Lunedì, 3 novembre 2025

In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».


Una delle caratteristiche dell’autentica carità è la gratuità: operare il bene perché è bene, essere virtuosi perché la virtù contiene in sé una soddisfazione indipendente dai risultati, amare Dio perché, come ci insegna Santa Teresa d’Avila, questo ci basta. Infatti, anche nell’amore per Dio e nell’esercizio del culto per Lui, si può insinuare – come ammonisce san Bernardo di Chiaravalle – la mentalità del mercenario che esige di essere “ripagato” con adeguata ricompensa. Poiché nella nostra psicologia è, invece, radicata un’insopprimibile tendenza ad attendere sempre un certo compenso, fosse pure il desiderio umanissimo di un po’ di riconoscenza, Nostro Signore ci invita, attraverso l’insegnamento impartito al fariseo che lo accoglie a cena, a purificarci progressivamente da queste attese. Il premio ci sarà, ma è riservato al giudizio particolare, che ci attende subito dopo la morte, e che sarà confermato al momento della seconda venuta del Signore, al giudizio universale e alla risurrezione della carne. Nel frattempo, ci educhiamo alla gratuità della carità privilegiando i destinatari che non possono restituirci nulla, poveri materialmente e moralmente. La gratuità della carità è particolarmente apprezzabile quando, dopo aver compiuto il bene, spesso a prezzo di grandi sacrifici e di impagabile dedizione, non solo non riceviamo gratitudine, ma noncuranza, avversità, disprezzo. In quel momento, comprendiamo perché Nostro Signore ce l’ha tanto raccomandata: l’ha praticata Egli stesso con la sua Passione e Morte. Nessuno avrebbe potuto ricompensarlo per questo atto di perfetta carità. Acquisire, dunque, progressivamente questa attitudine, la gratuità nel bene che compiamo, ci rende simili al Signore.

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