Cor ad cor loquitur

Don Piero Cantoni

Filetto, 1 gennaio 2014

Incontro con i giovani di Alleanza Cattolica

 

stemma+Cardinale+Newman

“COR AD COR LOQUITUR”

Oggi parleremo del motto cardinalizio del Beato John H. Newman: “Cor ad cor loquitur”.

Questo motto è diventato famoso proprio grazie al Card. Newman; in realtà ha un’origine un po’ misteriosa, per qualche verso, risale a un altro personaggio, anche lui santo: San Francesco di Sales; è lui l’autore in origine di questa espressione.

Come si fa a scoprirlo? Normalmente quando chiedevano al Card. Newman dove lo avesse trovato, rispondeva di non saperlo e di non ricordarlo, rispondeva infatti “non so, forse dall’Imitazione di Cristo”. In realtà la cosa si scopre molto facilmente, sfogliando le opere di Newman. A un certo punto i vescovi inglesi gli dissero: “Perché non vai a Dublino che lì si può fondare un’università cattolica?”. Newman allora scrisse alcuni appunti sull’idea di università, in cui pensa come dovrebbe essere realizzata veramente un’università. È un’opera molto bella. A un certo punto immagina anche come dovrebbe essere un sacerdote impegnato nell’università; si ricordava di quando lui era tutor di un Collegio di Oxford. S’immagina: ho davanti gli studenti e i professori e devo predicare, come posso immaginare un predicatore ideale?.

Leggo: Come avverrebbe per chi avesse veramente visto ciò che racconta, anche l’araldo delle novelle del mondo invisibile sarà secondo i casi, appassionato o calmo, triste od esultante, sempre semplice, grave, vigoroso e perentorio, e tutto ciò non perché gli sia proposto di esserlo, ma perché determinate convinzioni intellettuali implicano  determinate manifestazioni esterne. San Francesco di Sales è chiaro e completo su questo punto, è necessario, egli afferma: “che tu stesso abbia assimilato a fondo e sia pienamente persuaso della dottrina della quale vuoi persuadere gli altri. Il massimo dell’artificio sarà l’assenza di artificio. Le tue parole ti infiammino non d’esagerati clamori e gesticolazioni, ma d’intimo affetto, sgorghino dal cuore piuttosto che dalla bocca, per quanto abbiamo potuto dire con la bocca: il cuore parla pur sempre al cuore, mentre la lingua non fa che colpire l’orecchio”. Ecco il punto: il cuore parla pur sempre al cuore.

Il problema è questo: ma, che cos’è questo cuore? Perché è così importante? E qui il riferimento va necessariamente alla Sacra Scrittura. In Essa “cuore” è una delle parole più frequenti. Però scoprirete anche una cosa: nella mentalità della Bibbia “cuore” non ha lo stesso significato che riveste nel nostro mondo (ci vengono infatti in mente i sentimenti), ma è una realtà ben più profonda; il cuore è il centro dell’uomo, là dove l’uomo è veramente e profondamente se stesso, là dove prende le decisioni, dove si incontrano e si intrecciano le facoltà fondamentali dell’uomo: intelligenza, volontà, fantasia, sentimento. Questo è il cuore. Questo è vero sempre: quello che hai nel cuore salta fuori e colpisce l’altro. Se la tua preoccupazione principale sono i soldi, puoi metterci attorno tante altre cose e tante finzioni, ma sostanzialmente il punto va sempre lì; se la tua preoccupazione principale è il sesso, emergerà.

Il problema è proprio quello che io devo comunicare, per comunicare veramente, devo partire dal cuore, per scoprire molto facilmente – lo scopriamo facilmente se siamo sinceri – che non ci si riesce. Io vorrei colpire il cuore del mio fratello, del mio fidanzato, di mio papà, di mia mamma, ma non riesco. Questa è una scoperta molto importante che apre a un’altra: il cuore parla al cuore, ma chi per primo ti ha parlato non sono stati tuo papà o tua mamma, ma Dio. È l’inizio di una riflessione metafisica. Chi mi ha parlato per primo, originariamente è stato Dio. E quando io leggo nella Bibbia che Dio si è fatto uomo, comincio a capire che c’è tutto un disegno dietro: ma allora Dio per parlarmi si è fatto come me. Questo è il senso. Perché Dio si è fatto uomo? Perché vuole parlare al mio cuore. Perché vuole parlare al mio cuore? Perché vuole stabilire con me una relazione vera, vuole entrare nella mia vita, vuole diventare una presenza nella mia vita.

Dove trovo questa relazione perfetta e straordinaria? C’è un passo della Scrittura dove c’è la sostanza del “cor ad cor loquitur”, pur non essendo esplicitato con queste parole; “Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Cleopa e Maria di Magdala. Gesù allora vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava disse alla madre: Donna, ecco tuo figlio. Poi disse ad discepolo: ecco tua madre. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé”( Gv19, 25-27).

In quel momento tra Gesù e Maria si stabilisce una relazione misteriosa ma profonda. Il cuore di Maria parla al cuore del Figlio e il cuore del Figlio parla al cuore della madre. Qui c’è la perfezione. Il cuore di Dio che parla al cuore della Madre. In realtà parla a tutti, è vero, ma pochi lo ascoltano. E forse scopriamo che neppure io riesco davvero ad ascoltarlo. Tutto sta qui: riuscire per davvero ad ascoltarlo. Se lo ascolti Lui ti convince. E se Lui ti convince la tua vita cambia. Tutti i nostri problemi di comunicazione si sciolgono come neve al sole. Se tu riesci a entrare in comunicazione con Dio, tu riesci a entrare in comunicazione con tutte le persone. La relazione tra Gesù e sua madre è la relazione perfetta. È una cosa che i semplici capiscono “hai rivelato queste cose ai piccoli…”.

È una tragedia quando qualcuno è convinto di aver capito tutto; chi crede di aver capito non capisce niente. Il semplice accoglie il messaggio del Signore. Il colmo della semplicità e purezza è concentrato in una persona: Maria; lei accoglie la parola di Dio così profondamente che la parola di Dio viene ad abitare in lei in modo così profondo da permettere l’Incarnazione. I Padri queste cose le avevano intuite, dicevano: Maria ha concepito il Verbo prima con la mente e poi con il corpo.

Lei quando ha capito che Dio le parlava ha aperto il cuore a 360 gradi: è come se avesse detto: “sono disposta a fare qualunque cosa”. La sua vita cambia e la sua relazione con Gesù era una relazione unica. Capiva, anche se non capita tutto. Quando una persona ti dice cose che sono importanti, capisci che sono importanti, anche se forse non capisci perfettamente il contenuto. Il messaggio che Gesù le comunicava era più grande di lei ma lei capiva che era vero, e non ha aveva il minimo dubbio. E su quello aveva impostato la sua vita. Questa relazione è la relazione unica, eccezionale, formidabile, che in qualche modo risolve anche il nostro problema. Spesso noi non ci riusciamo, però questa relazione straordinaria è un fatto, è già avvenuta; potremmo dire: adesso c’è una persona umana capace di accogliere alla perfezione la parola di Dio.

Soprattutto grazie a Fatima si è affermata la convinzione che “il cuore immacolato di Maria trionferà”. La Madonna ha fatto questa promessa. Cosa significa “cuore immacolato”? Un cuore che è sempre stato disponibile totalmente al Signore, senza “se” e senza “ma”. Per accorgersene basta confrontare nel Vangelo di San Luca due episodi che sembrano identici. Zaccaria diventa muto dopo l’apparizione dell’Angelo, mentre Maria no. Perché? La domanda che sgorga dal cuore di Maria è “come è possibile questo?”, accetta talmente in pienezza la proposta di Dio che vuole parteciparvi alla perfezione, con la massima consapevolezza. La reazione di Zaccaria invece è molto diversa.

La vita di Maria non è una vita facile, lo capiamo bene; consiste nel seguire un piano che non ha deciso lei, seguirlo nel mistero non capendo tante cose, ma capisce che sono cose vere. E questo in definitiva ti basta: apri il tuo cuore alla verità.

Questo atteggiamento lo troviamo simile anche in un altro personaggio, uno dei primi compagni di Sant’ Ignazio, gesuita, Pietro Favre. Era sempre stato considerato un grande e il Papa Francesco, pochi giorni fa, lo ha canonizzato, mediante una canonizzazione equipollente. Qual’ era la caratteristica di Pietro Favre? Tra i primi gesuiti, a detta di Sant’Ignazio, era quello che dettava meglio gli esercizi spirituali. Perché? Perché era entrato in questa ottica del “cor ad cor loquitur”. Un giorno Pietro Canisio gli chiese: dammi dei consigli, poiché sono in mezzo ai luterani e non si riesce a comunicare.

In una lettera del 7 marzo 1546 troviamo i principi e gli atteggiamenti che Pietro Favre considera essere essenziali per rimediare ai problemi della riforma protestante, cito: “La prima cosa è questa: chi vuole essere utile agli eretici di questo tempo deve cercare di avere carità nei loro confronti, e di amarli veramente, eliminando dal proprio animo tutte le considerazioni che di solito diminuiscono la stima; la seconda cosa è che è necessario conquistarli perché ci amino e ci accolgano bene nel proprio spirito, questo si fa comunicando con loro famigliarmente in cose che sono comuni a noi e a loro”.

Vuoi comunicare con una persona? La devi amare. “Cor ad cor loquitur”. Mi ricordo, questi sono episodi personali, quando ero viceparroco a Marina di Carrara, e il parroco mi aveva incaricato di andare nelle scuole a fare lezione di religione; ogni parroco aveva diritto a 20 ore di religione nelle scuole. Andavo lì e questi bambini facevano una confusione pazzesca e non riuscivo a farmi sentire. Andai allora dal mio direttore spirituale Don Giambattista Lanfranchi e gli spiegai la situazione. Lui mi disse: “Sai perché non ti ascoltano? Perché tu non gli vuoi bene. Se tu gli amassi veramente di ascolterebbero. Comincia a pregare per loro”. Ascoltai i suoi consigli, tornai a scuola e fu miracoloso. Mi vennero tantissime idee. In brevissimo tempo i bambini erano molto felici di ascoltarmi e venivano a lezione anche alcuni professori. Attenzione: amare sembra facile. Perché Gesù ci ha detto di amare il prossimo e non l’uomo? Perché l’uomo è un’astrazione. Avete mai incontrato l’uomo? Io ho sempre incontrato Luigi, Antonio… E gli uomini in concreto, diversamente dalle astrazioni, è tutt’altro che così; l’uomo non ti ascolta, ti tratta male, è tutt’altro che amabile.

Le storie dei missionari sono molto interessanti. Pensiamo a un grande missionario, Daniele Comboni, il quale è andato in Africa e ha cambiato un po’ il rapporto con gli africani. Aveva capito che il cuore parla al cuore. Come si fa? Non si faceva illusioni; come sono i negretti che incontri da quelle parti? Lui disse che erano cattivi, feroci, falsi. Però faceva anche questa considerazione: i miei antenati com’erano? Probabilmente erano dei Longobardi. Non so se avete mai letto la “Histroria Langobardorum” di Paolo Diacono; un longobardo convertito che scrive la storia del suo popolo, i quali erano cattivi e feroci; erano di tutte le genti germaniche arrivate, a detta di alcuni storici, i più cattivi che c’erano. Adesso i lombardi sono bravi, si va volentieri in Brianza. Come mai? È successo qualcosa in mezzo. Comboni allora disse: se io sono cristiano è perché qualcuno ha accettato di amare queste persone e io devo fare la stessa cosa con loro.

Devi sforzarti di raggiungere il cuore delle persone, di amarle. Per convincertene devi lasciarti raggiungere da questo rapporto di amore che Dio ha con te: lasciati amare da Dio.

Se capisci che questo amore debordante ti ha raggiunto allora tu lo puoi trasmettere sugli altri. Siccome non sei capace, il Buon Dio ha cominciato a farlo con una persona che è capace, la Madonna, e tu devi cercare di inserirti questo rapporto. Dire un rosario vuol dire questo: considerare il mistero di Cristo aiutato da Maria. Ti lasci catturare da una relazione unica. Il mio cuore si apre al mistero dell’amore misericordioso, infinito di Dio. A questo punto vedrò il mio prossimo con occhi diversi.

Le guerre tra i romani e i barbari erano un esempio di scontro tra disciplina e disordine. I romani erano piccoletti, deboli, ma aspettavano, tranquilli, e vincevano sempre poiché avevano disciplina.

Cosa ricaviamo da tutto questo? Ricaviamo che il problema fondamentale del combattimento spirituale – perché è un combattimento – è questo: non avere paura. Non spaventarti. Il messaggio che ti da il Signore è questo: chi ama non ha più paura. Tu puoi dire: “Ma Signore io non ti amo”, come Santa Gemma Galgani. Santa Gemma parlava con Gesù tutti i giorni, un giorno dice a Gesù: “Tu chiedi di amarti ma io non sono capace”; il Signore le rispose: “te lo concedo io l’amore”. Dovremmo arrivare a convincerci veramente che noi, io per primo, non siamo capaci di fare assolutamente niente, però se io apro il mio cuore a quello che il Signore mi dice, vivo costantemente l’obbedienza della fede – ecco la disciplina: il Signore mi ha parlato, non ho capito fino in fondo ma mi fido perché so che è vero – allora non c’è paura che tenga, io sto fermo e vinco. Sempre. Ve lo ripeto: si vince sempre. È matematico, non ci si deve mai lasciare catturare dalla paura. Il nemico punta molto su questo: metterci paura (come le popolazioni germaniche facevano con i romani, con urla e suoni terrificanti). Disciplina. Io guardo sempre al comandante, a Gesù. Guardando a Lui io non temo.

C’è un episodio molto bello nel Vangelo quando Gesù compare sul mare, Pietro lo vede e subito si mette a camminare anche lui sulle acque perché guarda Gesù; a un certo punto si rende conto di quello che sta facendo, si distrae e cade in acqua.

Ricordo Padre Barrielle, che è stato mio direttore spirituale e che mi ha insegnato a dare gli esercizi; era un uomo straordinario. Ripeteva sempre le solite cose, ma a furia di ripetere non me lo sono più dimenticate. Ricordo che una volta ci ha radunati e ha detto: “oggi vi dico le cose fondamentali per il vostro futuro, tirate fuori il quaderno. Allora: punto uno, non scoraggiarti mai. Punto due, non scoraggiarti mai. Punto tre, non scoraggiarti mai”. Lo scoraggiamento è l’arma del nemico.

Il problema è questo: nuova evangelizzazione, come si fa? Devi essere convinto che il Vangelo è vero. Non ne siamo convinti; se ne fossimo convinti sprizzeremmo gioia da tutti i pori. E se non sprizzi gioia la gente non ti ascolta. Se tu vai a dire un messaggio di gioia con una faccia da funerale, chi ti ascolta? È quello che Papa Francesco continua a dire, che già San Francesco di Sales e San Pietro Favre avevano capito e i fatti lo vengono a confermare. San Francesco di Sales si ritrovò in una zona che era già stata convertita dai calvinisti. Quando arrivò, scrisse a suo padre che a malapena si troverà forse in mezzo alla popolazione un centinaio di cattolici. Lui ci ha provato, si presentava nei posti, parlava non le persone, stava lì, aspettava, sempre umile, sempre disponibile. Risultato, alla fine scrisse: “adesso la zona è abbastanza in pace, a malapena si troveranno un centinaio di calvinisti”. E non è stato facile, San Francesco di natura era un iracondo.

Gli esercizi sono questo: devi comunicare con semplicità alle persone che il Signore in definitiva ti ama. “Ma si parla anche dell’inferno!” viene detto. Certo, anche dell’inferno si parla per far capire che l’amore è una cosa concreta, autentica; l’amore di Gesù non è una caramella. L’amore vero è anche sofferenza. Se non hai mai amato non sai cosa vuol dire. L’amore vero vuol dire rinunciare a tante cose.

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