Lunedì 19 febbraio 2024

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna» (Matteo 25,31-46).
La nostra storia ha due tempi. Il primo è quello terreno, dove incontriamo Cristo “Buon Pastore”, e la decisione è in mano nostra: ora noi siamo nel tempo propizio della salvezza (cfr. 2Cor 6,2). Ma verrà il giorno in cui varcheremo la soglia e saremo innanzi a Cristo giusto giudice. Allora la decisione non sarà più nostra: sarà il tempo della sentenza. Tradizionalmente si trasmette nella catechesi un salutare timore di “quel giorno” (dies illa). Come viene detto nella sequenza dei defunti, il celebre Dies irae, tra lo stupore della natura la creatura risorgerà per rispondere al giudice: Iudex ergo cum sedebit, / quidquid latet apparebit: / nil inultum remanebit, «quando il giudice si siederà, / tutto ciò che era occulto si manifesterà / e nulla rimarrà impunito». Gli uomini hanno sempre cercato dei diversivi per sfuggire alla tremenda serietà di questo pensiero. Hanno escogitato anche la possibilità di reincarnarsi, per cui sarebbe possibile ricominciare da capo dopo quel giorno. Ma è una speranza fallace: «se un albero cade – dice la Scrittura – là dove cade rimane» (Qo 11,3). Indietro non si torna, neppure per dirlo ai propri fratelli, come avrebbe voluto fare il ricco epulone (cfr. Lc 16,27-29). È un pensiero austero che ha fatto tremare le vene e i polsi a uomini molto più santi di noi. Ma tu trema pure… oggi che è il tempo della salvezza! È odioso tutto ciò che è neutro, come lo è il relativismo attuale, perché non è chiaro e manca di verità, come tutto l’agire dell’“oscuro signore di questo mondo”. Questa pagina è invece molto chiara. Il Salvatore ci nutre con la sua Parola e il suo Corpo. A chi è giunto qui ferito, malato, lacerato nello spirito per il peccato, o anche solo per lo scoramento, Egli è pronto a fasciare le ferite, a curarlo con l’olio del suo perdono e della sua consolazione. Ripetiamo quindi con gioia: «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla» (Sal 23,1).

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