Giovedì, 25 settembre 2025

In quel tempo, il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elia», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.


Il tetrarca Erode Antipa è un personaggio cattivo, come non pochi che vivono nel nostro mondo. Figlio di Erode il grande, il potente, crudele e ambizioso re della Giudea, eredita dal padre la smodata sete di potere che lo porta a essere un adulatore dei potenti e un tiranno dispotico verso i deboli a lui sudditi. Accecato dalla lussuria, vive in concubinaggio con Erodiade, allo stesso tempo cognata e nipote, e si lascia vincere dalla libidinosa sensualità quando vede danzare Salomé per compiacere la quale diventa odiosamente assassino dell’innocente, Giovanni Battista. Tuttavia, la sua colpa più grave è quella di disprezzare Nostro Signore Gesù Cristo di cui si prende beffe durante il processo intentato da Ponzio Pilato, di cui diventa complice. Eppure in quest’uomo malvagio un germe di bene, per quanto piccolissimo, continua a permanere: il desiderio, sebbene confuso e ambiguo, di “vedere” Gesù e di cercare informazioni su di Lui. Il Vangelo ci insegna infatti che nessun uomo può essere dannato per sempre prima della sua morte. Il male, anche quello più disgustoso e incessantemente perpetrato, non può annullare il libero arbitrio e, dunque, la possibilità della conversione. La storia della Chiesa lo dimostra. Mai disperare della salvezza, della propria e di quella degli altri! È questo uno dei sei peccati contro lo Spirito Santo, come insegna il Catechismo. L’apostolo della controrivoluzione sa che la sua militanza è anzitutto questione di anime da convertire e guadagnare a Cristo: animam salvasti, animam tuam praedestinasti!

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