Gridare la nostra fede fino alla fine del mondo

Mercoledì 30 luglio 2025. L’invito di Leone XIV ai giovani che stanno arrivando a Roma per il loro Giubileo riecheggia nella guarigione del sordomuto, in cui Gesù ridà la parola perché ognuno possa essergli testimone. Proprio per questo è fondamentale proteggere la libertà religiosa

di Michele Brambilla

Il 30 luglio riprende, dopo la pausa estiva, il ciclo delle udienze generali. Siamo però nei giorni in cui a Roma confluiscono giovani da ogni parte per la “GMG” giubilare, 25 anni dopo Tor Vergata. La Messa di benvenuto, il 29 luglio, celebrata da mons. Rino Fisichella, ha avuto come corollario entusiasmante l’arrivo a sorpresa, in piazza S. Pietro, dello stesso Pontefice. Papa Leone XIV, parlando soprattutto in inglese e spagnolo, nel suo discorso a braccio ha anzitutto ripreso una citazione evangelica che san Giovanni Paolo II, 25 anni fa, adattò ai giovani del 2000: «Voi siete il sale della terra […] a luce del mondo» (Mt 5,13-14). Come noto, Papa Wojtyla chiamò quei ragazzi “sentinelle del mattino”. Agli eredi spirituali di quella stagione Papa Prevost dice che «oggi le vostre voci, il vostro entusiasmo, le vostre grida – che sono tutte per Gesù Cristo – saranno ascoltate fino ai confini del mondo» e, come chi li ha preceduti, «nei prossimi giorni avrete l’opportunità di essere una forza che può portare la grazia di Dio, un messaggio di speranza, una luce alla città di Roma, all’Italia» e in ogni Paese di provenienza. 

Vale la pena, a questo punto, raccordare anche quanto detto dal Santo Padre nell’udienza accordata ai missionari digitali, sempre il 29 luglio. Prendendo atto del fatto che «la scienza e la tecnica influenzano il nostro modo di essere e di stare nel mondo, fino a coinvolgere persino la comprensione di noi stessi, il nostro rapporto con gli altri e il nostro rapporto con Dio», il Papa ha ribadito che «la nostra, la vostra missione, è nutrire una cultura di umanesimo cristiano» e che «di fronte ai cambiamenti culturali, nel corso della storia, la Chiesa non è mai rimasta passiva; ha sempre cercato di illuminare ogni tempo con la luce e la speranza di Cristo, di discernere il bene dal male, quanto di buono nasceva da quanto aveva bisogno di essere cambiato, trasformato, purificato».

Ci sono quindi un mandato missionario, ripetutamente confermato dal regnante Pontefice, e un contenuto specifico (Cristo, anche come dottrina sociale) da annunciare. E chi ci rende in grado di parlare a Suo nome? La risposta a questa domanda è proprio il contenuto dell’udienza generale del 30 luglio, in cui il Santo Padre denuncia che «il nostro mondo è attraversato da un clima di violenza e di odio che mortifica la dignità umana. Viviamo in una società che si sta ammalando a causa di una “bulimia” delle connessioni dei social media: siamo iperconnessi, bombardati da immagini, talvolta anche false o distorte». 

La tentazione, a questo punto, diventa quella di “spegnere tutto”. Il Vangelo cita la condizione di un uomo che «non parla e non sente (cfr Mc 7,31-37). Proprio come potrebbe accadere a noi oggi, quest’uomo forse ha deciso di non parlare più perché non si è sentito capito, e di spegnere ogni voce perché è rimasto deluso e ferito da ciò che ha ascoltato». Leone XIV sottolinea con vigore che il sordomuto è stato accompagnato da Gesù: è il ricostruirsi, attorno a lui, di una “rete sociale”, che lo porta davanti al Signore. Questo, insiste il Pontefice, è il compito della Chiesa, che «che accompagna ogni uomo da Gesù affinché ascolti la sua parola».

Cristo «gli offre prima di tutto una prossimità silenziosa», cioè di ascolto profondo. «Gesù non usa molte parole, dice l’unica cosa che gli serve in questo momento: “Apriti!” (Mt 5,34)», in ebraico effatà. Sono tutte istruzioni preziose per la nuova evangelizzazione: come detto prima, occorre avere il desiderio di incontrare le persone e di dire loro la parola giusta, o meglio la “buona notizia” (vangelo). Non a caso, «dopo l’incontro con Gesù, quella persona non solo torna a parlare, ma lo fa “correttamente” (Mt 5,35)», cioè secondo verità. L’annuncio è quindi un approdo, ma è anche e soprattutto un nuovo inizio, perché «per conoscere veramente Gesù occorre compiere un cammino, bisogna stare con Lui e attraversare anche la sua Passione».

Seguire Gesù, infatti, può costare la vita terrena: il Pontefice ricorda «il brutale attacco terroristico avvenuto nella notte tra il 26 e il 27 luglio scorso a Komanda, nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, dove oltre quaranta cristiani sono stati uccisi in chiesa durante una veglia di preghiera e nelle proprie case». Al male, però, non ci si deve rassegnare, anche perché lo stesso Gesù, risorgendo, non gli ha lasciato l’ultima parola su di Sé e sul mondo. Si attraversa la croce, ma anche per noi c’è la risurrezione: è il motivo per cui il cattolico ha sempre speranza.

Significativo, in proposito, l’excursus storico che Papa Prevost si concede sul trattato di Helsinki del 1975: precisamente «il 1º agosto ricorrerà il 50º anniversario della firma dell’Atto Finale di Helsinki. Animati dal desiderio di garantire la sicurezza nel contesto della guerra fredda, 35 Paesi inaugurarono una nuova stagione geopolitica, favorendo un riavvicinamento tra Est e Ovest», rievoca il Santo Padre citando esplicitamente il ruolo giocato allora dalla Santa Sede. 

Per Leone XIV è fondamentale evidenziare che «quell’evento segnò anche un rinnovato interesse per i diritti umani, con particolare attenzione alla libertà religiosa considerata come uno dei fondamenti dell’allora nascente architettura di cooperazione da “Vancouver a Vladivostok”». La libertà religiosa rimane il caposaldo dello sforzo di «perseverare nel dialogo, rafforzare la cooperazione e fare della diplomazia la via privilegiata per prevenire e risolvere i conflitti».

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