Domenica 7 dicembre 2025. Sono giornate cariche di anniversari importanti dal punto di vista ecclesiale, ricorda il Papa: il filo conduttore è il Signore, che guida la sua Chiesa verso l’unità e la pace del suo Regno
di Michele Brambilla
Papa Leone XIV pone al centro dell’Angelus del 7 dicembre l’invocazione «Venga il tuo regno», tratta dal Padre nostro. «Il Vangelo di questa seconda domenica di Avvento», infatti, «ci annuncia la venuta del Regno di Dio (cfr Mt 3,1-12). Prima di Gesù, compare sulla scena il suo Precursore, Giovanni il Battista. Egli predicava nel deserto della Giudea dicendo» proprio: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!» (Mt 3,1).
Ripetendo l’invocazione del Padre nostro «ci orientiamo al Nuovo che Dio ha in serbo per noi, riconosciamo che il corso della storia non è già scritto dai potenti di questo mondo. Mettiamo pensieri ed energie a servizio di un Dio che viene a regnare non per dominarci, ma per liberarci. È un “vangelo”: una vera buona notizia, che ci motiva e ci coinvolge», commenta il Pontefice. «Lo stesso Giovanni sarà sorpreso dal modo in cui il Regno di Dio si manifesterà in Gesù Cristo, nella mitezza e nella misericordia. Il profeta Isaia lo paragona a un germoglio: un’immagine non di potenza o di distruzione, ma di nascita e di novità», con il tronco apparentemente inaridito che riprende vita.
«Ognuno di noi può pensare a una sorpresa simile che gli è capitata nella vita. È l’esperienza che la Chiesa ha vissuto con il Concilio Vaticano II, che si concludeva proprio sessant’anni fa», dato che il 7 dicembre 1965 avveniva la votazione degli ultimi documenti e l’8 dicembre si celebrava la Messa conclusiva. Percepiamo la forte presenza del Signore nelle nostre vite «quando camminiamo insieme verso il Regno di Dio, tutti protesi ad accoglierlo e a servirlo. Allora non soltanto germogliano realtà che parevano deboli o marginali, ma si realizza ciò che umanamente si sarebbe detto impossibile». Il Papa cita esplicitamente il versetto in cui Isaia annuncia che «il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà» (Is 11,6).
Il mondo anela a questo tipo di pace, la pace di Cristo. Leone XIV ribadisce che «nulla è impossibile a Dio. Prepariamoci al suo Regno, facciamogli spazio. Il “più piccolo”, Gesù di Nazaret, ci guiderà! Lui che si è messo nelle nostre mani, dalla notte della sua nascita all’ora oscura della morte in croce, risplende sulla nostra storia come Sole che sorge. Un giorno nuovo è iniziato: svegliamoci e camminiamo nella sua luce».
Quando si dà spazio a Dio accadono meraviglie davvero impensabili, come dimostra ancora una volta la storia della Chiesa stessa. Il Pontefice, riferendosi con gratitudine al recente viaggio apostolico in Turchia e Libano, ricorda che «proprio oggi ricorre il 60° anniversario della Dichiarazione comune tra Paolo VI e il Patriarca Atenagora, che poneva fine alle reciproche scomuniche. Rendiamo grazie a Dio e rinnoviamo l’impegno nel cammino verso la piena unità visibile di tutti i cristiani». Nel più volte martoriato Libano «ho incontrato persone che annunciano il Vangelo accogliendo gli sfollati, visitando i carcerati, condividendo il pane con chi si trova nel bisogno. Sono stato confortato dal vedere tanta gente per strada a salutarmi e mi ha commosso l’incontro con i parenti delle vittime dell’esplosione nel porto di Beirut. I libanesi attendevano una parola e una presenza di consolazione, ma sono stati loro a confortare me con la loro fede e il loro entusiasmo», segno tangibile del fatto che vivono costantemente alla presenza del Risorto, più forte di ogni Venerdì Santo. Per il Papa «quanto è avvenuto nei giorni scorsi in Türkiye e Libano ci insegna che la pace è possibile e che i cristiani in dialogo con gli uomini e le donne di altre fedi e culture possono contribuire a costruirla», dice pensando anche agli altri scenari di guerra.