La devozione mariana

di Don Pietro Cantoni

Giovanni Paolo II – la cui devozione mariana è manifesta ed evidenziata nel suo stesso stemma – nel libro autobiogafico “Dono e Mistero” racconta: “Ci fu un momento in cui misi in qualche modo in discussione il mio culto per Maria ritenendo che esso, dilatandosi eccessivamente, finisse per compromettere la supremazia del culto dovuto a Cristo. Mi venne allora in aiuto il libro di San Luigi Maria Grignion de Montfort che porta il titolo di “Trattato della vera devozione alla Santa Vergine””. Fu così che il Papa si rese conto che non solo “Maria ci conduce a Cristo“, ma “che anche Cristo ci conduce a sua Madre” (Dono e Mistero, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1996, pp. 37-38). Chi – soprattutto in questi tempi – non ha mai provato un sentimento simile? Il pensiero che Maria ci porti via l’intimità con Gesù, che ci faccia quasi da schermo, che una volta trovato Gesù – magari per mezzo di Maria – il rapporto con lei sia ormai inutile, che la Scrittura – che ci parla tutta di Cristo – taccia invece su Maria e non fondi quindi in nessun modo una tenera devozione nei suoi confronti…

Il Trattato della vera devozione di san Luigi Maria Grignion di Montfort parla, fin da subito, di Maria “Madre nascosta”. “Maria visse una vita molto nascosta: — per il suo nascondimento lo Spirito Santo e la Chiesa la chiama­no: Alma Mater, — Madre nascosta e segreta. A cau­sa della sua profondissima umiltà, sulla terra, la sua attrattiva più grande e più continua fu quella di nascon­dersi ai propri occhi e a quelli di tutte le creature per essere conosciuta soltanto da Dio” (n. 2). La traduzione di “alma” con “nascosta” deriva da san Gerolamo che traduce così il termine ebraico “alma‘” in Is 7,14. Il profeta Isaia annuncia che “la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”. Anziché “betulah”, il termine che in ebraico indica la verginità in senso fisiologico, usa un altro termine (“alma‘”) che – secondo san Gerolamo – designa una ragazza che non si è mai scoperta davanti ad un uomo, indicando così una verginità dal significato più vasto e profondo.

Maria infatti è nascosta nella Scrittura. Nella Bibbia ella è presente dappertutto, ma nascosta. Anche in questo caso la Bibbia è insufficiente non oggettivamente (tutte le verità fondamentali della nostra fede vi sono contenute), ma soggettivamente. Il soggetto infatti non è in grado di ricavarvi con certezza tutte le verità salutari senza l’aiuto della Tradizione e della Chiesa in cui la Tradizione vive. “La chiesa attinge la sua certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola sacra scrittura” (Concilio ecumenico Vaticano II, Cost. dogm. Dei verbum, n. 9).

Tuttavia c’è.

Da questo punto di vista la Bibbia potrebbe essere paragonata ad un libro di esercizi (poniamo di matematica). Le soluzioni nel libro non ci sono (e non ci devono essere, proprio perché è un libro di esercizi) … esplicitamente. Ci sono però – e oggettivamente – in modo implicito. Se risolvo gli esercizi non sono io a mettervi le soluzioni, io le trovo soltanto. Le porto allo scoperto.

Ma perché la lettura della Bibbia è come un esercizio? Perché tutto non vi è in modo esplicito? Perché “non è il molto sapere che sazia e soddisfa l’anima, ma il sentire e gustare le cose internamente”. “Quando [qualcuno] scopre qualche cosa che fa meglio capire o sentire la storia – sia che ciò succeda per il ragionamento proprio o perché l’intelletto è illuminato dalla luce divina – prova ben più gusto e ottiene un frutto maggiore che se la cosa gli fosse raccontata e spiegata diffusamente da un altro” (Sant’Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, n. 2). Certe cose si possono scoprire soltanto nell’umile sottomissione al giudizio della Chiesa (“colonna e sostegno della verità” 1 Tim 3,15) e nel raccoglimento della preghiera.

Anche Gesù c’è nell’Antico Testamento. C’è oggettivamente, ma implicitamente. Come si esprime il concilio Vaticano II, rifacendosi a sant’Agostino, “Dio … ispiratore e autore dei libri dell’uno e dell’altro testamento, ha sapientemente disposto che il nuovo fosse nascosto nell’antico e l’antico diventasse chiaro nel nuovo” (Cost. dogm. Dei verbum, n. 16). Ci vuole intelligenza spirituale per poterlo vedere. Per non meritare il rimprovero “anche voi siete senza intelligenza?”.

Implicito, nascosto, ma non senza segnali. Ci sono cioè le punte dell’iceberg che emergono dalla superficie delle acque. Sono le profezie messianiche dell’Antico Testamento per Gesù e i luoghi mariani in tutta la Scrittura (soprattutto il Nuovo Testamento) per Maria. Questi luoghi sono rappresentati soprattutto dai cinque passi dove si trova usato in un senso pregnante il termine “Donna”.

Innanzitutto il primo annuncio della salvezza operata da Dio a favore dell’uomo, il “protoevangelo”: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno” (Gn 3,15). Non può e non deve passare inosservato che il primo annuncio della “buona notizia”, del Vangelo, fa accenno ad una misteriosa “Donna”.

Poi ancora un altro “inizio” raccontato dall’evangelista Giovanni, quelli dei “segni”, cioè dei miracoli, di Gesù a Cana di Galilea. “Che ho da fare con te, o donna?” (Gv 2,4).

Poi al centro del mistero della salvezza. Sotto la croce: “Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”” (Gv 19,26). Ecco Gesù che – con ogni evidenza ci “conduce a Maria“.

Troviamo ancora quest’espressione in una sintesi dell’economia della salvezza tracciata dall’apostolo Paolo nella lettera ai Galati: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna” (Gal 4,4).

Quindi alla fine della storia della salvezza. Una fine che è in corso: “Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap 12,1). Come non riconoscere che in questi ultimi tempi le glorie di Maria si sono fatte sempre più evidenti? Pensiamo alle tante apparizioni a partire dal secolo scorso e ai due dogmi mariani nel cuore dei due ultimi secoli (l’Immacolata Concezione nel 1854 e l’Assunzione nel 1950). Soprattutto la crescita impressionante di amore per Maria in tanti vasti settori del popolo di Dio. Pensiamo alla “casuale” scoperta del Trattato della vera devozione nel 1842 e alla sua straordinaria diffusione, che ha spinto il suo influsso fin nello stemma del papa attuale: “Totus tuus”.

Bibliografia

Paolo VI, Esortazione apostolica Marialis cultus del 2 febbraio 1974.

Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptoris Mater del 25 marzo 1987.

San Luigi Maria Grignion de Montfort, Trattato della vera devozione a Maria, reperibile in tante ottime edizioni (è l’opera mariana che ne ha avute di più dopo Le glorie di Maria di sant’Alfonso de’ Liguori), per es.: Editrice Shalom, Monte San Vito (An), 1997.

René Laurentin, La Vergine Maria. Mariologia post-conciliare, Edizioni Paoline, Roma 1987.

Ignace de la Potterie, Maria nel mistero dell’alleanza, Marietti, Genova 1992.

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