Il Vangelo e il metodo storico-critico nel libro di Joseph Ratzinger

Il Timone, luglio-agosto 2007

don Pietro Cantoni

“Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25).


Di che cosa parlano i Vangeli? Qual è il loro argomento centrale e fondamentale? Il cristiano semplice, il bambino che frequenta la scuola di catechismo della parrocchia, a cui mamma e papà (e la nonna…) hanno già insegnato, con l’esempio e con le parole, i fondamenti della vita cristiana, non ha dubbi. Come non ne ha l’anziana signora che entra in chiesa tutti i giorni ad accendere con fede una candela davanti all’immagine di sant’Antonio… La risposta semplice e spontanea, sicura ed ingenua è “di Gesù!”.
Eppure a partire dall’Illuminismo la ricerca storica ha preso strade diverse, tanto da moltiplicare le risposte e da giungere a risultati spesso assolutamente contraddittori. In questa ricerca il metodo si è affinato, ha, per così dire, “setacciato” il testo di quei quattro misteriosi e affascinanti libretti, assieme a quello di tutto l’insieme della biblioteca di libri antichi che siamo ormai abituati a chiamare “Bibbia” (dal greco tà biblía, “i libri”) giungendo ad un complesso di risultati che hanno arricchito in modo sconcertante le nostre conoscenze. L’esame si è fatto così dettagliato da frammentare il tutto in mille particolari: i dettagli si sono moltiplicati, sono diventati più evidenti, più circoscritti, sono usciti dall’ombra in cui erano relegati rivelando tanti aspetti nuovi ed indubbiamente interessanti. Quella stessa ombra però ha finito spesso – troppo spesso – per inghiottire l’insieme, il tutto. L’albero ha finito per nascondere la foresta! Il problema è che se si perde di vista l’insieme non si capisce più niente. Il semplice, l’”ignorante”, con l’occhio della fede vede il tutto, anche se ingenuamente e magari grossolanamente, mentre l’esperto che si è avvicinato all’oggetto con i suoi sofisticati strumenti di osservazione, vede certamente più dettagli, ma rischia di non percepirne più il senso. Per farlo deve andare “oltre” il suo metodo storico. Deve avere il coraggio di considerare il metodo per quello che è: una via di accesso per la quale passare, ma nella quale non bisogna indugiare. Se la via non si apre sulla meta è solo un vicolo cieco o un circolo vizioso.
Questa situazione ha provocato molti danni. Il credente semplice ha finito per concepire una istintiva diffidenza nei confronti degli studi condotti con una metodologia che finiva per derubarlo delle sue certezze, senza peraltro essere capace di proporre delle alternative convincenti e plausibili. Non sempre lo studioso – anche ben intenzionato – è riuscito a rassicurarlo. È urgente riconsiderare il problema perché la fede non deve, non può, separarsi dalla scienza.
Questo è l’obiettivo che si prefigge il Papa scrivendo, come autore privato, come prof. Joseph Ratzinger, un libro su Gesù di Nazaret. In esso si propone, in mezzo alla ridda delle ipotesi interpretative su Gesù, di assumere con decisione e con coraggio quella della fede della Chiesa, quella del simbolo battesimale che è anche quella della fede dei semplici.
La sua non vuole essere e non è una requisitoria contro il metodo storico-critico, ma una robusta spallata al suo ingiustificato imperialismo, cioè alla pretesa che tutto quello che trascende il suo immediato orizzonte sia solo “meditazione teologica”, ovvero espressione di desideri soggettivi di natura ultimamente emotiva e sentimentale.
Vorrei – nel contesto della rubrica “I grandi fatti della Bibbia” – illustrare qualcuno dei contenuti di questo libro straordinario, che ha come argomento il fatto dei fatti: la persona di Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio.

Ricorda
“[…] io ho fiducia nei Vangeli. Naturalmente do per scontato quanto il Concilio e la moderna esegesi dicono sui gene-ri letterari, sull’intenzionalità delle affermazioni, sul contesto comunitario del Vangeli e il loro parlare in questo contesto vivo. Pur accettando, per quanto mi era possibile, tutto questo, ho voluto fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il “Gesù storico” in senso vero e proprio. Io sono convinto, e spero che se ne pos-sa rendere conto anche il lettore, che questa figura è molto più logica e dal punto di vista storico anche più comprensibile delle ricostruzioni con le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi decenni. Io ritengo che proprio questo Gesù – quello dei Vangeli – sia una figura storicamente sensata e convincente”.
(Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli, Milano 2007, p. 18).

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