In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce. Non c’è nulla di segreto che non sia manifestato, nulla di nascosto che non sia conosciuto e venga in piena luce. Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche ciò che crede di avere». (Lc 8,16-18)
Nostro Signore Gesù Cristo è un Maestro e gli evangelisti ci trasmettono fedelmente i suoi precetti. Con esempi efficaci, tratti dalla vita quotidiana dei suoi tempi e significativi anche oggi, invita noi, suoi discepoli, non solo a custodire con gratitudine i doni spirituali che riceviamo ma a metterli anche a frutto del prossimo. Il dono più grande che abbiamo ottenuto per pura grazia è la fede che, secondo il titolo dell’enciclica pontificia pubblicata nell’anno 2013, è una “luce”, Lumen fidei. La nostra fede è luminosa per il prossimo nella misura in cui la testimoniamo con convinzione, serenità e coraggio, e l’annunciamo con gioia e ardore, disponibili a subire finanche il “martirio bianco” dell’emarginazione culturale e della persecuzione ab intra et ab extra Ecclesiae. Questa è la spiritualità dell’anima controrivoluzionaria che ascolta con umiltà tutti i buoni insegnamenti, svuotandosi di quelli cattivi che l’avversario tenta d’introdurre per avvelenare il pensiero e i sentimenti.
Per tale motivo, il monito del Signore è serio: “fate attenzione”. Senza vigilanza, ci sarà solo impoverimento e illanguidimento della grazia. Inoltre, l’anima, umilmente e progressivamente imbevuta della luce della fede, attira e attrae, consapevole che la sua lucerna, posta sul candelabro della testimonianza e dell’apostolato, contribuisce – perché così vuole Dio – a rimuovere le zone di ombra e di tenebra del mondo allontanatosi dallo splendore della verità. Questa docilità virtuosa la rende pronta e disponibile a ricevere l’incremento dei doni divini perché “a chi ha, sarà dato”.