Ss.Trinità dei Pellegrini, Roma, 12 febbraio 2011

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A conclusione del Convegno nazionale di Alleanza Cattolica sul tema “Unità, Risorgimento, Federalismo” tenutosi presso la Protomoteca Capitolina del Campidoglio sabato 12 febbraio 2011 è stata celebrata una Santa Messa cantata nella Forma Straordinaria del Rito Romano presso la Parrocchia della Santissima Trinità dei Pellegrini in Roma. La cerimonia è stata officiata da Don Pietro Cantoni, Moderatore Generale della fraternità sacerdotale Opus Mariae Matris Ecclesiae, con il servizio liturgico prestato dai seminaristi della comunità, guidati dal cerimoniere, sem. Emanuele Borserini, ed arricchita dal canto del coro dell’associazione Familia Christi diretto da Don Francesco Ramella.

Un particolare ringraziamento va a Don Riccardo Petroni, assistente ecclesiastico della Familia Christi ed ai sacerdoti della Fraternità San Pietro per l’accoglienza riservataci nella Parrocchia Personale loro affidata nella Città Eterna, in particolare il parroco Padre Joseph Kramer e Don Marco Cuneo.

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Cronache dall’eterno

Testimonianza di Stefano Chiappalone, giovane laico di Alleanza Cattolica

 

L’intensa e faticosa giornata del convegno sta per concludersi con l’ultimo atto e la chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini è straripante di militanti e amici di Alleanza Cattolica convenuti nell’Urbe. Trovo posto in piedi, in fondo alla chiesa, anche se durante la funzione riuscirò progressivamente a spostarmi più avanti per tentare di “vedere” il Signore – essendo evangelicamente alto più o meno come Zaccheo, ma non avendo alberi a disposizione su cui arrampicarmi (Lc 19,1-10).

Il cielo comincia ad affacciarsi sulla terra quando i cantori intonano l’introito della VI domenica post Epiphaniam: Adorate Deum omnes angeli eius… e sembra davvero di sentire i cori degli angeli che accompagnano il celebrante e i ministri verso il santuario. Il celebrante è don Piero, ma potrebbe essere chiunque, poiché quando si è – anche fisicamente – rivolti ad Deum, è ancora più manifesto l’annullamento della persona del prete in persona Christi: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20). E in effetti la scena è dominata dal grande Cristo crocifisso che vive e regna con Dio Padre e con lo Spirito Santo: la pala dipinta da Guido Reni rende visibile agli occhi lo squarcio di cielo che sta per aprirsi sull’altare. Gli “angeli” continuano a cantare e le Tre Persone divine vengono supplicate nel Kyrie e poi lodate nel Gloria. La cosiddetta “messa in latino” sarebbe meglio definibile come “messa in silenzio”: non solo perché il celebrante recita molte preghiere submissa voce, ma soprattutto perché ti ritrovi a tacere – e guardare e ascoltare – per meglio assaporare il Mistero. La partecipazione del cuore è attiva, anzi attivissima, e chi riuscirebbe a parlare quando ha la tachicardia?

Dopo il canto dell’Epistola e del Vangelo, don Piero tiene l’omelia e ripercorre i tratti distintivi dell’ethos italiano, caratterizzato dalla triplice benedizione della Cattedra di Pietro, di Maria e dei santi. Persino io che sono un fautore delle omelie brevi starei a sentirlo per ore. Il Vangelo, dice don Piero, si chiude con il mandato divino di annunciare la buona novella fino agli estremi confini del mondo e gli Atti degli Apostoli si chiudono a Roma – il centro del mondo. La penisola è inoltre costellata da santuari mariani, alla cui origine c’è sempre un’apparizione o comunque una “visita” della Madonna. Infine i santi, un numero senza pari, conferendo all’Italia un dono inestimabile cui corrisponde altrettanta responsabilità.

La liturgia riprende con il canto del Credo. Tutti si inginocchiano alle parole Et incarnatus est… e persino la melodia cambia tono, quasi passando dalla solenne proclamazione del dogma ad una dolce discesa dal seno della Trinità, “cullando” anche con la musica il Figlio che si fa piccolissimo per incarnarsi nel grembo della Vergine …et homo factus est!

L’incarnazione è finalizzata però allo scopo di salvarci attraverso la morte e la risurrezione. Il Maligno voleva la nostra morte, ma ignorava che “quando al posto di un traditore viene immolata una vittima innocente e volontaria, la Tavola di Pietra si spezza e al sorgere del sole la morte stessa torna indietro”(C.S.Lewis). Durante l’offertorio si prepara l’altare per immolare la vittima, ma il canto dell’antifona già preannuncia l’”eucatastrofe”, il capovolgimento della tragedia in lieto fine: non moriar, sed vivam et narrabo opera Domini. Nuvole d’incenso salgono verso il cielo, amalgamando anche visibilmente l’atmosfera e facendo da “collante” tra le nostre preghiere e il sacrificio dell’altare.

Lo squarcio tra cielo e terra si allarga sempre di più. I cori degli angeli che cantano Sanctus Sanctus Sanctus… invadono il silenzio del Canone e tacciono solo nel momento supremo e tremendo in cui la vittima viene sacrificata: la bianca Ostia elevata non è più pane, è divenuta tutt’uno col Cristo innalzato sulla croce, e così il santo Calice contenente il Suo Sangue. L’Eterno Padre guarda dalla pala d’altare e ha accettato l’offerta. Possiamo ormai rivolgerci a Lui: Pater Noster… e poi unirci agli angeli che, come nell’Apocalisse, rendono gloria all’Agnello immolato: Agnus Dei… E imitando la prostrazione dei vegliardi dell’Apocalisse, ci inginocchiamo alla balaustra per ricevere il Corpo di Cristo, poiché “solo la sottomissione a Dio non è vile”(NGD). Il sacerdote si avvicina con la pisside contenente il Santissimo e faccio mia la preghiera del cavaliere del Graal: “Signore Iddio, che per mezzo di questo Santo Calice che vedo avvicinarsi avete fatto tanti miracoli in questo paese e in altri, Padre, abbiate misericordia di me e date presto sollievo a questo male che mi tormenta affinché io possa partecipare alla Cerca come hanno fatto gli altri cavalieri“.

Coelestibus pasti deliciis… – così recita l’ultima orazione –, nutriti del cibo celeste,  possiamo ricominciare la grande “Cerca” di Alleanza Cattolica per la maggior gloria di Dio, anche sociale.

Cor Jesu adveniat regnum tuum!

Adveniat per Mariam!

 

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