Riflessioni intorno agli Esercizi Spirituali

di Daniele Fazio

Premessa

Gli Esercizi Spirituali ignaziani sono una grande scuola di preghiera e di conversione, in cui è possibile ordinare la propria esistenza secondo Dio. Come tali, gli Esercizi non possono essere “raccontati”, ma vanno fatti. L’esercizio, presuppone infatti, una applicazione pratica che, attraverso un preciso procedimento raggiunga un determinato fine: raccontarlo non coglie la sua verità che è proprio quella di “esser svolto”. Hugo Rahner, storico gesuita, a proposito ha rilevato:

“Nei più antichi Direttori, viene continuamente sottolineato che gli Esercizi si devono “fare”; perciò il libro degli Esercizi non è un libro di lettura, e neppure deve cadere nelle mani di coloro che vogliono leggerlo una sola volta e ricavarne unicamente per se stessi questo o quel frutto secondo il loro gusto spirituale (MHSI 76, p. 218). Bartolomeo Torres, lo mette energicamente in rilievo nella sua apologia: soltanto chi ha fatto questa profonda e dolce esperienza – scrive – può sapere che cosa siano gli Esercizi […] Secondo un anonimo (probabilmente il Mercuriano), il libro degli Esercizi scopre i suoi segreti a chi li fa effettivamente meditandoli[…] ad una semplice lettura non ci sembrano altro che ottime prescrizioni morali, che però non fanno grande impressione. Ma per chi li “fa” acquistano una forza potente ed efficace per l’intera conversione delle anime e lo sviluppo della vita spirituale” (1).

Quando Ignazio di Loyola nella grotta di Manresa (1523) dopo la conversione fece il primo schizzo della struttura degli Esercizi, esso fu il risultato di un serrato vaglio dei suoi moti spirituali che volle comunicare per il bene delle altre anime. Se i rudimenti di questo percorso spirituale per la prima volta furono annotati a Manresa è altresì vero che in essi entrarono primariamente le esperienze spirituali avute dal santo di Loyola durante la sua convalescenza dopo la ferita alla gamba nell’assedio di Pamplona. Nell’Autobriografia, Ignazio che si nasconde dietro le sembianze del pellegrino richiesto di dir qualcosa sull’elaborazione degli Esercizi, alla penna del Padre Ludovico Gonzàlez de Câmara fa annotare:

“Egli mi disse che gli Esercizi non li aveva fatti tutti in una volta, ma che osservava alcune cose nella sua anima e, trovandole utili, gli sembrava che potessero servire anche ad altri e perciò le metteva per iscritto, come, ad esempio, l’esaminare la propria coscienza con l’aiuto di quelle linee, ecc. In particolare mi disse che le “elezioni” le aveva ricavate da quella diversità di spiriti e di pensieri che egli aveva quando si trovava a Loyola, ancora con la gamba malata” (2).

Non è difficile dunque, da questo evincere che gli Esercizi, che furono compito dell’intera vita di Sant’Ignazio, elaborati in interiore e poi esplicitati prima in maniera rudimentale e poi via via più precisa nel lasso di tempo che va dalla convalescenza allo studio di Parigi e ai tempi di Roma, ancor prima che scritti furono “fatti” dallo stesso autore. Ignazio, sotto l’influsso e la guida dello Spirito Santo fu il primo esercitante. L’esperienza di Manresa, tuttavia, rimane, però, essenziale quale nucleo principale dell’impianto spirituale ignaziano. Ignazio,

“alla fine degli Esercizi, […] aveva risolto il problema della sua vita. Il suo ideale sarà il servizio di Dio; Gesù Cristo il suo modello; il vasto mondo il suo campo di lavoro. Perché da ora in poi non sarà il pellegrino solitario che medita e fa penitenza, ma si dedicherà con tutte le sue forze ad “aiutare” le anime, cioè, a portare gli uomini a compiere il loro destino” (3).

È facile, dunque, comprendere come sia fuorviante ogni tentativo di voler “raccontare” gli Esercizi e tradisca, altresì, lo spirito genuinamente ignaziano di essi, in cui l’osservazione dei moti dell’anima, il discernimento, l’esercizio, vennero ancora prima della redazione del testo, che da solo sarebbe solamente una scarna sintesi di raccomandazioni morali e spirituali. La forza degli Esercizi è, dunque, nel farli e non nel leggerli o nel discuterli.

Il vigile vaglio del Magistero della Chiesa ha individuato sin dalla prima approvazione da parte di papa Paolo III (1548) negli Esercizi un utile strumento per il progresso nella santità dei fedeli tanto che, da allora, si possono contare quasi seicento interventi di raccomandazione da parte dei Pontefici, incluso Papa Benedetto XVI.

Alla luce di questo, tentiamo di fare due ordini di riflessioni intorno agli Esercizi: il primo di carattere storico e il secondo di natura spirituale, distinti, ma come si potrà vedere tra loro legati, nella speranza da un lato di poter rintracciare il grande ruolo che questa scuola spirituale ha avuto nella storia della Chiesa e della società cristiana e dall’altro di dimostrare come gli eventi positivi e negativi della storia dipendano intimamente dalle prospettive spirituali a cui l’uomo aderisce e che già Sant’Agostino nel De civitate Dei, aveva rintracciato in due tendenze: l’amore di sé fino al disprezzo di Dio e l’amore di Dio fino al disprezzo di sé. Perciò, non si dà ordine esteriore (nella società, nelle istituzioni, nella Chiesa) senza una attenta, seria, diligente e continua riforma interiore. Questo per certi versi è ciò che gli Esercizi nella loro storia ormai cinque volte secolare hanno dimostrato e che possono offrire a ciascun uomo che intende mettersi alla sequela di Cristo Signore, per la maggior gloria di Dio.

1. Considerazioni storiche

Nel 1517, la Chiesa e la società cristiana furono scosse dalla lacerazione religiosa, culturale e sociopolitica, esplosa con la Rivoluzione protestante, esito ultimo dello spirito neopaganeggiante ed ereticale che nei secoli XV e XVI aveva pervaso i chierici, lato sensu, europei. Lo spirito dell’Umanesimo e del Rinascimento aveva fiaccato le anime di molti e fatto rilassare i costumi, anche nella stesse corti pontificie che vedevano il susseguirsi di Papi che, magari, avevano in animo la riforma della Chiesa, ma non trovavano né la forza spirituale, né i necessari collaboratori per poterla mettere in atto.

Lo scorrere del tempo era sempre più inesorabile, quando fu eletto alla cattedra di Pietro, Alessandro Farnese che prese il nome di Paolo III. Anch’egli era stato uno spirito rinascimentale e aveva potuto saggiare per esperienza diretta la frivolezza e l’inautenticità di vita che proveniva da tale prospettiva e che conduceva alla morte spirituale. La sua vita improvvisamente mutò e dopo l’ordinazione sacerdotale sentì sempre più la necessità di una riforma della Chiesa. Eletto papa nel 1534 mise mano alla Riforma Cattolica, facendosi attorniare da un gruppo di cardinali e prelati che avevano in animo gli stessi obiettivi. Tuttavia, fu presto visibile come il problema della Riforma non riguardava semplicemente la struttura curiale e le istituzioni ecclesiastiche, ma era più profondo. E i vari tentativi fatti rischiavano di fallire se non sarebbero stati sopperiti da un surplus che i cardinali umanisti non potevano darsi per svariati motivi, tra cui il loro passato turbolento.

Ecco che qui irrompe lo Spirito a cambiare la storia:

“provvidenzialmente, […] proprio nel momento in cui i cardinali dibattevano le loro proposte di riforma, apparve a Roma un gruppetto di pellegrini spagnoli e savoiardi, ex studenti di Parigi, guidati da un ex soldato della Navarra, venuti ad offrirsi come volontari per servire la Chiesa e il Papato dove e come fosse più necessario. Essi incontrarono la stessa opposizione subita dai cardinali riformatori e proprio attraverso lo stesso cardinal Contarini le loro proposte di una nuova società furono sottoposte al Papa” (4).

Sant’Ignazio con il suo primo nucleo di compagni era giunto a Roma, e non sappiamo quanto consapevolmente, recava con sé nei suoi laconici appunti il progetto di riforma più urgente e necessario per l’intera cristianità: gli Esercizi Spirituali. Da quel momento ogni uomo chierico o laico che avesse in animo di servire la Chiesa nella grande opera di riforma ricevette gli Esercizi Spirituali ignaziani:

“questi furono pensati per spogliare la mente da tutti i coinvolgimenti che distraggono e porla direttamente faccia a faccia con le questioni ultime della vita cristiana viste alla luce della fede e in relazione alla vita di Cristo come riportata nel Vangelo. Il loro scopo è strettamente pratico: arrivare ad una decisione e alla scelta di un modo di vita. Ogni membro della nuova società praticava questi esercizi, e così, alla fine, fece praticamente chiunque, chierico o laico, giocasse un ruolo importante nella riforma cattolica. Essi fornirono il modello psicologico e la motivazione personale su cui doveva basarsi l’opera ecclesiastica e sociale di risveglio religioso. Questo libro degli Esercizi, per così dire, è per tantissimi versi il testo fondamentale del risveglio cattolico” (5).

Gli Esercizi, propongono una vita giocata nella dedizione completa a nostro Signore per la sua maggior gloria in qualsiasi stato di vita siamo chiamati ad essere. Si presentano come una grande spinta per la volontà, una sua educazione e consolidamento volti al bene. Attraverso stimoli diretti alle potenze dell’anima dirigono la persona a riconoscere la sua origine, fissarne il fine e quindi percorre questo pellegrinaggio terreno nel migliore dei modi possibile per giungere al fine stesso. La Meditazione iniziale sul Principio e fondamento, e le successive sui Due stendardi e sulla Regalità di nostro Signore descrivono questo percorso ed entusiasmano l’uomo nell’opera della battaglia spirituale che compie contro le inclinazioni al male e le tentazioni del nemico, perché spogliato dalle distrazioni possa puntare l’attenzione su ciò che davvero conta: la gloria di Dio attraverso cui si ottiene la salvezza eterna. “[…] Ciò fu sufficiente a mutare le vite degli uomini e ad apportare cambiamenti di lunga portata nella società e nella cultura” (6).

Veramente con gli Esercizi poté essere risollevato dalla rovina il mondo cristiano europeo. Esso seppe attingere vera forza dalla riforma interiore per poter operare il rinnovamento ecclesiale e sociale che fu compiuto, nonostante le pesanti avversità, dal Concilio di Trento:

“Gli Esercizi esistevano prima della Società [di Gesù] e venivano usati durante gli anni della formazione, quando la Società non aveva ancora assunto la sua forma finale. Il Contarini, il leader dei riformatori umanisti, aveva già fatto gli Esercizi prima di presentare la prima bozza della costituzione della nuova Società al Papa nel 1539, e furono predicati ai vescovi e ai principi tedeschi a Ratisbona durante la Dieta del 1541. Qui, alla fine, gli uomini trovarono ciò che avevano cercato, un nuovo approccio al problema della riforma, una riforma che partisse dal centro e trasformasse la persona. Come disse l’ambasciatore imperiale a Roma, nei quaranta giorni degli Esercizi imparò una nuova filosofia che non aveva mai imparato durante gli anni che aveva trascorso come professore all’Università di Parigi, al punto di apparire a se stesso un uomo diverso. Gli Esercizi possono così essere considerati il punto di partenza della Contro-Riforma […]” (7).

Apparsi provvidenzialmente in un periodo di grave crisi della cristianità, all’inizio del processo di scristianizzazione essi furono l’indicazione chiara che le battaglie culturali e sociali vanno vinte in prima battuta con la riforma interiore perché la storia è mossa dalle passioni dell’uomo che se non vengono regolate ed ordinate producono tendenze, idee, e quindi fatti negativi.

La Rivoluzione protestante è nata dall’egocentrismo di Lutero, dallo straripamento del suo io, ormai sbrigliato dall’ordine spirituale (8). Juan Donoso Cortès ha osservato: “il germe delle rivoluzioni si trova nei desideri della massa sovraeccitati dai tribuni che la sfruttano e ne traggono vantaggio” (9). Nella lettura della storia offerta dalla scuola controrivoluzionaria e sintetizzata da Plinio Correa de Oliveira (10) è chiaro che la Rivoluzione dipende strettamente dalle passioni disordinate e che quindi il primo e significativo rimedio per bloccare sul nascere la tendenza sregolata non può che essere di natura spirituale. Gli Esercizi Spirituali sono uno speciale strumento di questa battaglia spirituale e sono stati una costante scuola di santità, incidendo radicalmente sulla vita di chi li ha ricevuti.

Nel corso dei secoli, soprattutto a partire dal XIX secolo in poi, il tradizionale mese ignaziano fu ridotto non nella sostanza, ma nella struttura ad otto giorni dal venerabile Pio Bruno Lanteri, il quale riteneva che attraverso gli Esercizi si potesse divenire grandi santi e ne fece uno scopo preciso per la Congregazione che fondò.

Infine, un altro metodo che raccoglie lo spirito e l’essenziale degli Esercizi li compendia in cinque giorni, soprattutto a favore dei laici e ci proviene da padre Francesco da Paola Vallet.

L’apostolato contro-rivoluzionario trova negli Esercizi ignaziani un paradigma spirituale significativo che vedrà soprattutto nel XX secolo immediate corrispondenze. In Brasile, infatti, De Oliveira sarà il frequentatore e il leader delle Congregazioni Mariane di ispirazione gesuitica. E in Francia, Jean Ousset e i suoi seguaci per tanto tempo entrarono in un’effettiva connessione con i Cooperatori Parrocchiali di Cristo Re, fondati dal padre Vallet (11) e diffusori degli Esercizi. Per questa via giungeranno anche in Italia, attraverso la predicazione di Padre Ludovic- Marie Barrielle e la partecipazione di alcuni militanti di Alleanza Cattolica.

2. Considerazioni spirituali

“A che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la propria anima?”(Mt 16,26). La maggior gloria di Dio è il fine assoluto delle creature, ma il fine prossimo è la salvezza dell’ anima, in questa prospettiva la prima battaglia che si deve ingaggiare è contro l’inclinazione al male che tristemente ci proviene dal peccato originale. La natura umana è sì ferita dal peccato, ma non del tutto debilitata quindi, guarita, può compiere il cammino dell’amicizia con Dio, ovvero è possibile essere santi. Per iniziare il cammino occorre rendersi conto dello stato di peccato in cui si vive, fare un attento esame della propria vita, sentire rammarico e dolore perché si sono battute vie impervie e rovinose, sedotti dal nemico demoniaco e lontano dalla fonte della piena realizzazione. È una via di purificazione che permette di emendarci da ciò che ci allontana dall’amicizia con Dio e conduce alla consapevolezza, che nonostante la debolezza umana, il male non è ineluttabile, ma l’uomo è destinato al bene.

Questo bene si concretizza in una Persona: Gesù Cristo Salvatore. Conoscerlo, amarlo, seguirlo e servirlo su questa terra è l’unica cosa che si può fare per rispondere in qualche maniera al suo amore crocifisso. San Paolo e sulle sue orme Sant’Ignazio faranno vibrare la “personalizzazione” del sacrificio di Cristo: “questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me”(Gal 2,20). Questo per me, è fondamentale nella risoluzione di seguire Cristo, nello stato di vita che Dio vuole per ciascun uomo. La vita viene vissuta in Cristo, con Cristo e per Cristo.

A questo punto, occorre sempre più farsi conquistare da Cristo, ed essere confermati nella sua sequela a qualsiasi costo. La via non è semplice, ma conduce alla gloria: “se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”(Lc 9, 23). Croce e Resurrezione sono un unico mistero e non si danno l’una senza l’altra. Chi segue il Re sulla croce, lo segue anche nella gloria. In quest’ottica si può gustare ed essere avvinti dall’intimo e personale amore che Dio nutre per ciascuno di noi.

Il campo del combattimento spirituale è il “cuore”, l’anima di ogni persona, in cui deve esser messo ordine, lì si gioca la grande battaglia per la nostra salvezza e la riforma interiore se attuata produrrà anche i migliori frutti esteriori per la battaglia delle idee e la riforma sociale, che altro non è che l’instaurazione di una nuova civiltà cristiana. Ernst Jünger, pur lontano dalla fede cattolica a cui si sarebbe riavvicinato negli ultimi anni di vita, aveva compreso un punto capitale della battaglia contro il nichilismo del nostro tempo, quando scriveva: “il proprio petto: qui […] sta il centro di ogni deserto e rovina. Qui sta la caverna verso cui spingono i demoni. Qui, ognuno di qualsiasi condizione e rango, conduce da solo e in prima persona la sua lotta, e con la sua vittoria il mondo cambia” (12).

In un tempo in cui il processo rivoluzionario è in interiore homine, quindi giunto alla distruzione dell’intima essenza dell’uomo, gli Esercizi Spirituali ignaziani, nati dal desiderio di metter ordine dentro le anime, sono ottimo strumento per combattere la ribellione dell’istinto contro la ragione e la dissoluzione della volontà indebolita dal dominio della sensibilità. Se il problema è “antropologico” bisogna risolverlo in radice incidendo sul centro della persona, cioè sulla sua anima, sanandola e riformandola.

In quest’ottica la guarigione dell’anima dalle tante infezioni che le tentazioni del nemico e la triplice concupiscenza procurano, – i cui frutti culturali si chiamano relativismo, edonismo, nichilismo – è sempre condizione previa per conquistare il prossimo alla buona causa e ciò, quindi, vale, innanzitutto, per il cattolico militante che alla scuola degli Esercizi ignaziani, può trovare una significativa spinta per vincere se stesso e impegnarsi nella nuova evangelizzazione.

Conclusione

Sono allora, utili e attuali gli Esercizi Spirituali? Ci sembra proprio di dover rispondere affermativamente a tale quesito. Sono utili e attuali a livello personale, ecclesiale e sociale:

Per la persona: uno dei motivi centrali del Concilio Ecumenico Vaticano II, letto secondo l’ermeneutica della riforma e della continuità propria del Magistero pontificio, è ciò che troviamo scritto in Gaudium et Spes 22: “in realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo”. Gli Esercizi sono un cammino di ordine spirituale e fanno riconoscere i termini decisivi della nostra esistenza. Sono uno strumento per la conoscenza della nostra anima a cui veniamo condotti alla luce della Rivelazione. Ci permettono di assumere quello sguardo soprannaturale sulle cose che ci aiuta ad affrontare con salda determinazione interiore il logorio della vita post-moderna. Tutta la persona (mente, cuore, corpo, memoria, immaginazione, sensi) viene coinvolta nell’avventura della meditazione e contemplazione dei misteri della nostra salvezza e Gesù diventa il modello della nostra piena realizzazione. La persona impara ad esaminarsi, a giudicare i moti della propria anima, facendosi aiutare da una guida spirituale e, quindi, a scalare la vetta della perfezione. Gli Esercizi, allora, si rivelano, tra l’altro, come strumento, almeno in tesi, al servizio di un vero umanesimo cristiano.

Per la Chiesa: Papa Benedetto XVI, più volte ha messo in guarda dall’attivismo intra-ecclesiale che non tiene conto della vita interiore. A Fatima, parlando ai Vescovi portoghesi ha ricordato che “si è messa una fiducia forse eccessiva nelle strutture e nei programmi ecclesiali, nella distribuzione di poteri e funzioni;[…]” (13). Ciò significa che l’urgente riforma della Chiesa e la riuscita del compito missionario della stessa devono partire da un centro propulsore che è il cuore di ogni persona che, disillusa dalla pseudo-soluzioni mondane, sceglie di dedicare la sua vita con generosità alla buona battaglia e serve Cristo al meglio nell’ambito in cui si trova ad agire. Obiettivo imprescindibile della Chiesa ribadito ancora dal Papa “è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio. Non ad un qualsiasi dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai; a quel Dio il cui volto riconosciamo nell’amore spinto sino alla fine (cfr Gv 13, 1) – in Gesù Cristo crocifisso e risorto” (14). Sia nell’un caso che nell’altro la scuola degli Esercizi ignaziani, ha tanto da comunicare, sia per lo scopo principale che si affida: la riforma interiore, sia come percorso che conduce l’esercitante alla conoscenza e contemplazione di Dio in Cristo, che non distacca dall’impegno dell’apostolato, ma permette di essere, ignazianamente, contemplativi nell’azione.

Per la società: Già Platone aveva organizzato il suo Stato ideale a partire dall’ordine dell’anima umana a testimonianza della corrispondenza tra ordine interiore della persona ed ordine esteriore della società. Non si possono cambiare gli altri se prima non si è messo in conto di cambiare se stessi. Così come non si deve aspettare di esser santi per poter agire a favore degli altri. È bene, però, tener presente che il principio del rinnovamento sociale, dell’edificazione di una nuova società cristiana, non può prescindere da un serio e saldo nutrimento spirituale che ha come pilastri l’amore a Gesù Eucaristico, la devozione alla Madonna, e la fedeltà al Papa. Gli Esercizi, in questo senso, sono oasi felice, momento di speciale unione con Dio che parla al nostro cuore, e permettono al militante cattolico di attingere nuove forze e nuovo ardore nell’affrontare il problema dell’ora presente. Ignazio conquistava gli uomini a Cristo uno per uno, si narra che quasi mai predicò gli Esercizi a gruppi di persone, ma sempre a singoli dedicandoci a volte anche quaranta giorni: san Francesco Saverio, il più grande missionario dell’età moderna, fu uno dei beneficiati.

Da ciò possiamo cogliere un profondo insegnamento riguardo l’azione contro-rivoluzionaria al tempo della società “coriandolare”, ovvero la consapevolezza di dover avvicinare individualmente ciascun uomo per attivarlo alla ricostruzione di quei legami vitali che la Rivoluzione gli nega: il giusto legame con Dio, il giusto legame con gli altri, il giusto legame con le cose e con se stesso. In quest’ottica, sono necessari ambienti sani, laddove non solo s’insegni qualcosa, ma anche si possa sperimentare una vita nuova secondo retta ragione e Rivelazione, tuttavia, senza la spinta interiore non ci sarà né il desiderio, né la forza per coinvolgersi in questa meritevole e impegnativa avventura.

Catania, 17/07/2010

 

Note

1 – H. RAHNER S.I., Come sono nati gli Esercizi, Edizioni ADP, Roma 2004, pp. 115-116.
2 – IGNAZIO DI LOYOLA, Racconto di un pellegrino, a cura di G. De Gennaro, Città Nuova, Roma 1988, p. 142.
3 – C. DE DALMASES, Il Padre Maestro Ignazio. La vita e l’opera di Sant’Ignazio di Loyola, tr. it. B. Pistocchi, Jaca Book, Milano 1994, p. 77.
4 – C. DAWSON, La Divisione della Cristianità Occidentale, ed. D’Ettoris, Lamezia Terme 2009, p. 158.
5 – Ivi, p. 159.
6 – Ivi, p. 160.
7 – Ivi, pp. 161-162.
8 – Su questo punto interessanti osservazioni sono presenti in J. MARITAIN, I Tre Riformatori. Lutero, Cartesio, Rosseau. Morcelliana, Brescia 1967.
9 – J. DONOSO CORTÉS, Discurso sobre la dictadura, del 1849, in Idem, Obras completas, a cura di C. Valverde S.J., Biblioteca de Autores Cristianos, Madrid 1970, vol. II, p. 311.
10 – Cfr. P. CORREA DE OLIVEIRA, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, a cura di G. Cantoni, ed. Sugarco, Milano 2009.
11 – “Fra Ousset e il centro dei Cooperatori Parrocchiali di Cristo Re che Vallet ha stabilito in Francia, a Chabeuil, presso Valence, e da cui passeranno migliaia di frequentatori degli Esercizi, si stabilisce un’autentica simbiosi. In effetti, padre Vallet intende gli Esercizi per i laici come scuola non solo di spiritualità ma d’impegno civico e lato sensu politico, per la restaurazione della regalità sociale di Gesù Cristo, e s’ispira apertamente alla scuola contro-rivoluzionaria” M. INTROVIGNE, Jean Ousset e La Citè Catholique. A cinquant’anni da Pur qu’ll règne, in Cristianità, n. 355, gennaio-marzo 2010, p. 17.
12 – E. JÜNGER – M. HEIDEGGER, Oltre la linea, a cura di F. Volpi, tr. it. di A. la Rocca e F. Volpi, Adelphi, Milano 1989, p.104.
13 – BENEDETTO XVI, Omelia Santa Messa a Terreiro do Paço di Lisboa Martedì, 11 maggio 2010, in http://www.vatican.va.
14 – BENEDETTO XVI, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica riguardo alla remissione della scomunica dei quattro vescovi consacrati dall’Arcivescovo Lefebvre, 10 marzo 2009, in http://www.vatican.va.

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