Domenica 24 agosto 2025. Liturgia e vita sono inseparabili. Per salvarci abbiamo, infatti, un’unica via: imitare l’amore senza limiti di Cristo, ribadisce Leone XIV. Importanti anche le parole che il Papa rivolge all’Ucraina nel giorno in cui festeggia l’indipendenza dall’URSS
di Michele Brambilla
Il 24 agosto, nell’Angelus domenicale (di nuovo a S. Pietro), Papa Leone XIV evidenzia che «al centro del Vangelo di oggi (Lc 13,22-30) troviamo l’immagine della “porta stretta”, usata da Gesù per rispondere a un tale che gli chiede se sono pochi quelli che si salvano», quesito molto dibattuto per secoli. Il Pontefice sottolinea in particolare una frase di Gesù: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno» (Lc 13,24).
«A prima vista, questa immagine fa sorgere in noi qualche domanda: se Dio è il Padre dell’amore e della misericordia, che sempre rimane con le braccia aperte per accoglierci, perché Gesù dice che la porta della salvezza è stretta», quasi che la salvezza competesse a pochi eletti? Le cose, in realtà, sono ben diverse: le parole di Gesù «servono soprattutto a scuotere la presunzione di coloro che pensano di essere già salvati» perché applicano scrupolosamente ogni minuzia della Legge mosaica, ma sono anche un giusto rimprovero nei confronti di quei cattolici che non trasferiscono nella propria quotidianità i principi morali derivanti dalla fede in cui dicono di credere. Tutti costoro «non hanno compreso che non basta compiere atti religiosi se questi non trasformano il cuore: il Signore non vuole un culto separato dalla vita e non gradisce sacrifici e preghiere se non ci conducono a vivere l’amore verso i fratelli e a praticare la giustizia. Per questo, quando si presenteranno davanti al Signore vantandosi di aver mangiato e bevuto con Lui e di aver ascoltato i suoi insegnamenti, si sentiranno rispondere: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”».
Il Signore, quindi, ci richiama alla coerenza, perché «questo significa compiere scelte faticose e impopolari, lottare contro il proprio egoismo e spendersi per gli altri, perseverare nel bene laddove sembrano prevalere le logiche del male, e così via. Ma, oltrepassando questa soglia, scopriremo che la vita si spalanca davanti a noi in modo nuovo, e, fin d’ora, entreremo nel cuore largo di Dio e nella gioia della festa eterna che Egli ha preparato per noi».
Pronunciata la preghiera mariana, il Papa esprime la sua vicinanza «alla popolazione di Cabo Delgado, in Mozambico, vittima di una situazione di insicurezza e violenza che continua a provocare morti e sfollati». Cabo Delgado è la zona più povera del Mozambico, in cui dal 2017 si lotta contro le infiltrazioni jihadiste, che prendono di mira soprattutto le comunità cristiane.
Il Pontefice invita a pregare per le popolazioni di Cabo Delgado e ad agire a livello internazionale così come si vede fare per altri scenari di guerra. E’ infatti il Santo Padre stesso a ricordare che «venerdì scorso, 22 agosto, abbiamo accompagnato con la nostra preghiera e con il digiuno i fratelli e le sorelle che soffrono a causa delle guerre», in concomitanza con l’intensificarsi degli sforzi diplomatici per fermare i conflitti in Europa orientale e Terra Santa. Domenica 24 agosto, giorno in cui l’Ucraina commemora la liberazione dal giogo sovietico (24 agosto 1991), «ci uniamo ai nostri fratelli ucraini i quali, con l’iniziativa spirituale “Preghiera Mondiale per l’Ucraina”, chiedono che il Signore doni la pace al loro martoriato Paese».
Leone XIV dà molta importanza alla coincidenza con la festa nazionale ucraina e invia al presidente Volodymyr Zelensky anche un suo messaggio personale, in cui assicura la preghiera «per il popolo ucraino che soffre a causa della guerra, in particolare per tutti coloro che sono feriti nel corpo, per coloro che hanno subito la perdita di una persona cara e per coloro che sono stati privati delle loro case», sperando che la ricerca della pace sostituisca presto il rombo dei cannoni.