Martedì, 25 novembre 2025

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti, infatti, verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. (Lc 21,5-1)


Il Secondo Tempio di Gerusalemme, fatto costruire da Erode il Grande, lo stesso personaggio che si macchiò del crudele ordine di perpetrare la strage degli innocenti, costituiva una delle meraviglie del mondo antico, per la magnificenza della struttura, la preziosa ricchezza delle decorazioni, il senso di stabilità che comunicava, riflesso dell’eternità di Dio. Giustamente i pii ebrei ne andavano orgogliosi. Eppure, Nostro Signore propone un’altra visione della realtà, profetizzando la distruzione di quello splendido edificio che sarebbe di fatto avvenuta nel 70 d.C., quando le legioni romane, guidate dal futuro imperatore Tito, invasero la Città Santa. Le realizzazioni umane sono transeunti e sempre esposte alla caducità di ciò che, in sé, non dispone della perennità dei progetti di Dio. In altre parole, Nostro Signore, attraverso le parole sulla caduta del Tempio, invita i suoi discepoli alla ricerca di ciò che dura, al di là delle vicissitudini umane. Una bella preghiera, l’oratio universalis di Clemente XI, un tempo recitata devotamente dai sacerdoti e oggi, purtroppo, del tutto dimenticata, nonostante la sua presenza anche nel Messale del Novus Ordo, contiene queste parole: «O Signore, che impari da te: quanto è fragile tutto ciò che è terreno, quanto è grande tutto ciò che è divino, quanto è breve tutto ciò che è temporaneo, quanto è durevole tutto ciò che è eterno». A queste parole del Signore, segue l’inizio del suo discorso “escatologico”, ossia quello relativo al suo ritorno alla fine dei tempi e che accompagna la liturgia della parola di questa settimana, l’ultima dell’anno liturgico. Molte volte i credenti, nel corso della storia, hanno atteso l’imminenza di questo ritorno presumendo di scorgerne i “segni” negli avvenimenti della loro storia contemporanea. È un inganno, dichiara il Signore. Egli ci insegna a vivere bene, ogni giorno, santificandoci nell’hic et nunc, per essere sempre pronti, con serenità e fiduciosa speranza cristiana.

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