Domenica 7 luglio 2024

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando (Marco 6,1-6).


Sin dall’inizio, appaiono chiaramente le caratteristiche divine del ministero di Gesù, nei miracoli e nel suo insegnamento. I segni da lui compiuti, a cominciare dalla liberazione degli indemoniati con immediata autorità sui demoni, suscitano nei presenti un senso di timore e di meraviglia (cfr. Mc 1,23-28). Anche il suo insegnamento, rivestito di autorità propria e di sapienza straordinaria, nel contempo semplice ed elevata, appare con ogni evidenza in tutta la sua eccezionalità: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?».

Perché dunque gli astanti si fermano sulla soglia dell’ammirazione verso Gesù e non vivono, come egli stesso si aspetta, lo slancio della fede in lui? Perché, proprio a Nazareth, fra i suoi amici, compaesani e parenti ormai da trent’anni, l’ammirazione e l’entusiasmo iniziali si trasformano velocemente in disprezzo e di lì a poco in aperta e aggressiva ostilità? Le possibili risposte, di ragione e di fede, possono certamente darci delle buone ragioni, capaci di evidenziare le colpe e le responsabilità del rifiuto di credere in Cristo da parre dei “Nazaretani” di ogni tempo.

Ma, ferma restando la necessità della buona apologetica che esorta a riflettere, come ha fatto Gesù stesso immedesimandosi nella “problematica” che si portavano dentro i suoi preconcetti “contestatori”, non conviene impegnare il nostro bagaglio argomentativo in interminabili discussioni prigioniere di sé stesse. Ammiriamo invece più utilmente Gesù, che fa sì ragionare e riflettere, oltre che mettendo il dito sulla piaga dei pregiudizi, soprattutto imponendo le mani e guarendo quei pochi malati che lo desiderano. Ma poi prosegue il suo cammino, passando in mezzo a loro, verso il compimento del sacrificio dell’amore misericordioso a Gerusalemme, evidentemente senza lasciarsi paralizzare da niente e da nessuno (cfr. Lc 4,30).

Questa è stata e continua ad essere la prospettiva missionaria della Chiesa anche ai nostri giorni. Viviamo in un mondo che certamente è capace di Dio (cfr. CCC 4-49), ma si divide fra quelli che credono nel suo Figlio Unigenito, il Verbo Salvatore e Redentore, e quelli che si lasciano sedurre e ingannare dalla tentazione di rifiutarlo (cfr. Gv 1,10-13). Prendiamoci cura però dell’uomo di oggi incappato nei “ladroni” che lo bastonano e derubano, lasciandolo cinicamente a morire. Interveniamo subito, uniti secondo le nostre varie vocazioni, per curare il malcapitato che desidera ancora guarire. E non dimentichiamo che la cura più urgente è quella di guidarlo a incontrare Gesù Misericordioso, come insegna Papa Francesco, eco fedelissima della terza parte del messaggio di Fatima e delle rivelazioni di Gesù a Santa Maria Faustina Kowalska (1905-1938), recepite e rilanciate già dai suoi predecessori fra XX e XXI secolo.

 

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