Giovedì, 6 novembre 2025

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti, i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti, i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».


I Farisei, che criticano Nostro Signore per la sua prossimità ai peccatori, erano pii israeliti che osservavano diligentemente tutti i precetti della Legge, la Torah, e della tradizione che si faceva risalire a Mosé perché in essa trovavano l’adempimento della volontà di Dio. Il loro ragionamento non era del tutto scorretto: la frequentazione dei peccatori, se non si è spiritualmente robusti, può indurre a un’imitazione delle loro abitudini viziose, così come la lettura e l’ascolto dei cattivi maestri di filosofia e teologia, di storia e di psicologia, se non si è sufficientemente istruiti in queste discipline, può avvelenare la mente. Tuttavia, i Farisei commettevano un errore nella loro valutazione: non avevano fede nella divinità del Signore che, nella purezza totale della sua infinita perfezione, poteva avvicinare i peccatori per suscitarne la conversione. In altre parole, la pericope evangelica odierna, è un invito a rinnovare la nostra fede nella Persona divina di Nostro Signore Gesù Cristo. All’obiezione dei Farisei, seguono le due parabole della misericordia: il Pastore che porta su di sé la pecora perduta, come Nostro Signore ha assunto su di sé la Croce per espiare i peccati di tutte le “pecore smarrite”, e quella della donna che ritrova con gioia il tesoro perduto. Questa descrizione vivacissima e realistica, perché le modeste abitazioni della Palestina erano scarsamente illuminate, è stata suggestivamente interpretata da un grande Padre della Chiesa, Gregorio di Nissa. Ognuno di noi è quella donna e la moneta preziosa è l’immagine divina impressa nella nostra anima sporcata però dal peccato che finisce per coprirla e renderla irriconoscibile. Solo una volontà salda e un’azione tenace, rappresentate nell’atto di spazzare diligentemente, permettono di rimuovere il male accumulatosi nell’anima e di restituirle la bellezza luccicante di quell’immagine divina, nostra dignità impareggiabile, nostra responsabilità ineludibile, nostra gioia perpetua.

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