Giovedì, 11 dicembre 2025

In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti! (Mt 11,11-15).


Gesù conferma e interpreta autorevolmente l’insegnamento profetico sul ritorno di Elia prima del Messia (cfr. Ml 3,23s) nella persona di Giovanni il (cfr. anche Mt 17,10-13). Mette in evidenza la sua grandezza tra tutti i nati di donna manifestando apertamente la sua funzione di portare a compimento la Legge e i Profeti con la predicazione volta a ricondurre, con l’austerità della vita e la forza dello Spirito Santo, i cuori dei padri verso i figli, i ribelli alla saggezza dei giusti e a preparare un popolo ben disposto al Signore (cfr. Lc 1,17). Tuttavia il Battista non appartiene ancora al regno di Dio, ma al tempo della sua preparazione, ed ora che il Messia è arrivato il più piccolo che vi entra è più grande di lui. Gesù non intende sminuire la santità del suo grande Precursore, bensì insegna che ogni vera grandezza discende da lui che è il regno di Dio in persona. 
A buon intenditore, poche parole. In effetti bisogna ripartire costantemente dalla riassunzione dalla comunione reale, sostanziale, ecclesiale-sacramentale in Cristo a cominciare dai Sacramenti dell’iniziazione cristiana, ossia dal Battesimo nello Spirito, la celebrazione dell’Eucaristia e l’integrazione-reintegrazione regolare della propria vita cristiana attraverso la sequela di Cristo nella fedeltà alla propria vocazione secondo le tappe della consacrazione personale e sociale sgorganti dall’organismo sacramentale. Da questa novità della vita sacramentale alimentata dal Mistero Pasquale di Cristo, trae sempre nuova linfa la vita morale che, lungi dal costituire un peso anticotestamentario, cresce nella piena umanità di Cristo, ossia nel suo amore sacrificale che abilita alla santificazione e consacrazione o instaurazione di tutte le cose in Cristo. Per questo il S. Padre Leone XIV valorizza spesso e volentieri ogni occasione per invitare tutti a credere che Gesù è veramente Dio con noi che “dona la sua parola definitiva   sull’umanità e sulla storia. Questa verità mette costantemente in crisi le nostre rappresentazioni di Dio, quando non corrispondono a quanto Gesù ci ha rivelato, e ci invita a un continuo discernimento critico sulle forme della nostra fede, della nostra preghiera, della vita pastorale e in generale della nostra spiritualità. Ma c’è anche un’altra sfida, che definirei come un “arianesimo di ritorno”, presente nella cultura odierna e a volte tra gli stessi credenti: quando si guarda a Gesù con ammirazione umana, magari anche con spirito religioso, ma senza considerarlo davvero come il Dio vivo e vero presente in mezzo a noi. Il suo essere Dio, Signore della storia, viene in qualche modo oscurato e ci si limita a considerarlo un grande personaggio storico, un maestro sapiente, un profeta che ha lottato per la giustizia, ma niente di più. Nicea ce lo ricorda: Cristo Gesù non è un personaggio del passato, è il Figlio di Dio presente in mezzo a noi, che guida la storia verso il futuro che Dio ci ha promesso” (Discorso del S. Padre, Cattedrale dello Spirito Santo, Istambul, venerdì, 28 novembre 2025).

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