C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui (Lc 2,36-40).
L’atto cultuale della presentazione di Gesù al Tempio, è seguito dalla descrizione lucana della scena profetica nella quale compaiono il vecchio profeta Simeone e la vecchia professa Anna.
Questa donna di ottantaquattro anni, aveva avuto un matrimonio di sette anni. Poi era rimasta vedova e lungo i decenni si ritirò nel Tempio servendo ininterrottamente Dio con digiuni e preghiere. È l’immagine della persona veramente pia. Il Tempio era divenuto, molto semplicemente, la sua casa. Qui era sempre a servizio di Dio, corpo e anima.
In questo modo ora appare una donna ricolma dello Spirito, una profetessa, capace di lodare Dio e parlare della realtà del Bambino, ossia annunciare e trasmettere la speranza da lui rappresentata, a quelli che sinceramente attendono i giorni del Messia che a Nazareth crescerà e si fortificherà in sapienza e grazia.
Sulla scia dell’anziana profetessa Anna, ancor più come Chiesa, riscopriamo la necessità di attirare la nostra attenzione di uomini e donne di oggi su Cristo che desidera salvarci singolarmente e socialmente perché, come popolo, lo conosciamo e serviamo nella verità.
Infatti il “Verbo incarnato volle essere partecipe della solidarietà umana. Prese parte alle nozze di Cana, entrò nella casa di Zaccheo, mangiò con i pubblicani e i peccatori. Ha rivelato l’amore del Padre e la magnifica vocazione degli uomini ricordando gli aspetti più ordinari della vita sociale e adoperando linguaggio e immagini della vita d’ogni giorno. Santificò le relazioni umane, innanzitutto quelle familiari, dalle quali trae origine la vita sociale. Si sottomise volontariamente alle leggi della sua patria. Volle condurre la vita di un artigiano del suo tempo e della sua regione.
Nella sua predicazione ha chiaramente affermato che i figli di Dio hanno l’obbligo di trattarsi vicendevolmente come fratelli. Nella sua preghiera chiese che tutti i suoi discepoli fossero una «cosa sola». Anzi egli stesso si offrì per tutti fino alla morte, lui il redentore di tutti. «Nessuno ha maggior amore di chi sacrifica la propria vita per i suoi amici» (Gv 15,13). Comandò inoltre agli apostoli di annunciare il messaggio evangelico a tutte le genti, perché il genere umano diventasse la famiglia di Dio, nella quale la pienezza della legge fosse l’amore. Primogenito tra molti fratelli, dopo la sua morte e risurrezione ha istituito attraverso il dono del suo Spirito una nuova comunione fraterna fra tutti coloro che l’accolgono con la fede e la carità: essa si realizza nel suo corpo, che è la Chiesa. In questo corpo tutti, membri tra di loro, si debbono prestare servizi reciproci, secondo i doni diversi loro concessi. Questa solidarietà dovrà sempre essere accresciuta, fino a quel giorno in cui sarà consumata; in quel giorno gli uomini, salvati dalla grazia, renderanno gloria perfetta a Dio, come famiglia amata da Dio e da Cristo, loro fratello” (Gaudium et Spes 32).
Come Chiesa, ossia come popolo della Nuova ed eterna Alleanza, prendiamo tutti rinnovata coscienza dell’attualissimo e urgente insegnamento del Magistero: “Inoltre i laici, anche consociando le forze, risanino le istituzioni e le condizioni del mondo, se ve ne siano che provocano al peccato, così che tutte siano rese conformi alle norme della giustizia e, anziché ostacolare, favoriscano l’esercizio delle virtù. Così agendo impregneranno di valore morale la cultura e le opere umane. In questo modo il campo del mondo si trova meglio preparato per accogliere il seme della parola divina, e insieme le porte della Chiesa si aprono più larghe, per permettere che l’annunzio della pace entri nel mondo” (Lumen Gentium 36 c).