Martedì 23 aprile 2024

Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola» (Giovanni 10,22-30).


Parlando di voce e ascolto, valorizziamo il silenzio. È indispensabile dargli oggi una grande importanza, sia per evitare le chiacchiere frivole, ma anche per poter scegliere fra non dieci ma mille possibilità che oggi ci vengono offerte. Tra mille ne esiste una migliore e benedetta dal Padre: la coglie solo chi ama il silenzio. La voce del Padre è soavità. «Fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave» (Ct 2,14): così si esprime l’amato verso l’amata. Prima della parola, che riguarda la vita della mente, c’è la voce che rivela la vita del cuore e rende meravigliosa la parola, soprattutto se esce dal battito del cuore di Gesù e dei suoi figli. La voce nella comunicazione è una grande via di accesso: parole buone diventano squisite, se magnificate dalla voce.

Gesù non viene a imporre nulla. La conoscenza nella Bibbia comporta sempre intimità e condivisione, per cui il buon pastore porta oggi a noi una santa dichiarazione di amore: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono». Spesso teniamo un tampone sull’orecchio dell’anima, oppure cerchiamo dei rumori per non svegliare quel malessere che ci portiamo dentro. È sempre più facile farsi rimproverare dal Signore che lasciarsi amare da Gesù. Se però apriamo una pagina del Vangelo, con un minimo di calma, riusciamo a credere che c’è una grande presenza che ci ama e ci conosce, non per giudicarci ma per invitarci alla migliore amicizia che nessuno al mondo potrebbe darci.

Dunque: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!» (Mt 14,27) disse Gesù agli Apostoli quando lo videro camminare sulle acque. Allora si dà vero spazio all’ascolto e l’ascolto diventa docilità: «ed esse mi seguono», e nessuno può rapirle dalla mano del Padre a cui Gesù conduce il gregge della Chiesa. Il nostro destino riposa nell’amore del Padre. Diceva lo scrittore francese Georges Bernanos (1888-1948): «È incredibile come le mie idee cambiano quando prego».

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