutti noi siamo fatti ad immagine di Dio, portiamo nel cuore desideri superiori a questo nostro mondo, ma non possiamo realizzarli con le nostre forze. Quel giorno sul lago di Galilea, camminando sulle acque, Gesù manifesta la sua identità divina. Pietro, invece, è icona dell’uomo che vorrebbe andare oltre sé stesso ma sperimenta la sua costitutiva fragilità. Due condizioni apparentemente distanti e destinate a restare separate. Quel giorno, invece, s’incontrano. Quando Pietro cominciò ad affondare trovò la forza per gridare: “Signore, salvami!” (14,30). “E subito Gesù tese la mano e lo afferrò” (14,31). La mano tesa è l’icona di quel patto originario tra Dio e l’uomo (Gen 1,26) che Gesù è venuto a restaurare. È il segno che Dio è venuto a condividere la nostra fragile condizione umana per comunicare la potenza della sua divinità. Quella mano non solo salva Pietro ma il suo eco giunge anche oggi a tutti: “aggrappatevi a me se non volete affondare, restare uniti a me se volete fare della vita una splendida avventura”. Commenta Raissa Maritain: “Camminare sulle acque, ecco la vocazione del cristiano. Senza nessun appoggio umano, nella fede pura, nella speranza e nella pura carità. Senza nessun sentimento, a volte, tenendo unicamente lo sguardo levato verso Dio” (Diario di Raissa, Brescia 2000, 65).   

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