In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».
La parabola dell’amministratore disonesto lascia inizialmente sorpresi. La perplessità è superata se consideriamo che, spesso, l’insegnamento che Nostro Signore Gesù Cristo intende comunicare attraverso le parabole, è racchiuso nella pointe finale. È proprio il caso di questa parabola nella quale il Signore non intende evidentemente consigliare di praticare atti disonesti e immorali ma piuttosto di assumere un’attitudine che potremmo definire “santa furbizia”. San Giovanni Bosco, che era un “santo furbo” ma non un “furbo santo”, prese atto che le autorità diplomatiche italiane in Argentina ritardavano l’ingresso dei primi missionari salesiani che, tra l’altro, negli anni a venire sarebbero stati protagonisti di un’autentica epopea dell’evangelizzazione e della carità educativa. Consapevole che i suoi interlocutori apprezzavano il buon vino piemontese, soprattutto se invecchiato, ne inviò una cassa, raccomandando al cantiniere e allo spedizioniere di coprire le bottiglie con una spessa coltre di polvere … E l’affare andò in porto. La “santa furbizia” è una proprietà dell’intelligenza pratica e, in quanto regolata dalla rettitudine delle intenzioni e dalla benevolenza verso il prossimo, appartiene al novero di quelle “piccole virtù” di cui parla San Francesco di Sales nella sua Filotea, un manuale di vita spirituale destinato ai laici che sono, per vocazione, a contatto con “i figli di questo mondo” e della loro malizia. Con santa furbizia sappiamo ben disporre interlocutori particolarmente ostili al Vangelo con un’operazione iniziale di captatio benevolentiae, ci pieghiamo all’accettazione di compromessi provvisori – e non su principi non negoziabili, come ha insegnato il dottissimo Benedetto XVI – in vista del conseguimento di un bene più grande, perdiamo tatticamente una battaglia per vincere strategicamente la guerra. Con un po’ di santa furbizia, dunque, l’apostolato dell’anima controrivoluzionaria otterrà successi stabili e maggiori arginando l’azione rivoluzionaria dei “figli di questo mondo”.