L’Annunciazione

di Don Giovanni Poggiali

 

Un’idea centrale della Bibbia è l’alleanza che Dio vuole stringere con tutti gli uomini. Un’alleanza d’amore, descritta dall’inizio alla fine della Sacra Scrittura attraverso l’immagine dell’unione matrimoniale: Dio è lo sposo e Israele la sua sposa, spesso purtroppo infedele. Quest’alleanza tra Dio (JHWH) e Israele viene realizzata nei tempi messianici per la relazione tra Cristo e la Chiesa e ha il suo punto focale nella pienezza del tempo (Gal 4,4) con l’Incarnazione, cioè «il Mistero dell’ammirabile unione della natura divina e della natura umana nell’unica Persona divina del Verbo» (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, 86). Dio si è fatto carne (cf. Gv 1,14) per la nostra salvezza, condividendo tutto con noi fino alla morte di croce (cf. Fil 2,8) per donarci la sua stessa vita e così renderci partecipi della sua natura divina (cf. 2 Pt 1,4).

Questo evento incredibile, segno distintivo della fede cristiana, è avvenuto grazie a una ragazza ebrea, Maria, di cui Dante canterà la bellezza con un verso che ne ha descritta completamente l’essenza: Vergine Madre, figlia del tuo Figlio (Paradiso XXXIII, 1).

Se apriamo il Nuovo Testamento, tra gli evangelisti è solo Luca che descrive il fatto dell’Annunciazione a Maria (1,26-38). I Vangeli non raccontano solo degli avvenimenti storici sulla vita di Gesù, storia che, tra l’altro, è fondamentale nel Cristianesimo, ma la Chiesa ci insegna che dagli eventi è possibile sondare in profondità il mistero di salvezza che tali fatti rivelano. Ora, Maria la madre di Gesù è la persona più coinvolta nel mistero di Dio con tutta la profondità del suo essere. San Luca, con poche pennellate, racconta l’evento centrale della storia della salvezza in cui quasi tutti gli aspetti del mistero di Maria sono messi in luce: Maria, semplice figlia del popolo di Israele (la figlia di Sion) riceve dall’Arcangelo Gabriele l’annuncio che sta per diventare la Madre del Messia atteso, Figlio di Davide (della stirpe di Giuda) e Figlio di Dio.

A Nazareth di Galilea, un villaggio sperduto all’interno della Palestina e sconosciuto agli stessi occupanti Romani, viveva Colei per la quale Dio è entrato nel mondo e che ha dato alla luce l’Autore della vita. Le parole dell’Angelo a questa Donna sono ripetute ogni giorno da milioni di persone che si svegliano e addormentano con la preghiera dell’Ave Maria: «Rallégrati, piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28). Il termine greco kaire, rallégrati, si presenta nella Bibbia sempre in un contesto in cui Sion, Gerusalemme, è invitata alla gioia messianica: nell’annuncio a Maria l’Angelo Gabriele (nome che significa fortezza di Dio e che annuncerà anche a Zaccaria la nascita di Giovanni il Battista da Elisabetta) usa proprio la formula che gli antichi profeti (in particolare Sofonia 3,14-15) utilizzavano per invitare la Gerusalemme del futuro, la Figlia di Sion, alla gioia per la salvezza che Dio le avrebbe accordato. Il Cristianesimo comincia con un annuncio di gioia! Maria, infatti, è ricordata nelle litanie lauretane come causa nostrae laetitiae, causa della nostra gioia. Il cristiano non può vivere nella tristezza. È ciò che aveva sperimentato Clive Staples Lewis (1898-1963), l’autore inglese delle Lettere di Berlicche e delle Cronache di Narnia, che intitolò il racconto della sua conversione: Sorpreso dalla gioia. Anche i Padri della Chiesa lo avevano compreso così, meditando questo passo evangelico di Luca: come nell’Antico Testamento i profeti avevano augurato la gioia al popolo dell’alleanza, così Maria raccoglie, nella sua persona, tutti i desideri e le speranze di questo popolo d’Israele. Maria, Madre di Dio, è la città gloriosa, la Gerusalemme divina, la Nuova Sion, il primo Tabernacolo per cui Dio riempie della sua presenza di amore e gioia ogni dimora e ogni cuore.

Il saluto angelico contiene un termine che si può tradurre piena di grazia ma anche gratificata o ricolma di grazia: il greco kekaritoméne. Sia la tradizione Orientale che quella Occidentale hanno visto in questa parola la perfetta santità di Maria. La radice di questa parola è karis, grazia, e il verbo corrispondente esprime l’idea di un cambiamento operato dalla grazia di Dio. Questa trasformazione di Maria è stata possibile per la grazia che l’ha resa gradita a Dio. In che cosa consiste la trasformazione? Come dice un famoso biblista, il gesuita belga Ignace de la Potterie (1914-2003), la grazia toglie il peccato: Maria è trasformata dalla grazia perché ne era santificata. La piena di grazia significa allora essere senza peccato sin dal suo concepimento. Questa santificazione operata in Maria dall’amore di Dio, che lei stessa ha cantato nel Magnificat (cf. Lc 1,46-56), questa pienezza di grazia annunciata dall’Angelo, sarà il fondamento biblico più forte per la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione da parte del beato Papa Pio IX (1846-1878) con la Bolla Ineffabilis Deus del 1854: Maria, in previsione dei meriti di Gesù Cristo, è concepita immune dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento. Maria fu piena di grazia in vista della maternità divina e, insieme, fu preparata da Dio a essere verginalmente la madre del Signore. L’annuncio dell’Angelo ha dunque due valenze: Maria diventerà la Madre di Dio restando vergine; come madre darà alla luce il Figlio dell’Altissimo (Lc 1,32), ma ciò avverrà per la potenza dell’Altissimo (Lc 1,35), ossia in modo verginale, senza concorso di uomo. Dio è il vero Padre di Gesù.

L’Angelo Gabriele, nel saluto alla Vergine, le dice: «Il Signore è con te». Questa formula è frequente nella Bibbia e indica l’assistenza divina per missioni particolarmente difficili che vanno oltre le forze umane. Maria, infatti, non potrebbe concepire un bambino senza l’intervento di un uomo. Ecco che allora la frase «Il Signore è con te», introduce un altro annuncio del messaggero di Dio: «Lo Spirito Santo scenderà su di te» (Lc 1,35). La potenza divina ricopre Maria con la sua ombra perché possa concepire e generare verginalmente «colui che nascerà» e che «sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio». Il Signore è con Maria, perché lo Spirito Santo è Dio e solo Dio può operare in lei il concepimento verginale. Maria è così la nuova Arca dell’Alleanza, luogo stesso della presenza di Dio, di cui la nube che copriva la tenda del convegno contenente l’Arca ne era un simbolo (cf. Es 40,34-35).

Nei pochi versetti del saluto angelico e nelle sue dense parole, è presente tutto il mistero di Maria: Madre di Dio, Immacolata, Vergine, Figlia di Sion. La domanda che la Vergine pone all’Angelo sul modo del concepimento: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?» (Lc 1,34), indica il suo proposito e decisione di verginità e la frase finale del brano: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38), il fiat di Maria, è pronunciato gioiosamente, con viva accettazione, infatti il termine «avvenga» (genòito) è un verbo di desiderio, una forma greca che non significa semplice accoglienza o rassegnazione, ma il desiderio pieno di gioia di collaborare con Dio, abbandonandosi alla sua volontà. L’angelo le dice: «Non temere Maria» (Lc 1,30), e Lei risponde con piena fede in Dio: «Eccomi!». Ogni nostra vocazione è racchiusa in questa parola di Maria: eccomi! Maria è modello e figura della Chiesa e dei credenti. In Lei si realizza il progetto di Dio su ogni uomo.

Qual’è il ruolo di san Giuseppe in tutto questo? L’annuncio a Giuseppe nel Vangelo di Matteo (1,18-25) getta luce anche sul mistero di Maria e sull’Incarnazione. Mentre Luca descrive il mistero dal punto di vista di Maria, Matteo lo racconta da quello di Giuseppe, «figlio di Davide», e i due annunci sono complementari. Giuseppe ha una missione delicata: adempiere nel matrimonio al compito di padre legale di Gesù – presentato da Matteo come il Messia d’Israele – essendo sposo legittimo di Maria, anche se il figlio non nasceva da una relazione coniugale ma «il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20). Nel testo leggiamo del dubbio di Giuseppe all’annuncio della gravidanza di Maria: «Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto» (1,19). Lo studioso Ignace de la Potterie propone invece: «Ma Giuseppe, suo sposo, che era giusto e non voleva svelare [il suo mistero], decise di separarsi da lei in segreto». Che cosa significa, anzitutto, la parola «giusto» (dìkaios)? Alcuni la interpretano nel senso che Giuseppe rispettava scrupolosamente la Legge ebraica, per altri significa «buono», per altri ancora significa che Giuseppe era giusto di fronte a Dio, egli cioè rispettava pienamente la volontà divina. Il Santo Padre Benedetto XVI unisce i significati interpretando così questo vir iustus: «San Giuseppe viene presentato come “uomo giusto” (Mt 1,19), fedele alla legge di Dio, disponibile a compiere la sua volontà» (Angelus, 19 dicembre 2010).

Ma è l’altra parte del versetto che presenta interpretazioni più divergenti, infatti le normali traduzioni («non voleva diffamarla», «non voleva accusarla [denunciarla] pubblicamente», «non voleva esporla al pubblico ludibrio») sembrano presupporre che Giuseppe considerava, in fondo, Maria colpevole. L’interpretazione, vista sopra, del biblista de la Potterie e di diversi altri Padri antichi e autori moderni, svela che invece Giuseppe conosceva il mistero che era avvenuto nella sua sposa e sapeva che Lei attendeva un figlio per intervento divino. Si suppone allora che Giuseppe sia stato informato dell’annuncio a Maria, sicuramente dalla Madonna stessa, e che era a conoscenza del concepimento verginale: «Pieno di timore religioso davanti al mistero che si è compiuto in Maria sua sposa, Giuseppe non vede in questo momento nessun’altra via d’uscita che quella di ritirarsi discretamente. Se interpretiamo il versetto in questo modo, allora le ultime parole diventano molto belle: “Decise di separarsi da lei in segreto“. Dunque l’idea stessa di una denuncia svanisce completamente… Giuseppe è pronto a cederla [Maria] totalmente a Dio» (I. de la Potterie). Giuseppe e Maria hanno detto all’Incarnazione del Verbo, con umiltà, fede e amore. Rimangono per noi un modello di abbandono a Dio, noi che preferiamo scegliere così spesso la nostra volontà. Grazie a san Giuseppe e alla sua paternità legale, Gesù sarà integrato nella linea messianica di Davide e sarà il Messia d’Israele, della tribù di Giuda, Figlio di Davide, Figlio di Dio.

 

Fonte: Il Timone

 

Riferimenti bibliografici

Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 456-511.

Ignace de la Potterie, Maria nel mistero dell’alleanza, Marietti, Genova 1992.

Beato Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Redemptoris custos, 15 agosto 1989.

Beato Giovanni Paolo II, Enciclica Redemptoris Mater, 25 marzo 1987.

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