Mercoledì, 10 settembre 2025

In quel tempo alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: “Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti (Lc 6,20-26).


Il peccato originale commesso da Adamo ed Eva segnò la loro caduta e di tutta la loro discendenza nell’ignoranza, nell’inclinazione al male e nella sofferenza delle malattie fino alla morte.

In tutte le epoche gli esseri umani e tutto l’universo creato conservano, più o meno consapevolmente, la nostalgia e sentono intensamente il desiderio del paradiso, ossia della sempre nuova felicità che già Dio vuole ridonare, per mezzo del suo Figlio Salvatore e Redentore: “Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo” (lettera di San Paolo apostolo ai Roman 8,18-23).

Gesù insegna, sin dall’inizio della sua predicazione, con crescente puntualità e con incisività, le condizioni per riavere la felicità perduta (cfr. Mt 5, 1-12).  L’evangelista Luca oggi ce ne dà una breve sintesi facendoci percepire la nuova mentalità che Gesù suscita nei suoi discepoli destinatari della felicità, quella vera, totalmente contraria a quella mondana. Essi saranno felici quando saranno perseguitati a causa sua, perché saranno certi in tal modo di essere sulla via giusta (vv. 22-23). Non potranno essere felici invece quando tutti gli uomini diranno bene di loro (v. 26). Pertanto i poveri, gli affamati e i piangenti, a causa di Cristo, sono beati (vv. 20-21; cfr. Lettera  di S. Paolo agli Ebrei, 11.36-38).

Comprendiamo che gli uomini e le donne delle beatitudini siamo proprio noi cristiani, martiri di Cristo, suoi testimoni con la vita, con la parola e con le azioni in ogni tempo e in ogni luogo con il coraggio e la forza dell’umiltà e dell’amore come Cristo stesso che ci ha riconquistato la gioia dell’eterna felicità entrando per primo nel Paradiso (cfr. Ibidem, 9,23-26). Per questo, siamo leali e desiderosi di collaborare con uomini e donne di buona volontà per la promozione integrale della persona umana e del bene comune. Conserviamo la pace e il coraggio della perseveranza nella verità e nell’amore di Cristo senza deflettere nella pur necessaria pazienza che non abbandona mai la cura dei feriti nell’ospedale da campo contemporaneo.

Nostro modello sono i martiri, santi di tutti tempi, proposti dalla Chiesa alla nostra venerazione ed edificazione spirituale, fra i quali distinguiamo Piergiorgio Frassati e Carlo Acutis, rispettivamente, fra l’altro, per la pratica dell’apostolato associativo ecclesiale e sociale, e per la limpida gioiosa coerenza cristiana di adolescente fra gli amici adolescenti.

Comments are closed.